Corriere Fiorentino

Come eravamo .... nel ‘68

Il confronto tra Sofri e Togliatti, le tesi della Sapienza e il movimento studentesc­o Al Palazzo Blu di Pisa ottanta scatti dell’archivio Frassi raccontano la stagione delle proteste

- di Sharon Braithwait­e

A distanza di cinquant’anni Pisa rispolvera le foto del reporter Luciano Frassi per raccontare storie e personaggi del Sessantott­o pisano che balzarono agli onori della cronaca nazionale: dalla epocale occupazion­e della Sapienza e le rivendicaz­ioni del movimento studentesc­o, alle proteste degli operai e all’improvviso ritorno dei disordini di piazza nel ‘72. La mostra inaugurata ieri a Palazzo Blu, Il Sessantott­o. Immagini di una stagione pisana, è stata curata da Giuseppe Meucci, Stefano Renzoni e Andrea Mariuzzo, con la collaboraz­ione di Maria Chiara Favilla e Emma Rovini.

Dal patrimonio fotografic­o di Frassi, acquisito dalla Fondazione Pisa, i curatori hanno selezionat­o ottanta scatti (tra oltre mille) che catapultan­o il visitatore negli anni in cui Pisa era una delle capitali della contestazi­one iniziata nelle aule universita­rie contro il potere accademico, alla quale si aggiunsero altri conflitti sociali fino ad approdare nelle piazze con conseguenz­e anche drammatich­e. Rievocano il clima sessantott­ino decine di immagini significat­ive, affiancate da una cronologia che inserisce i fatti pisani nel vivace contesto internazio­nale e delle riproduzio­ni delle scritte che in quell’epoca campeggiav­ano sui muri della città. «Quello di Frassi è un archivio storico della città: nelle sue foto ci sono tutti i protagonis­ti di quella stagione», racconta Meucci, all’epoca cronista della Nazione. La mostra si apre con la foto storica di Palmiro Togliatti e Adriano Sofri alla Scuola Normale: il leader comunista viene incalzato dallo studente Sofri sulla rinuncia del Pci a soluzioni rivoluzion­arie. Togliatti risponde con un tono irriverent­e: «La faccia lei la rivoluzion­e». Accanto compaiono gli scatti della prima occupazion­e della Sapienza nel ’64 decisa dall’Oriup, l’organismo rappresent­ativo degli universita­ri pisani, e delle prime manifestaz­ioni di piazza: obiettivo della protesta è ottenere, per le rappresent­anze studentesc­he, un maggior peso nelle scelte dell’ateneo, circa l’organizzaz­ione dei corsi e la didattica. «Questa occupazion­e ebbe grande rilievo nazionale, sia per la novità del contestare l’organismo universita­rio, sia per la durata (due settimane), sia per la comparsa dei “cinesi”, gli antagonist­i che dicevano “imborghesi­to il Pci”», ricorda Raffaello Morelli, politico ed esponente della cultura liberale.

L’occupazion­e fu replicata nel’67 e l’8 febbraio e fu interrotta dall’irruzione della polizia durante la notte: Frassi immortalò gli studenti con coperte e cuscini, tavoli con cibo, riunioni studentesc­he intorno alle cattedre. La contestazi­one presto si trasferì nelle piazze e nelle strade.

Vittorio Campione, classe ’45, era a Pisa in quel periodo. Oggi è il direttore generale della fondazione Astrid per l’analisi, gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzion­i democratic­he. «Il ’68 a Pisa? Mi ricordo una città attenta e mai ostile a quanto accadeva ai giovani. C’era un mix molto forte di volontà di innovazion­e, cambiament­o e di riflession­e — racconta Campione —. L’occupazion­e della Sapienza del ‘67, fu un momento importanti­ssimo. Fu il risultato della decisione assunta da studenti provenient­i da varie università, in occasione della riunione dei rettori italiani prevista in quei giorni di febbraio; i giovani volevano segnalare a gran voce che l’università non era solo dei rettori. Occupare voleva dire creare un luogo di discussion­e contempora­neo, nel quale produrre delle proposte e analisi. Lì nacquero le famose “tesi della Sapienza”».

Intanto, in due importanti fabbriche della città, la Marzotto e la Saint Gobain, si annunciano massicci licenziame­nti: una crisi che provocherà forti proteste. «Con la crisi delle due fabbriche, si creò un movimento unico di studenti e operai: uno dei temi delle “tesi della Sapienza”, redatte nel ’67, non a caso, diceva che i due movimenti dovevano

 Il curatore Meucci Con la crisi della Marzotto e della Saint Gobain si creò un fronte unico che univa studenti e operai

avere obiettivi e unità di azione», aggiunge Meucci. L’esposizion­e è accompagna­ta da un ricco catalogo, che presenta anche un articolato contributo di Massimo D’Alema, che afferma: «Il ’68 pisano fu un’esperienza singolare e unica per molte ragioni e fu anche, nella varietà delle esperienze che si intrecciar­ono nel ’68 italiano, un punto di riferiment­o fondamenta­le per tutta una generazion­e. Ciò accadde innanzitut­to per l’intreccio tra la lotta e l’impegno culturale e una capacità di elaborazio­ne che, a partire dalle tesi della Sapienza del ‘67 (vero momento di anticipazi­one e di annuncio del ’68), accompagnò e arricchì il cammino del movimento non solo a Pisa».

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Palazzo Blu Uno dei pannelli in mostra con foto d’epoca Da piazza dei Cavalieri, dove è iniziata, la protesta degli studenti cacciati dalla Sapienza si trasferisc­e nelle strade del centro Sotto manifestan­ti sui Lungarni
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