Così disegnava Eizenstein. E si ispirava a Leonardo
Fino al 7 gennaio agli Uffizi la mostra del regista russo, uno storyboard dei suoi film più celebri
Guardi Ivan il Terribile e intravedi le fattezze del Gesù de L’Ultima Cena di Leonardo. Poi volgi lo sguardo alle scene di guerra di Aleksandr Nevskij e pensi a quanto somiglino a La battaglia di San Romano di Paolo Uccello. Analizzi gli schizzi preparatori di Que Viva Mexico e ci rivedi Matisse. Prosegui tra Sciopero, Ottobre e la mitica Corazzata Potemkin con la mente che vaga tra La vergine delle rocce, Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’agnellino e altri lavori leonardiani celebri per gli studi di fisiognomica.
Agli Uffizi, Sale di Levante, Gallerie delle Statue e delle Pitture, apre oggi una mostra unica nel suo genere. Perché parla di cinema dal punto di vista del disegno.
Fino al 7 gennaio si celebra il maestro dell’inquadratura e del montaggio Sergej M. Eizenstein in occasione del centenario della Rivoluzione d’Ottobre con una selezione di spezzoni dei suoi film e 72 lavori grafici provenienti dall’archivio Statale di Letteratura e Arte di Mosca, che il grande regista sovietico realizzò tra gli anni Trenta e il 1948, anno della sua morte. Ora riuniti nell’esposizione Eizenstein – La rivoluzione delle immagini curata da di Marzia Faietti, Pierluca Nardoni e dal direttore degli Uffizi Eike Schmidt.
Si nota come «molti dei film risentano degli studi di fisiognomica leonardiani — spiega Marzia Faetti — soprattutto ha indagato L’Ultima Cena in questi termini. Poi la forte ascendenza di alcuni modelli artistici nel suo percorso come Paolo Uccello e Giotto. Ma soprattutto la sua ossessione per il disegno che il regista viveva come un esercizio importantissimo, necessario come respirare, che prescindeva dalla preparazione dei film». Storyboard dunque. Ma non solo. Anche semplici disegni per esercitare la fantasia da applicare al cinema: «Eizenstein viveva con la matita in mano, disegnava mentre era al telefono, quando conversava, mentre pensava». Schizzi buttati su carta «con materiali molto semplici ma con cognizione cromatica, bi-cromatica soprattutto, che viene da lontano, molto vicino alla sensibilità di Picasso e Matisse — prosegue la curatrice — Era un artista molto immerso nei suoi tempi e assai originale».
Marzia Faietti «Molti dei suoi lavori risentono degli studi di fisiognomica leonardiani soprattutto ha indagato l’Ultima Cena»