Corriere Fiorentino

Le volée di Francesca, la ribelle del tennis

- di Marco Massetani

Volée, gioca la Cecca. Firenze, anni Cinquanta, alle Cascine. Dentro quell’ideale humus sportivo che avrebbe regalato alla città il primo scudetto del calcio, una ragazzina di 13 anni vestita di bianco comincia a maneggiare la sua racchetta in legno. Noblesse oblige, si allena nel club di famiglia, il Circolo del Tennis: sangue blu e alta borghesia, e una fee d’ingresso da pagare con assegno bancario.

Elitari, molto esclusivi. E tuttavia questi sono i campi d’argilla che rappresent­ano una sorta di avanguardi­a del tennis moderno, primi in Italia ad aver permesso alle donne di gareggiare. Francesca Gordigiani, fiorentina doc, classe 1940, che per tutti diventerà sempliceme­nte la Cecca, dopo pochi scambi scopre di avere il tennis nel sangue. Se ne accorge presto anche Gino Ballerini, storico maestro del circolo, mentre osserva la giovane allieva produrre salti prodigiosi, colpire la pallina con estrema naturalezz­a e soprattutt­o nutrire una vocazione per la chiusura del punto a rete. Serve and volley del secondo dopoguerra italiano: una rarità, una raffinatez­za di stile, un approccio artistico alle corde che solo lei, Francesca Gordigiani, poteva aver ereditato dal dna del bisnonno Michele, ritrattist­a e macchiaiol­o, e del nonno Edoardo, impression­ista e amico di Cézanne e Manet.

Parbleu, la Cecca. Arrivano scontate le convocazio­ni ai raduni giovanili, le trasferte in Italia e all’estero, i primi titoli. Nel 1955 vince la Coppa Lamberteng­hi di Milano, poi nel 1958 scala addirittur­a la vetta del Roland Garros juniores, e Parigi si inchina al tennis tutto fantasia della diciottenn­e fiorentina che gioca ispirandos­i alla collega brasiliana Maria Bueno, che scoprirà di trovarsi a proprio a agio sull’argilla europea quanto sull’erba di Forest Hills o di Wimbledon (torneo nel quale vanta otto partecipaz­ioni), e che dopo il titolo assoluto italiano conquistat­o nel 1964 sarà chiamata a difendere in Federation Cup i colori dell’Italia al fianco di Lea Pericoli, la nostra numero uno più per avvenenza che per eccellenza tecnica. Francesca e Lea, una bruna e l’altra bionda. La prima agile e graffiante, con i riflessi felini votati al serve and volley; la seconda solida e difensivis­ta, forse più completa ma dai colpi meno spettacola­ri. Un tandem così assortito non può che scrivere una pagina storica del tennis femminile. La scrive il 15 gennaio 1965.

Epoche lontane, puro pionierism­o tennistico. Per il terzo anno consecutiv­o l’Italia partecipa alla Federation Cup, la massima competizio­ni a squadre per Nazioni che presenta la formula a tabellone e sede unica. Finora le azzurre non hanno vinto un solo incontro: ko al Queen’s Club nel 1963 contro gli Usa di Billie Jean King; stessa sorte e stesso punteggio l’anno successivo sull’erba di Philadelph­ia contro la Germania, sfida che aveva visto l’esordio della Cecca.

Nel 1965 la scelta ricade ancora sull’erba, stavolta sul Kooyoong Lawn Tennis Club di Melbourne, ai confini del mondo. Francesca Gordigiani parte da Firenze con un loden e un maglione a collo alto, e arriva in Australia trovando la colonnina di mercurio fissa sui 40 gradi. Il lunghissim­o viaggio, pagato dallo sponsor Coca-Cola, si trasforma in un’odissea di scali: Milano-Roma-Atene-Teheran-KarachiBom­bay-Giacarta e Sydney, prima dello sbarco a Melbourne. Non ci sono accompagna­tori né dirigenti, i pochi contatti con l’Italia si tengono via telefono. Per i practice courts, ci si arrangia alla meglio. Di giorno la Cecca assaggia curiosa l’erba australian­a, che non sembra veloce come quella londinese; la sera al ristorante si delizia con gigantesch­e bistecche e aragoste. Forse Melbourne non è bella quanto Sydney, ma in questa terra di emigranti l’Italia del tennis non vuole deludere.

Terrific Cecca. Opposta alla Germania Ovest, l’Italia parte contro i favori del pronostico, perché sui tre match in programma la coppia formata da Helga Masthoff e Heide Orth può dire di avere il doppio in cassaforte. Ma qualcosa di imprevisto accade nei singolari. Sull’8-6 e 4-0 per Lea Pericoli, si registra il ritiro della Masthoff. È l’1-0 per l’Italia. Adesso tocca a Francesca Gordigiani compiere il miracolo, e chiudere in anticipo la sfida superando l’ostica Heide Orth, che nella precedente edizione della Federation Cup aveva battuto in due set la fiorentina.

La Cecca è in giornata di grazia. Soffre all’inizio, attende di prendere confidenza con l’avversaria, perde il primo set. Quindi sale letteralme­nte in cattedra. Serve and volley, fedele alla linea, come i suoi capelli corti con le onde. Servizio e discesa a rete. Uno scambio, al massimo due quando la seconda di servizio impone prudenza. Tanti rischi, tutti da correre. La Dunlop in legno di Francesca Gordigiani colpisce le palline bianche con estrema precisione, al centro esatto dell’incordatur­a, e da quel punto esatto le smista con traiettori­e imprendibi­li sul rettangolo verde, dove la tedesca Orth non ha tempo né modo di arrivare. Un set pari, l’impresa è quasi compiuta, basta difendersi dal servizio dell’avversaria, tenere il proprio. E la Cecca svolge il compito alla perfezione, sotto gli occhi della compagna Lea, e poi a suo modo chiude i giochi con sopraffine volée: finisce 4-6, 7-5, 6-4. Sono occorsi 32 games per sancire la prima vittoria dell’Italia in un incontro di primo turno di Federation Cup. E quella vittoria datata 15 gennaio 1965 porta la firma di Francesca Gordigiani. «Come giocai quel giorno? Bene, ma bene bene bene», gongola ancora oggi la Cecca. Rientrata in hotel, trova in camera un mazzo di fiori e un biglietto anonimo: «Today you were terrific», oggi sei stata terribile.

È la dedica di qualcuno rimasto folgorato dal tennis così estroverso di un’italiana sull’erba. Terribile e imprevedib­ile, questa era la Cecca. La tennista fiorentina che Billie Jean King ospitava nella sua casa di Los Angeles prima dei grandi tornei americani. L’aspirante fotografa profession­ista che durante un acquazzone abbandonav­a il centrale di Mosca per andare ad acquistare corpi e obbiettivi, facendosi scratchare dalla finale del doppio misto. Lo spirito libero che nel maggio del 1968 si trovava tra le barricate di Parigi insieme alla russa Anna Dmitrieva. La madrina azzurra di un serve and volley d’altri tempi.

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 ??  ?? Sopra da destra, Francesca Gordigiani e Lea Pericoli nel 1965 a Melbourne insieme all’ex tennista australian­o Harry Hopman A sinistra lei in azione a Firenze negli anni Sessanta
Sopra da destra, Francesca Gordigiani e Lea Pericoli nel 1965 a Melbourne insieme all’ex tennista australian­o Harry Hopman A sinistra lei in azione a Firenze negli anni Sessanta
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