Corriere Fiorentino

Disfatta Italia, cosa ha fatto e cosa può fare la Fiorentina?

Dossier giovanili: in 10 anni, tranne Berna e Chiesa, pochi hanno sfondato. Come cambiare marcia

- Stefano Rossi Duccio Zoccolini

Se ci fosse una classifica delle frasi più ascoltate o lette nelle ultime 48 ore (in tv, sui giornali o sui social network) «Il calcio italiano deve ripartire dai giovani» sarebbe sicurament­e al primo posto. Facile a dirsi, difficile a farsi. Investimen­ti da una parte e riforme dall’altra. La Figc chiede alle società profession­istiche di puntare sui vivai, ma i club spesso si scontrano con esigenze di bilancio che portano ad altre scelte, lontano da quel modello aziendale che da anni hanno adottato la maggior parte dei club europei (dall’Inghilterr­a, alla Germania, fino alla stessa Francia). Con stadi di proprietà, attenzione quasi maniacale per la formazione in casa di giovani talenti, introiti non legati esclusivam­ente ai diritti televisivi. Un culdein cui sono finite quasi tutte le squadre italiane ( e quindi anche la Nazionale), compresa la Fiorentina che da sempre è molto attenta alla linea verde, tanto da aver deciso in estate di costruire una rosa della prima squadra (24,3 anni) con un’età bel al di sotto della media nazionale.

Già, ma come ha contribuit­o la società viola al movimento calcio italiano negli ultimi dieci anni? Cosa ha dato alla Nazionale in termini di calciatori e talento? La prima risposta, la più immediata, è nascosta nel tabellino di Italia-Svezia di lunedì sera. Bernardesc­hi entra in campo al 76’ per l’inutile assalto finale. Ed è il miglior contributo alla Nazionale del club viola. Peccato (soprattutt­o per i tifosi gigliati) che nel frattempo abbia deciso di cambiare colori, lasciando a Firenze un po’ rabbia e 45 milioni di euro. E poi? Oltre Berna? C’è Chiesa, chiaro, presente e soprattutt­o futuro. Lo sguardo deve però necessaria­mente andare nelle vecchie rose della Primavera, a caccia di italiani che poi «non ce l’hanno fatta» . Il primo della lista è bomber Samuel di Carmine (fiorentino doc esordiente in A nel 2006-07) che ha galleggiat­o tra bassa A e B, ma mai ha fatto quello scalino sperato quando giovanissi­mo segnò addirittur­a in Coppa Uefa. Ci è andato molto più vicino Federico Masi, capitano Italia under 20 nel 2011 e oggi tesserato per l’Almas Roma in Eccellenza. Poteva ma non è stato, per mille motivi non ipotizzabi­li nel dicembre 2008 quando Prandelli lo fece addirittur­a esordire in Champions League con la Steaua. Anno di grazia anche per uno che in Under 21 faceva il titolare al posto di un certo El Shaarawy. Federico Carraro è l’emblema del talento sprecato. Perché lui in prima squadra non c’è mai stato ma faceva innamorare i tecnici federali. Quanto sarebbe servito a uno come lui giocare in una squadra B invece che in Primavera.

Se è vero che in Nazionale maggiore ci arrivano solo in pochissimi, è altrettant­o vero che in tanti tra questi ragazzi hanno pagato un sistema inadeguato di formazione. Da viola erano protagonis­ti anche in azzurro, poi in prestito tra serie B e Lega Pro non hanno più rivisto né Coverciano né altri centri federali. Solo uno oltre Chiesa e Bernardesc­hi tra i giovani violazzurr­i cresciuti c a Firenze negli ultimi dieci anni è poi arrivato in Nazionale Maggiore. Danilo D’Ambrosio, oggi interista e dal 2005 al 2008 nel vivaio viola. Poi i vari Lezzerini, Seculin, Taddei, Romizi, Piccini, Bittante e Camporese al massimo sono arrivati in Under 21. Avranno avuto le loro colpe, chiaro, così come non hanno avuto il supporto di un talento puro come quello di Chiesa e Bernardesc­hi. Ma il sistema non li ha aiutati.

Esordio. E poi?

Così come non ha aiutato la Fiorentina che poi ha ceduto frutti del proprio lavoro quasi gratis. Un dato per tutti. Prendendo in esame le ultime dieci stagioni, il tempo medio di permanenza dei «canterani» in prima squadra è di soli 10 mesi. Si va dai sei anni di Babacar che ha il record in questa classifica al mese di Mlakar, in campo 20 minuti. Ci rimette la Fiorentina e anche il calcio italiano che poi si trova in impegni internazio­nali calciatori che hanno pochissima esperienza. Per sintetizza­re, la Fiorentina ha dato tanto alla Figc ma le tracce son poche. E i baby che se ne sono andati, che fine hanno fatto? Impossibil­e rintraccia­rli tutti, ma solo in 10 sono in serie A. Da Gollini a Venuti (ancora viola di cartellino), passando per Bernardesc­hi, Matos e Capezzi. Un po’ di Fiorentina a spasso per la serie A c’è, eccome.

Non solo Chiesa

Per costruire nuovi Chiesa la società pare avere le idee chiare: «Abbiamo 200 tesserati nel vivaio — spiega l’ad di Promesse Viola Vincenzo Vergine — di questi l’80% sono toscani, tra cui il 35% della provincia di Firenze. Crediamo molto nel binomio calciatore-territorio». Intanto la Fiorentina può godersi il fatto che il suo uomo simbolo, Federico Chiesa, sarà il volto simbolo anche del calcio italiano dopo la disfatta mondiale. Non male come riconoscim­ento. Ma nell’universo azzurro c’è tanto altro viola. A partire da Federico Guidi, ct dell’under 20 e con la Fiorentina (12 anni in società) nel Dna. Tanto da chiamare ben 4 viola all’ultima competizio­ne. Il 18% dei convocati è di proprietà del club gigliato, il più rappresent­ato in assoluto. Pescare nella Fiorentina è infatti oggi abbastanza «probabile». Il motivo? Consideran­do 4 squadre del settore giovanile c’è una percentual­e di italiani dell’86%, numero che però si abbassa se ci si limita alla Primavera (65%). E a pescare sarà anche il nuovo ct della Nazionale maggiore, oltre alla scontata chiamata di Federico Chiesa ci sono in attesa Sportiello, Astori, Benassi.

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Federico Chiesa, 20 anni, uomo simbolo della Fiorentina e tra i giovani talenti che potrebbero rilanciare la Nazionale italiana
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Federico Bernardesc­hi
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Federico Guidi
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Pantaleo Corvino
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Federico Carraro
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Vincenzo Vergine

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