Un fiume di coca in Italia: arrestati i corrieri dei clan
La droga arrivava a Firenze dall’Olanda. L’operazione internazionale partita da una rissa a Novoli
Una scia di cocaina purissima che partiva dal Sud America, arrivava in Europa passando per i porti di Amsterdam, Rotterdam e Anversa, e poi arrivava in Italia, anche a Firenze. Il traffico internazionale era gestito da un organizzazione criminale albanese, con collegamenti coi clan baresi Di Cosimo e Parisi, stroncata dagli arresti effettuati dalla polizia italiana e da quella olandese. Sette gli albanesi di età compresa tra i 22 e i 37 anni, finiti in manette in Olanda a seguito di provvedimenti cautelari disposti dall’autorità giudiziaria.
Essenziale per le indagini è stata la costituzione di un Joint investigation team, formato da personale della squadra mobile di Firenze, diretta da Giacinto Profazio, e dalla polizia olandese. Una squadra investigativa che per un anno ha lavorato fianco e fianco: quella della Dda di Firenze, condotta dal pm Giulio Montefini, e quella olandese, portata avanti dalla pm Maaike van Kampen. In tutto nel corso delle indagini sono state arrestate 30 persone, tra cui molti corrieri della droga, sequestrati 140 chili di cocaina e 700 di marijuana. Sequestrati anche 4 milioni in contanti, 8 armi da fuoco, una bomba a mano, auto, immobili e un negozio in Olanda.
L’organizzazione era in grado di immettere sul mercato circa 20 chili di coca ogni due settimane. Il deposito era a Bari, presso i clienti italiani del gruppo criminale Di Cosimo e Parisi. Ma una cellula del gruppo era presente anche a Firenze. Otto albanesi, identificati per la prima volta dalla polizia nel 2014 per una rissa in piazza delle Medaglie d’oro, zona Novoli, e poi arrestati nel 2015 dalla sezione antiprostituzione della mobile.
Tra i 7 arrestati in Olanda, tutti personaggi ai vertici del gruppo, c’è anche il capo indiscusso, Ilirjan Memia, 36 anni, albanese, incensurato. «La criminalità organizzata non conosce confini — hanno affermato il procuratore capo di Firenze e della Dda Giuseppe Creazzo e il questore Alberto Intini — perciò non deve conoscere confini neppure la collaborazione tra le forze di polizia».