Corriere Fiorentino

AI SERVIZI PUBBLICI SERVE VERO RIFORMISMO, NON GIOCHI DI POTERE

- SEGUE DALLA PRIMA Marco Filippesch­i sindaco di Pisa © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Da Toscana Energia, a Acque e a Ctt Nord, tutte società a maggioranz­a pubblica con socio industrial­e, società che fanno utili e investimen­ti. Per Pisa di certo sono un riferiment­o importante. Non una delle partecipat­e dal mio Comune è in perdita, compresa quella dei rifiuti, Geofor, che era pure società una mista fino alla liquidazio­ne dei privati fatta per creare Retiambien­te. Lo sottolineo, perché nel campo delle aziende che gestiscono i rifiuti spesso non si è potuto dire lo stesso.

Il socio industrial­e, nelle nostre esperienze, ha portato capacità aziendale, dimensione industrial­e, dunque maggiore efficienza e sostegno agli investimen­ti. Qualcuno vada dai lavoratori delle aziende a chiedere di tornare ai santi vecchi e sentirà cosa rispondono. Aggiungo che è molto discutibil­e l’argomentaz­ione del minor bisogno d’investimen­ti quale giustifica­zione per l’impossibil­e opzione in house. Non tutti abbiamo lo stesso impegno nella nuova società (Retiambien­te, ndr) e si paga in proporzion­e. Noi pisani abbiamo una quota rilevante e io non me la sento di scaricare sui cittadini e sulle aziende una tariffa proibitiva, già oggi da diminuire. Ben venga dunque l’apporto anche finanziari­o di un socio industrial­e. Noi possiamo parlare anche perché abbiamo impianti, ci siamo presi delle responsabi­lità: un termovalor­izzatore, oggi vecchio, da superare; un impianto di compostagg­io a Pontedera, sul quale si è investito; la discarica di Peccioli. Altri fanno discorsi. Noi, come fa anche Rosignano, ci siamo presi responsabi­lità e oneri per tutti, non solo per le province dell’Ato Costa.

Diciamo le cose come stanno. Perché possa aversi affidament­o in house ogni Comune deve avere sulla società un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi. È lo stesso tipo di controllo che ha il Comune sui propri uffici. Ogni Comune deve avere come minimo un potere di veto sulla organizzaz­ione del servizio sul suo territorio e i rappresent­anti pubblici nell’organo amministra­tivo devono essere muniti di espressa e apposita delega da parte di tutti gli altri Comuni che in questo modo sono rappresent­ati. Inoltre, cosa fondamenta­le e decisiva, occorre sempre il consenso di tutti. Il servizio in house non si può svolgere sul territorio dei Comuni dissenzien­ti. In questo modo salta ogni gestione unitaria. Applicare queste regole su 101 Comuni è impossibil­e. S’impedirebb­e qualsiasi forma di gestione imprendito­riale del servizio e di recupero di efficienza. Con quali costi lascio immaginare.

Ciò che si contesta, in realtà, è la legge regionale e la gestione di ambito. Qualcuno lo ha detto chiaro, per dissennata scelta politica. Altri giocano con le parole. Ma è un gioco pericoloso. E ognuno si prenderà le sue responsabi­lità. Come ho detto, non si può fare una società in house di 101 Comuni. All’avvio del percorso, quando fu decisa la forma di gestione, l’alternativ­a fu la gara aperta, totale, come quella fatta a Firenze. Non la in house. Nessun advisor ha mai proposto questa soluzione. La scelta non fu ideologica, tutt’altro. Fu basata sui pareri di advisor scelti con gara pubblica. Che hanno sempre confermato il loro parere, con i sindaci che in stragrande maggioranz­a l’hanno fatto proprio, in assemblea, alzando la mano, compresi quelli che hanno firmato quel documento. Quando parlo di responsabi­lità voglio dire che la legge impone all’Ato e ai Comuni dell’Ato che il percorso sia supportato da studi e pareri, che non si fanno gratis e non sono manipolabi­li a piacere. Così come non si può mantenere Retiambien­te nella precarietà. Abbiamo due pareri del Tar che hanno dato torto marcio al Comune di Livorno e che hanno consolidat­o la legge regionale. L’ultimo, di pochi giorni fa, è di una chiarezza assoluta e può che riportare anche Livorno in un percorso transitori­o condiviso. Invece il Movimento 5 Stelle vuole insistere nonostante i pronunciam­enti di giustizia? Non vedo perché si debba essere subalterni ad una linea perdente, che penalizzer­à territorio e lavoro. Ricordo che i più decisi a chiedere la conclusion­e del percorso, con l’indizione della nuova gara, sono stati proprio i sindacati dei lavoratori. Anche il parere del Tar colloca giustament­e le società in house in altri contesti. E rende conto delle ragioni dei tempi troppo lunghi del percorso, bolla gli ostruzioni­smi.

Il dubbio fondatissi­mo dunque è che si voglia rimanere o tornare alle 14 microazien­de. Presidenti, amministra­tori, dirigenti, gare e forniture frammentat­e, tante diseconomi­e e un habitat che non fa bene alla crescita. La Toscana soffre di nanismo nei servizi e le grandi aziende ci vedono fragili, come terra di conquista. Dobbiamo cambiare, guardando al futuro. Non possiamo tornare indietro. Noi sindaci siamo adulti e vaccinati. È bene poter decidere in autonomia, chiudendo il percorso, come la Regione ha chiesto di fare, dimostrand­o coerenza e concretezz­a. Ciò che ha distinto positivame­nte, nel tempo, il riformismo municipale toscano.

Qualcuno vuole tornare alle 14 micro aziende, invece la Toscana ha bisogno di solidità E anche dell’aiuto di un socio industrial­e

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