La casa va all’asta, lei in tribunale si taglia le vene
La rabbia «Ho perso tutto Ridotta alla disperazione dalle banche»
SIENA «Ho perso la casa della mia vita, dove mi sono sposata ed è nata mia figlia. Quando uno sconosciuto si è aggiudicato quell’appartamento per 230 mila euro ho capito che avevo perso tutto. Mi sono sentita ancora una volta umiliata e non ci ho visto più». Sandra Pelosi racconta le ragioni di un gesto che poteva costarle la vita, quando, ieri mattina, al tribunale di Siena ha estratto una lametta e si è tagliata le vene. L’intervento dei suoi avvocati Valter Biscotti e Valeria Passeri ha evitato il peggio: trasportata all’ospedale Le Scotte è stata dimessa nel pomeriggio. È ritornata a Grosseto, dove segue una terapia contro un tumore molto aggressivo. In Maremma ha imparato a convivere anche con gli effetti di un infortunio che l’ha costretta in carrozzina dal settembre 2010 quando nel suo allevamento il calcio di un cavallo l’ha colpita al petto. «Non è giusto. Per l’insolvenza del mutuo da 500 mila euro, le banche mi hanno ridotto in condizioni disperate. E la mia casa è finita all’asta» spiega al telefono Sandra, fragile nel corpo ma dal carattere di ferro. Ha sempre lavorato fin dall’età di 14 anni. Si è fatta le ossa nell’azienda di famiglia che produceva binari ferroviari («Alla Bts dovevo organizzare il lavoro di cinquanta dipendenti, mi sono fatta una bella corazza») poi, da amante degli animali, ha aperto un ippodromo nel senese.Ma dopo quell’incidente tutto è cambiato. Si sono accumulati i debiti in azienda ed è stato necessario fare un mutuo da poco più di 80 mila euro. «La casa, 150 metri quadri a due passi da Rocca Salimbeni, era da ristrutturare – prosegue Sandra – e mio marito chiese un altro mutuo. Fu la banca a proporre un solo prestito da 500 mila euro per finanziare il restauro e pagare i debiti della mia azienda. Fecero firmare una fideiussione a ciascuno dei possibili eredi di quell’appartamento: oltre me e mio marito anche mia suocera ultranovantenne e mia figlia, ancora studentessa. Dicevano che sarebbe stato più conveniente per noi». L’accordo siglato nel 2012 prevedeva un versamento di quaranta mila euro l’anno, quasi 4 mila al mese. «In casa entravano tra la pensione di mio marito, quella di mia suocera e la mia indennità d’invalidità poco più di 4 mila euro. Pagato il mutuo e le tasse – racconta Sandra con un filo di voce - riuscivamo a stento a vivere. Adesso sono indebitata con le banche, ma non con i miei vecchi dipendenti. Ancora oggi, mi incoraggiano ad andare avanti in questa battaglia». Anche ieri fuori dal tribunale, c’erano tanti amici e conoscenti per esprimerle solidarietà. «Sono amareggiata ma non mi arrendo» ripete. Le fanno eco gli avvocati Biscotti e Passeri: «Presenteremo un esposto in Procura per accertare che ci siano state anomalie nella concessione del mutuo».