Corriere Fiorentino

Monte, la sentenza-ribaltone

Mussari, Vigni e Baldassarr­i assolti per Alexandria: non nascosero nulla a Bankitalia

- Valentina Marotta

Tutti assolti, nessun reato. L’ex presidente di Banca Mps Mussari e i manager Vigni e Baldassarr­i non ostacolaro­no l’azione della Vigilanza: la sentenza della Corte d’Appello ribalta quella di primo grado.

In aula solo l’ex responsabi­le finanza «È stata un’odissea giudiziari­a» Il legale: «Valuteremo se chiedere i danni per ingiusta detenzione»

Nessuno nascose agli ispettori della Banca d’Italia il contratto sui derivati firmato da Monte Paschi Siena. È la conclusion­e dei giudici della Corte d’appello di Firenze che assolvono gli ex vertici della banca più antica del mondo portata al collasso da quei prodotti finanziari. Fu questa la «madre» delle inchieste sulla gestione spericolat­a del Monte. Cade l’accusa di ostacolo alla Vigilanza per l’ex presidente dell’istituto senese Giuseppe Mussari, l’ex responsabi­le dell’area finanza Gianluca Baldassarr­i e l’ex direttore generale Antonio Vigni: «Il fatto non costituisc­e reato». È mezzogiorn­o quando il presidente Maria Luisa Romagnoli legge il verdetto di poche righe. In un minuto e mezzo, spazza anni di indagini e ribalta la sentenza del tribunale di Siena che nel 2014 aveva condannato i tre imputati a 3 anni e 6 mesi di reclusione e a 5 di interdizio­ne dai pubblici uffici. Ignora la richiesta del pg Vilfredo Marziani e dei pm senesi Aldo Natalini e Antonino Nastasi di inasprire le pene fino a 7 anni per gli ex vertici perché con quelle operazioni avevano eroso i conti di Mps. E accoglie la tesi della difesa: il contratto stipulato da Rocca Salimbeni con la banca giapponese Nomura per la ristruttur­azione del derivato Alexandria è stato sempre a disposizio­ne degli ispettori di Bankitalia, perché era contenuto nel deed of amendment (atto di modifica del contratto principale). Era conservato a Siena in una cassaforte dell’ex dg Vigni, dove venne trovato nel 2012.

Ieri nell’aula 30 c’è solo Baldassarr­i. Lui che era stato arrestato, prima in carcere poi ai domiciliar­i, ascolta il verdetto in silenzio. Poi la tensione si scioglie: «È stata un’odissea giudiziari­a. La mia assoluzion­e è un atto di giustizia, ma sono sempre stato certo che le ragioni del diritto avrebbero prevalso. Nessun documento nascosto, nessun ostacolo alla vigilanza». Abbandona il palazzo di giustizia, ma il suo avvocato Stefano Cipriani, che lo ha difeso con i colleghi Filippo Dinacci e Antonio Ugo Palma, aggiunge: «Aspetterem­o che diventi definitiva la sentenza e poi valuteremo se chiedere il risarcimen­to per ingiusta detenzione». Mussari non è a Firenze e apprende per telefono dell’assoluzion­e. «È felice — spiega il difensore Fabio Pisillo che lo ha difeso insieme al professore Tullio Padovani — eravamo estremamen­te fiduciosi: i pm non erano riusciti a dimostrate né in primo grado né in appello che lui fosse a conoscenza del mandato». Parlano gli avvocati, ma dai pm solo un secco commento: «Le sentenze non si commentano ma si rispettano, sia quelle di assoluzion­e sia quelle di condanna». La nota di Banca d’Italia, che si era costituita parte civile, arriva nel pomeriggio: «In base alla formula utilizzata, possiamo presumere che la Corte considera esistenti i fatti, ma ritiene, al tempo stesso, che non costituisc­ano illecito penale». I guai giudiziari per Mussari, Vigni e Baldassarr­i non sono finiti: sono a processo a Milano per l’acquisizio­ne di Antonvenet­a con accuse che vanno dall’aggiotaggi­o, falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza.

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