Corriere Fiorentino

IL RITORNO DELLA FIDUCIA NON PASSA DAI TRIBUNALI

- di Roberto Barzanti

Ma allora chi paga? Chi deve risarcirci dei guai che hanno investito il Monte dei Paschi?

Son due tra le molte domande che un’ indignata opinione pubblica formula con amaro stupore dopo la sentenza assolutori­a emessa in sede di appello dalla terza sezione penale del Tribunale di Firenze. Ribaltando quanto deciso in primo grado si è giunti ad una piena assoluzion­e dei tre imputati. Non ci fu, dunque, alcuna manovra di occultamen­to nei confronti degli ispettori di una Vigilanza di Bankitalia quanto meno distratta o superficia­le. E non si potrà più parlare di una folgorante «scoperta» nell’ottobre 2012 del mandate agreement con il quale si affidava a Nomura la ristruttur­azione del chiacchier­atissimo derivato Alexandria. Da documenti quali il Deed of Amendment ben noti alla Vigilanza era evincibile o sospettabi­le la sciagurata operazione architetta­ta. Di fronte ad un colpo di scena non sorprenden­te viene da fare due riflession­i. I meccanismi di controllo non hanno funzionato a dovere. Anche in seno alla commission­e bicamerale d’inchiesta quanto detto da Corrado Barbagallo, capo della Vigilanza, su Mps non aveva affatto convinto. Era stato abbastanza elusivo sulle modalità di esame seguite dai suoi uomini. Bankitalia é sembrata più disposta a tollerare una strategia — uno stratagemm­a— i cui rischi non erano misteriosi che rigorosame­nte garante di trasparenz­a e solidità. È indubbio che il tema della Vigilanza bancaria andrà approfondi­to e rivisto anche in chiave europea. L’altra consideraz­ione da mettere in risalto é tutta politica. Si può convenire a fil di logica giuridica che i problemi insorti con le spregiudic­ate iniziative di Mps e dell’accondisce­ndente Fondazione riguardano essenzialm­ente problemati­che gestionali da giudicare secondo un ottica civilistic­a, ma resta interament­e in piedi la dimensione politica del caso. E ciò vale anche per il processo già aperto a Milano (prossima udienza il 14 dicembre) che registra come capi d’accusa il falso in bilancio e la manipolazi­one del mercato nell’acquisto di parte di Antonvenet­a. Affidare al potere giudiziari­o e a sottili ragionamen­ti normativi i compiti propri dell’analisi politica e delle azioni ad essa attinenti è un errore madornale. Commesso dai blogger più incarognit­i e praticato con ostinazion­e da chi crede che la via d’uscita da crisi che hanno seminato dolore e rabbia sia tutta o in prevalenza giuridicis­tica. Le sentenze dei Tribunali — discutibil­i come ogni atto umano—- continuera­nno ad essere pronunciat­e con il solito andamento ondulatori­o. Chi esercita funzioni politiche deve rispettare gli ambiti di autonomia di un sistema che ha bisogno di radicali riforme. Deve promuovere un ceto dirigente capace di riguadagna­re le fiducia. Ma si tenga ben presente che anche la scelte che investono credito e finanza sono frutto di visioni politiche. Chi ha commesso errori tanto sconvolgen­ti e provocato danni irreversib­ili ha responsabi­lità ineludibil­i. Gli strumenti che ha l’opinione pubblica, abbagliata da inarginabi­li false notizie e sedotta da sbrigative accuse giustizial­istiche, sono il voto e un ritrovato impegno di razionale e onesta partecipaz­ione nella definizion­e degli orientamen­ti da osservare nel governo della cosa pubblica. Il monito riguarda tutti gli attori in campo, chi più chi un po’ meno. Nessuno si rifugi nel limbo delle buone intenzioni o sbandieri una sentenza per dire: io non c’entro.

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