In bilico i progetti di sostegno alle imprese, alla formazione, all’agricoltura. Rossi a Bruxelles: serve una tassa europea Brexit taglia i fondi alla Toscana
Effetto Londra (e non solo): 1,5 miliardi di risorse Ue a rischio per la nostra regione
L’Unione europea potrebbe tagliare i fondi per la coesione sociale: per la Toscana significare un miliardo e mezzo in meno di contributi che arriveranno da Bruxelles dal 2020 in poi. Dal 2007 ad oggi, i fondi hanno consentito di innovare, sostenere le imprese e gli ammortizzatori sociali: ma anche fare la tramvia a Firenze. Il presidente Enrico Rossi ha incontrato il Commissario europeo Jean-Claude Juncker. E propone o un tassa sulle transazioni finanziarie o sull’inquinamento.
Un taglio che può arrivare ad un miliardo e mezzo, ma che anche nella versione minore potrebbe comunque togliere almeno mezzo miliardo di euro alla Toscana. Questo è il futuro dei fondi europei per la nostra regione, una mazzata che metterebbe a serio rischio molte delle scelte politiche che, in questi anni, hanno consentito di aiutare le aziende manifatturiere e quelle agricole, le università, i percorsi di formazione, persino l’integrazione al reddito per i disoccupati ed i lavoratori delle imprese in crisi.
In Italia il dibattito sull’Europa è spesso ideologico o banalizzante, alla rincorsa dell’ultimo post sui social network per scatenare una polemica, invece di preoccuparsi degli assi portanti delle strategie dell’Unione. Come la distribuzione dei fondi europei, soprattutto quelli di «coesione sociale», che sono una sort adi arma per affrontare le differenze tra i vari Paesi europei, per sostenere le politiche di sviluppo, per superare i gap che esistono dal punto di vista economico. Si parla di oltre 40 miliardi di euro per l’Italia. Blocchi di finanziamenti miliardari che vengono programmati di 7 anni in 7 anni. Quelli attuali sono in erogazione fino al 2019: ma dal 2020, soprattutto per la scelta della Gran Bretagna di andarsene dall’Unione, la cifra potrebbe crollare per il nostro Paese e nono soltanto.
La discussione, a livello di Commissione europea, è già cominciata, ed ha fatto drizzare i capelli a molti. In Italia, si sono scaldati soprattutto i presidenti delle Regioni: è da questi enti infatti che passano le risorse europee per arrivare ai soggetti che li utilizzano, che siano privati o pubblici. La questione è stata affrontata meno a livello governativo: eppure l’Italia è seconda, nell’Unione, per accesso a questi fondi. Pesa, probabilmente, il periodo pre elettorale. E così è stata una delegazione di governatori da tutta Europa a incontrare il commissario JeanClaud Juncker per mettere sul tavolo le loro richieste: lo hanno fatto tre giorni fa, alla vigilia dell’accordo con la premier Theresa May sul cammino della Brexit.
Ci sono quattro scenari nel documento della Commissione, che circola da settimane e sul quale Rossi ha discusso con Juncker. E nessuno di questi scenari è favorevole all’Italia (ed alla Toscana, che è la terza regione per uso dei fondi europei, in Italia, e la terza anche per la capacità di usarli in modo innovativo).
Nel primo scenario, secondo le elaborazioni fatte dalla Conferenza delle Regioni periferiche marittime, ci sarebbe un taglio «del 28% delle risorse in caso di una politica di coesione rivolta solo alle regioni in convergenza». Nel secondo, il peggiore, appare un ecatombe: resterebbe solo il 3% (taglio del 97%) se la «politica di coesione» fosse rivolta «solo ai Paesi beneficiari del Fondo di Coesione (quelli meno sviluppati, per intenderci, principalmente quelli dell’est Europa)». Un terzo scenario, parla di un taglio del «32% delle risorse in caso il Fondo sociale europeo fosse inserito in un programma dedicato al Capitale Umano e non rientrante nei fondi strutturali». Ed un calo simile, del 30,55% delle risorse in caso di un «taglio orizzontale del 10% su tutti i fondi, cosi come prospettato dal commissario Oettinger in una recente audizione al Parlamento europeo». Comunque vada, non sarà un successo: ed anche se l’accordo di ieri sulla Brexit concederà tra i 40 ed i 60 miliardi di euro all’Unione, questa scelta non toccherebbe direttamente questi fondi. Per questo Rossi, con i colleghi del Consiglio delle Regioni periferiche marittime, ha incontrato Juncker. «L’Europa dovrebbe avere il coraggio di prevedere un bilancio post 2020 più ambizioso e con la quota destinata alla politica di coesione almeno uguale a quello attuale» ha commentato Rossi, lanciano proposte sul tavolo che, peraltro, erano state fatte da Mario Monti: una Tobin tax (cioè una tassa sulle transazioni finanziarie, una percentuale minima ogni operazione) o una imposta sulle emissioni di Co2. Insomma, per salvare i fondi occorrerebbe una tassa europea.