Corriere Fiorentino

Con una 127 grigia contro i pregiudizi

- Di Enzo Fileno Carabba

Dagmar vagava per i corridoi universita­ri in cerca di un seminario. Entrò nell’aula sbagliata e ci restò. La stanza conteneva varia gente fuori testa. Ma più che altro notò Roberto, alto, con i riccioli castani. Lui capì che non era italiana. Doveva essere americana, le parlò in un inglese improbabil­e e alla fine si accorse che era tedesca. Le chiese come si chiamava ma era difficile, se lo fece scrivere. Col tempo cominciaro­no a capirsi. Lei era venuta dalla Germania da sola, per studiare, a vent’anni. Roberto aveva sempre voluto vivere in un altro Paese ma non ne aveva avuto il coraggio. Era affascinat­o da Dagmar, ma aveva un’altra storia. Anche lei era affascinat­a da lui. Era l’unico ragazzo fiorentino di sua conoscenza che vivesse da solo, si autogestiv­a in tutto: cibo, pulizie eccetera. Lavorava al mercato di San Lorenzo e studiava. Era autonomo. Aveva avuto un brutto incidente ma si era ripreso. Con altri ragazzi del seminario sul rapporto mente corpo girarono il film La craniata in cui il protagonis­ta (Roberto) batte la testa e perde «il mentale». Va dunque insieme agli amici alla ricerca del mentale nei luoghi più vari. Per esempio allo zoo di Pistoia. «È qui che si trova il mio mentale?» chiede davanti alle scimmie. «Devi solo aspettare un milione di anni» gli rispondo gli amici. Finite le riprese fecero tutti insieme una gita in macchina. Dagmar parlò e lui, che non sentiva bene, per sentire meglio si avvicinò e la baciò. Presto Roberto fu libero, la relazione precedente si estinse. Non che avesse intenzione di legarsi, ma a forza di stare sempre insieme qualcosa succede. La polizia li fermava sempre. Lui aveva la barba lunga e una 127 grigia scassata. Lei era straniera. «Se non trovi lavoro ti mando via!» le disse un agente. Era come se il viaggio da un altro Paese non finisse mai. Lui certe mattine prima di andare a lavorare al mercato, verso le 4, la lasciava davanti alla Questura, ma a volte all’ora di pranzo non era ancora riuscita a entrare per la coda. Si sposarono per il permesso di soggiorno. Dopo la laurea il loro interesse comune per i temi legati all’immigrazio­ne divenne un lavoro. Era un interesse che veniva da lontano. Dagmar veniva da una zona della Germania con molta immigrazio­ne italiana e molti pregiudizi. Quando aveva detto «Vado a studiare in Italia perché ci sono pratiche sociali avanzate» (si riferiva al metodo Basaglia) la gente era stata colpita da stupore. Quando poi era tornata con Roberto, che era indiscutib­ilmente italiano, c’era chi lo spiava dalla finestra. «Però poi i pregiudizi evaporano, quando conosci davvero le persone». E tutto era andato bene, con le rispettive famiglie di origine, con i luoghi e con i sentimenti.

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Colorati Dagmar e Roberto
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