Fine vita, il giorno di Gesualdi
A Roma con la figlia per il sì del Senato alla legge. L’sms: «Caro babbo ce l’abbiamo fatta»
Il viaggio in treno insieme a Sandra, la figlia di Michele Gesualdi. Poi in Senato, quando è stata approvata la legge sul biotestamento,e lei ha scritto un sms: «Babbo, ce l’abbiamo fatta».
Sulla rubrica del cellulare lo ha salvato come «Babbo Gesù». In Senato, il biotestamento è appena diventato legge e Sandra Gesualdi manda un messaggio a suo padre Michele: «Babbo ce l’hai e ce l’abbiamo fatta. Sono orgogliosa di te». Neppure due mesi fa Michele Gesualdi aveva scritto una lettera ai presidenti di Camera e Senato per chiedere una rapida approvazione della legge sul fine vita. Lui, l’allievo prediletto di don Lorenzo Milani, l’ex presidente della Provincia di Firenze, è da tempo malato di Sla. E non ha più tempo. Così, dopo la sua lettera, a Firenze è partito il comitato #Fatepresto, che ieri, nel grande giorno dell’approvazione definitiva della legge, ha inviato una piccola delegazione a Palazzo Madama per portare al presidente Grasso le quasi 108 mila firme raccolte per «tirare la volata alla legge».
Al binario 11 di Santa Maria Novella, alle 6.50, spunta una Serena Pillozzi agitatissima. La promotrice del comitato #Fatepresto guarda l’orologio: «La Sandra è in ritardo, mi ha persino chiesto di provare a far ritardare due o tre minuti il Frecciarossa». Lei e Sandra hanno appuntamento con Grasso alle nove in punto. Il treno parte, la figlia di Michele Gesualdi non c’è, Pillozzi si dispera: «È una catastrofe, non ho neppure le firme da consegnare al presidente». Ma Sandra all’improvviso spunta. È arrivata all’ultimo secondo in stazione con una Mobike che ha abbandonato sul binario ed è saltata sul primo vagone risalendo poi tutto il treno: «Bisogna che abbiate più fiducia in me». E le firme? Sandra tira fuori dalla borsa una pennetta usb: «Mica potevo stamparle tutte, sono 107.313. E ci sono paginate e paginate di commenti dei sottoscrittori». C’è grande fiducia per quel che succederà di lì a poche ore. «Il comitato — racconta Sandra — è nato a inizio novembre al Bar Sport di Calenzano, ma ci sono voluti 15 giorni di improperi di Michele per riuscire a Sandra Gesualdi, figlia di Michele, abbraccia Silvia Giordano promotrice della legge alla Camera. A lato Michele Gesualdi partire: non riesce quasi più parlare, ma con i suoi “pizzini” ci scriveva che non voleva un comitato che strumentalizzasse politicamente il suo pensiero». «In #Fatepresto non c’è nessuna targa — le fa eco Serena — se dentro c’è una come me (è militante di Liberi e Uguali, ndr) e un cattolico come Paolo Bambagioni, ho detto tutto». La svolta è stata riuscire a portar dentro i cattolici del Pd: «Il giorno in cui è arrivata l’adesione della senatrice Rosa Maria Di Giorgi abbiamo capito di avercela fatta».
Una volta a Roma, Gesualdi e Pillozzi, accompagnate dalle senatrici Alessia Petraglia e Loredana De Petris, hanno un colloquio privato di 15 minuti con Grasso: al presidente parlano del diritto del malato ad essere informato e a scegliere, ripetono le parole della lettera di Michele. Poi consegnano la chiavetta usb. Grasso, un po’ sorpreso, sorride («è stato affettuoso»), poi si scusa per le difficoltà incontrate in Parlamento. Poi Sandra e Serena salgono su, nella tribuna degli ospiti ad assistere in prima fila al grande giorno. In ascensore c’è Mina Welby: «Sono speranzosa, ma col punto interrogativo. Fino all’ultimo non è mai detto». Nella tribuna arriva un gruppo dell’associazione Luca Coscioni, poi anche Emma Bonino. Sandra e Serena si siedono accanto ai deputati Matteo Mantero e Silvia Giordano, capofila della legge alla Camera.
Scorrono gli interventi e, mentre i commessi applicano il rigidissimo cerimoniale di Palazzo Madama (agli ospiti è vietato applaudire, fare foto, persino prendere appunti), Sandra batte le dita come a dare segno di approvazione verso le parole di Riccardo Mazzoni, Nerina Dirindin, Paola Taverna. Ma è quando Alessia Petraglia prende la parola e legge all’emiciclo la lettera di Michele Gesualdi, accolta da un boato di applausi di centinaia di senatori, che alle due ambasciatrici fiorentine scende qualche lacrima: «Questa è politica vera, si dà voce a chi non ha più voce», sussurra Sandra.
Petraglia sale in tribuna, tra le due c’è l’abbraccio. Poi a Sandra arriva anche un biglietto da Luigi Manconi che lei nasconde gelosamente. Ormai manca poco, l’agitazione sale, le dichiarazioni sono finite. Grasso dà il via al voto, i due schermi dell’aula si riempiono di lucine verdi, molte di più di quelle rosse: 180 sì e 71 no. In tribuna per qualche attimo si esita ancora, si attende l’ufficialità. Che alle 11.38 arriva con il lungo applauso. Sopra la balconata le lacrime non vengono più trattenute. Sandra si abbraccia con Serena, poi con Silvia Giordano, strette di mano con la Bonino, la Welby: «Ce l’abbiamo fatta!». Sandra si volta verso l’aula, stavolta applaude in modo vibrante, un commesso la richiama all’ordine, ma lei non si ferma. Una militante dell’associazione Coscioni si accascia, scoppia in un pianto a dirotto: «Noi abbiamo penato per un mese, abbiamo tirato solo la volata. Ma loro sono 15 anni che combattono, hanno avuto una forza incredibile», commenta Sandra. Alla buvette, Petraglia è in festa: «Oggi è una pagina storica, abbiamo approvato una legge attesa da anni. È una legge di tutti, laica, che tutela credenti e non credenti». Tanti senatori si fermano per salutare Sandra Gesualdi, Dirindin e Taverna la ringraziano. Poi, fuori, in piazza Montecitorio, al gazebo dell’associazione Coscioni, Sandra Gesualdi prende il microfono: cita Piergiorgio Welby, Beppino Englaro, chi combatte da anni, ricorda lo strazio di Michele. E conclude: «Sentir pronunciare le parole di mio babbo nell’aula del Senato mi ha dato veramente speranza che questo non sia un Paese alla deriva. È un barlume, un minimo di forza civica c’è».
Dopo il voto Orgogliosa di aver sentito pronunciare in Aula le parole di mio padre