Corriere Fiorentino

UN LEADER PER I NO-LEADER

- di David Allegranti

Pietro Grasso — non Giuliano Pisapia, come pareva all’inizio di questo estenuante dibattito — è la nuova guida della sinistra italiana. Una «leadership naturalmen­te pop», la definisce Enrico Rossi. Colpisce la modalità d’esecuzione, in pieno stile uomo solo al comando: Grasso diventa capopopolo, capo-partito, senza primarie e il suo nome è bene in evidenza nel simbolo. Tutto legittimo, sia chiaro, perché i partiti hanno il diritto di fare ogni scelta e di selezionar­e la propria classe dirigente come meglio credono. Ma dopo anni passati a discutere degli effetti negativi della personaliz­zazione della politica, con molte critiche rivolte a Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, ci si aspettava qualcosa di diverso. Soprattutt­o nell’indicazion­e del leader: la sinistra ha scelto la via del testimonia­l. Con un nome evocativo, da spendere mediaticam­ente. È esattament­e ciò contro cui la sinistra italiana degli ultimi anni si è battuta, trovando in Renzi la rappresent­azione del male, se non di quello assoluto quantomeno di quello relativo.

C’è poi un dato culturale e storico: la sinistra ha scelto come leader un magistrato, segno che i post-comunisti non riescono a rinunciare ai propri tic. Dice Peppino Caldarola, direttore della rivista dalemiana ItalianiEu­ropei, già direttore dell’Unità, che «avere come capo politico della sinistra un magistrato mi fa venire l’orticaria, perché c’è ancora da smaltire tutto un pregresso, cioè l’accusa di giustizial­ismo che pende sulla sinistra ex comunista. Un’accusa abbastanza fondata». E quel pregresso non è stato smaltito. «Qual è il profilo di questo nuovo partito?», si chiede Caldarola. «Grasso — ha spiegato al Foglio — dice che è la Costituzio­ne, ma in nessun paese al mondo il profilo di un partito è la Costituzio­ne. Quindi gli avversari chi sarebbero? Quelli che la attaccano?». Insomma, se il Pd pare fermo alla sconfitta del 4 dicembre di un anno fa, anche la sinistra non si schioda di lì. È come il giorno della marmotta: una parte dell’Italia ruota sempre attorno a un eterno referendum sulla Costituzio­ne.

Dettaglio non secondario: il presidente della Regione Toscana ha votato Sì al referendum dell’anno scorso, voleva sfidare Renzi al congresso, poi è uscito dal Pd per cofondare Mdp. Adesso Rossi avalla la scelta di Grasso senza battere un ciglio. Doveva essere un volto della nuova sinistra, ma sembra accontenta­rsi di fare il passacarte. Tanto valeva restare a occuparsi soprattutt­o dell’aeroporto di Firenze.

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