UN LEADER PER I NO-LEADER
Pietro Grasso — non Giuliano Pisapia, come pareva all’inizio di questo estenuante dibattito — è la nuova guida della sinistra italiana. Una «leadership naturalmente pop», la definisce Enrico Rossi. Colpisce la modalità d’esecuzione, in pieno stile uomo solo al comando: Grasso diventa capopopolo, capo-partito, senza primarie e il suo nome è bene in evidenza nel simbolo. Tutto legittimo, sia chiaro, perché i partiti hanno il diritto di fare ogni scelta e di selezionare la propria classe dirigente come meglio credono. Ma dopo anni passati a discutere degli effetti negativi della personalizzazione della politica, con molte critiche rivolte a Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, ci si aspettava qualcosa di diverso. Soprattutto nell’indicazione del leader: la sinistra ha scelto la via del testimonial. Con un nome evocativo, da spendere mediaticamente. È esattamente ciò contro cui la sinistra italiana degli ultimi anni si è battuta, trovando in Renzi la rappresentazione del male, se non di quello assoluto quantomeno di quello relativo.
C’è poi un dato culturale e storico: la sinistra ha scelto come leader un magistrato, segno che i post-comunisti non riescono a rinunciare ai propri tic. Dice Peppino Caldarola, direttore della rivista dalemiana ItalianiEuropei, già direttore dell’Unità, che «avere come capo politico della sinistra un magistrato mi fa venire l’orticaria, perché c’è ancora da smaltire tutto un pregresso, cioè l’accusa di giustizialismo che pende sulla sinistra ex comunista. Un’accusa abbastanza fondata». E quel pregresso non è stato smaltito. «Qual è il profilo di questo nuovo partito?», si chiede Caldarola. «Grasso — ha spiegato al Foglio — dice che è la Costituzione, ma in nessun paese al mondo il profilo di un partito è la Costituzione. Quindi gli avversari chi sarebbero? Quelli che la attaccano?». Insomma, se il Pd pare fermo alla sconfitta del 4 dicembre di un anno fa, anche la sinistra non si schioda di lì. È come il giorno della marmotta: una parte dell’Italia ruota sempre attorno a un eterno referendum sulla Costituzione.
Dettaglio non secondario: il presidente della Regione Toscana ha votato Sì al referendum dell’anno scorso, voleva sfidare Renzi al congresso, poi è uscito dal Pd per cofondare Mdp. Adesso Rossi avalla la scelta di Grasso senza battere un ciglio. Doveva essere un volto della nuova sinistra, ma sembra accontentarsi di fare il passacarte. Tanto valeva restare a occuparsi soprattutto dell’aeroporto di Firenze.