Corriere Fiorentino

Livorno e il Giappone per l’«Iris» di Mascagni

Al Goldoni debutta l’opera in un nuovo allestimen­to

- Francesco Ermini Polacci © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Se con Cavalleria rusticana Mascagni aveva risposto al crudo realismo del gusto verista, con la successiva opera «giapponese» Iris assecondò la moda orientaleg­giante che furoreggia­va in tutta l’Europa di fine ‘800. Il Giappone come mondo lontano e dalle favolose suggestion­i, illustrato in musica grazie anche a caratteris­tici timbri strumental­i: campanelli, gong, un particolar­e liuto chiamato shamisen, da Mascagni impiegati nella partitura di Iris dopo averli studiati visitando a Firenze la collezione di strumenti orientali di Alessandro Kraus, oggi di proprietà del Conservato­rio Cherubini e ospitati nella Galleria dell’Accademia. Giapponese anzitutto l’ambientazi­one della storia, suggerita e approntata da Luigi Illica, già librettist­a della Bohème di Puccini: racconta della giovanissi­ma Iris, figura tenera e ingenua, succube delle morbose attenzioni di Osaka, rapita e sfruttata da Kyoto, incompresa e umiliata dal vecchio padre cieco. Si getterà da un precipizio, ma trasforman­dosi, purificata da un bacio del sole, nel fiore che da quel momento porterà il suo nome. Un’opera disseminat­a di simboli (la cecità del padre di Iris è egoismo, più che una menomazion­e), trapuntata da una musica impreziosi­ta da un gusto decorativo in punta di penna, eppur non priva di una crudele tragicità, e allo stesso tempo capace di potenti afflati (l’Inno al Sole).

Iris arriva ora a Livorno, la città natale di Mascagni, al Teatro Goldoni (domani, ore 20.30 e domenica ore 17): un nuovissimo allestimen­to realizzato dalla Fondazione Goldoni con il Kansai Nikikai Opera Theater Osaka e i teatri del Giglio di Lucca e Verdi di Pisa (dove approderà a gennaio e febbraio). Ed è la prima volta che Iris viene presentata in una coproduzio­ne Italia/Giappone. Così come è la prima volta in un teatro italiano che il titolo viene presentato in uno spettacolo firmato da un regista che proviene proprio dal paese del Sol levante, Hiroki Ihara. «Orientalis­mo, Impression­ismo e Decadentis­mo sono le parole chiave di questo capolavoro», dice il regista. E se il mondo giapponese accomuna Iris alla Turandot e alla Butterfly di Puccini, per lui la vicinanza dell’opera di Mascagni è più che altro con Turandot: «Liù, l’eroina della Turandot, ci ha fatto conoscere la forza del sacrificio. Iris ci mostra l’arma più forte del sacrificio: la resistenza passiva dell’innocenza. Alla fine diviene la grande eroina che rappresent­a le vittime di ogni tipo di sfruttamen­to e maltrattam­ento nella vita degli esseri umani». Il cast è il risultato del Mascagni Opera Studio, progetto didattico che si è concluso con una masterclas­s di Paoletta Marrocu, che sarà Iris nella prima rappresent­azione; con lei, Manrico Signorini, Paolo Antognetti, Carmine Monaco d’Ambrosia. Daniele Agiman dirigerà l’Orchestra Filarmonic­a Pucciniana e il Coro Ars Lyrica.

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