Livorno e il Giappone per l’«Iris» di Mascagni
Al Goldoni debutta l’opera in un nuovo allestimento
Se con Cavalleria rusticana Mascagni aveva risposto al crudo realismo del gusto verista, con la successiva opera «giapponese» Iris assecondò la moda orientaleggiante che furoreggiava in tutta l’Europa di fine ‘800. Il Giappone come mondo lontano e dalle favolose suggestioni, illustrato in musica grazie anche a caratteristici timbri strumentali: campanelli, gong, un particolare liuto chiamato shamisen, da Mascagni impiegati nella partitura di Iris dopo averli studiati visitando a Firenze la collezione di strumenti orientali di Alessandro Kraus, oggi di proprietà del Conservatorio Cherubini e ospitati nella Galleria dell’Accademia. Giapponese anzitutto l’ambientazione della storia, suggerita e approntata da Luigi Illica, già librettista della Bohème di Puccini: racconta della giovanissima Iris, figura tenera e ingenua, succube delle morbose attenzioni di Osaka, rapita e sfruttata da Kyoto, incompresa e umiliata dal vecchio padre cieco. Si getterà da un precipizio, ma trasformandosi, purificata da un bacio del sole, nel fiore che da quel momento porterà il suo nome. Un’opera disseminata di simboli (la cecità del padre di Iris è egoismo, più che una menomazione), trapuntata da una musica impreziosita da un gusto decorativo in punta di penna, eppur non priva di una crudele tragicità, e allo stesso tempo capace di potenti afflati (l’Inno al Sole).
Iris arriva ora a Livorno, la città natale di Mascagni, al Teatro Goldoni (domani, ore 20.30 e domenica ore 17): un nuovissimo allestimento realizzato dalla Fondazione Goldoni con il Kansai Nikikai Opera Theater Osaka e i teatri del Giglio di Lucca e Verdi di Pisa (dove approderà a gennaio e febbraio). Ed è la prima volta che Iris viene presentata in una coproduzione Italia/Giappone. Così come è la prima volta in un teatro italiano che il titolo viene presentato in uno spettacolo firmato da un regista che proviene proprio dal paese del Sol levante, Hiroki Ihara. «Orientalismo, Impressionismo e Decadentismo sono le parole chiave di questo capolavoro», dice il regista. E se il mondo giapponese accomuna Iris alla Turandot e alla Butterfly di Puccini, per lui la vicinanza dell’opera di Mascagni è più che altro con Turandot: «Liù, l’eroina della Turandot, ci ha fatto conoscere la forza del sacrificio. Iris ci mostra l’arma più forte del sacrificio: la resistenza passiva dell’innocenza. Alla fine diviene la grande eroina che rappresenta le vittime di ogni tipo di sfruttamento e maltrattamento nella vita degli esseri umani». Il cast è il risultato del Mascagni Opera Studio, progetto didattico che si è concluso con una masterclass di Paoletta Marrocu, che sarà Iris nella prima rappresentazione; con lei, Manrico Signorini, Paolo Antognetti, Carmine Monaco d’Ambrosia. Daniele Agiman dirigerà l’Orchestra Filarmonica Pucciniana e il Coro Ars Lyrica.