«Il medico così diventa notaio: avrei votato no»
«Non venitemi a dire che finora vivevamo in una democrazia a diritti limitati…». Gabriele Toccafondi non è più in Parlamento. Ma se avesse dovuto votare sul biotestamento «avrei votato no». Fa però parte del governo, sottosegretario all’Istruzione: ex Forza Italia, poi alfaniano, cattolico praticante. «Non do un giudizio negativo in via pregiudiziale e ideologica del provvedimento, ci sono aspetti che approvo, altri che disapprovo».
Iniziamo dai primi, sottosegretario Toccafondi.
«Prendo atto di alcuni elementi positivi: il no all’accanimento terapeutico, il tema delle volontà, del rapporto paziente-famiglia-medico. Tutti passi avanti dal dibattito sul caso Eluana». Pasai avanti in che senso? «Allora si parlava di eutanasia e non di disposizioni di volontà. E il medico era lasciato fuori dal discorso». Veniamo agli aspetti negativi. «Il mio no alla legge è basato su due punti: il primo riguarda il medico che non può essere trattato alla stregua di un notaio che esegue passivamente la volontà del paziente. Questa legge dice che quando si arriva al punto, il medico può solo prendere atto».
Perché si mette al centro del problema la volontà del paziente...
«Ma sulla morte e sulla vita non può essere così: vita e morte sono parte del mestiere di medico. Che aspira sempre a preservare la vita. È un controsenso». Il secondo aspetto negativo? «Che è il più importante, è il fatto che idratazione e alimentazione artificiali vengano equiparate a farmaci».
Dal punto di vista del malato e della disposizione di volontà, può accadere che alimentazione e idratazione possano fare la differenza tra la vita e la morte. Come un farmaco.
«Non toglierei mai acqua e cibo a nessuno. Un conto è la macchina, l’intervento, il farmaco che ti tiene in vita per forza, altro conto sono acqua e cibo». Per il resto la legge va bene? «Manca la parte che parla degli aiuti alle famiglie. Ma si è evidentemente deciso che non fosse una priorità».
Però, contestare la disposizione su chi abbia l’ultima parola, se il medico o il paziente, equivale a contestare lo spirito stesso della legge, non trova?
«Sì. Ma penso che quando parliamo di un malato terminale che resta in vita per acqua e cibo, stiamo ragionando di una questione di tempo. È su questo terreno che ci avviciniamo pericolosamente all’eutanasia. L’accanimento terapeutico è una cosa diversa». Ma lo spirito della legge… «Se lo spirito della legge è accorciare le sofferenze di chi vuole farla finita, io sono contrario».
Per il governo di cui lei fa parte, questa legge è vista come una vittoria.
«Per me no. Perché questo governo è nato 4 anni fa per mettere in sicurezza il Paese. E lo abbiamo fatto. Non c’era una maggioranza votata su un programma preciso, avrebbe dovuto occuparsi di temi economici e di lavoro, non di questioni etiche di fondo».
Nel suo ex partito, Forza Italia, è stata lasciata libertà di coscienza.
«Ed è bene che ci sia. Io sono un fan della libertà di coscienza. Ma quando si è in una maggioranza sarebbe bene discutere bene prima. In fondo il biotestamento è un tema poco conosciuto, per molti non è affatto scontato che qui non stiamo parlando di eutanasia».
Questo voto sposta equilibri tra le forze politiche?
«Non sposta nulla. Ma per le future alleanze sarà bene essere chiari prima del voto. Penso allo ius soli, su cui sono contrario».
Il dibattito all’interno del governo e della maggioranza… «Non c’è stato dibattito». Lei pensa che il paziente non debba poter decidere di sé oltre un certo punto. Ma qual è questo punto?
«Affido questo giudizio al medico. Solo lui può deciderlo, non la legge».
Se fosse stato parlamentare negli anni 70, come si sarebbe comportato su divorzio e aborto?
«Avrei votato contro l’aborto ma a favore del divorzio».
Ci sono alcuni elementi positivi, però la ventilazione insieme alla idratazione non possono essere equiparate ai farmaci