LE BANCHE E ALTRI FRONTI (A PROPOSITO DI RENZI E C.)
Caro direttore, mi permetto di esprimerle il mio stupore nel vedere affiorare anche sul Corriere Fiorentino il dilagante qualunquismo populista, tramite la penna di David Allegranti, che sul numero del 24 dicembre è riuscito a riempire un lungo articolo sviluppando la duplice accusa di essere, la signora Maria Elena Boschi la figlia del vicepresidente (dal maggio 2014) di Banca Etruria, e il signor Marco Carrai di essere molto amico di Matteo Renzi.
È di tutta evidenza che se il padre della signora Boschi fosse stato un dentista, i medesimi fatti, compiuti dalla figlia e oggetto di ingiustificato scandalo, non avrebbero destato alcun scalpore, ma sarebbero stati ritenuti meritevoli di approvazione. Voglio dire che non esiste alcun specifico fatto compiuto dalla deputata e sottosegretaria al governo che possa far ritenere, o supporre, che la medesima abbia favorito, o tentato di favorire, il proprio padre; lo stesso Ferruccio de Bortoli mesi fa in radio riconobbe che l’interessamento della Boschi con Federico Ghizzoni, ex ad di Unicredit, per Banca Etruria si spiegava con il naturale (e, dico io, doveroso) interessamento di una deputata per una banca importante del suo collegio elettorale. Quanto a Marco Carrai, nella mail a Ghizzoni, Carrai scrive «Ciao Federico... Un abbraccio Marco»; dunque egli è anche molto amico del banchiere Ghizzoni, ma questa volta, non per comuni trascorsi giovanili, come avvenuto con Matteo Renzi, ma per essere il Carrai un grande imprenditore che si rivolge al banchiere di pari livello col tono confidenziale che si usa, e si limita a chiedere informazioni su Banca Etruria per motivi di lavoro, perché richiesto da suoi clienti; il che rappresenta la quotidiana normalità per un uomo d’affari di successo.
Allegranti presume anche di avere le qualità per impartire lezioni a Matteo Renzi e ai renziani che commettono «il solito errore», incipit del pezzo, per concludere che «l’errore dei renziani» è pensare che l’Italia sia «un’immensa Rignano sull’Arno (o una gigantesca Laterina) nella quale non c’è distinzione fra lo strapotere e lo strapaese». Viceversa è il distratto cronista a commettere tale errore poiché egli non si accorge che fra i «renziani» c’è anche l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, consapevole che oggi Renzi rappresenta per l’Italia la figura politica di maggiore spessore e significato per la modernizzazione del Paese. Non sono iscritto al Pd, non conosco Renzi, né la Boschi, né Carrai, e soprattutto non sono «renziano» (tipica vecchia espressione da Prima Repubblica), bensì sono sicuramente per Renzi di nuovo Presidente del Consiglio dei ministri, poiché è suo grande merito quello di aver eliminato dal Pd tutto il gruppo dirigente post comunista e di perseguire una politica espressione di impianto ideologico-culturale totalmente diverso da quello della tradizione sia riformista che comunista, che, come noto (Giuseppe Bedeschi, La prima Repubblica), si prefiggeva il superamento del capitalismo tramite le famigerate «riforme di struttura». Viceversa la politica di Renzi si prefigge un diverso e migliore funzionamento del capitalismo italiano con riforme essenzialmente sovrastrutturali; l’abolizione dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori (introdotto nel 1970 dai socialisti riformisti) e le primarie aperte ai non iscritti al Pd per eleggerne il segretario ne sono i due pilastri.