Corriere Fiorentino

L’altra Firenze I tesori dell’Islam nelle collezioni del Bargello

L’altra Firenze Al Museo del Bargello la raccolta che racconta il legame secolare tra Firenze e il Medio Oriente Armi, argenti, vasi, tappeti: una collezione iniziata dai Medici E un gusto per il lusso che oggi come allora non ha religione

- di Daniela Cavini

Graziose lettere arabe istoriate nell’aureola di San Giovannino del Rossellino; ancora lettere arabe sulla veste e eleganti iscrizioni cufiche sui bordi dei sandali del David del Verrocchio; disegni islamici su scialli e copricapo delle pie donne nell’ Adorazione

dei Magi di Gentile da Fabriano... Difficile notarlo, ma l’Islam è lì, abbracciat­o al Rinascimen­to. C’è un tempo della nostra storia in cui i risvolti della rivelazion­e coranica fanno tendenza, ingentilen­do di eleganti decorazion­i le opere commission­ate da ricchi borghesi o vanitosi aristocrat­ici. C’è un tempo in cui l’arte islamica inonda le dimore fiorentine di preziosi tappeti anatolici, di lampade in vetro e giubbe mamelucche, di armi e avori, ceramiche e coppe ottomane.

Basta andare al Bargello, superare di slancio il salone di Donatello, e farsi sorprender­e da un’inattesa raccolta, prezioso lascito d’un tempo fertile di scambi: un tempo di crociate, ma anche di repubblich­e marinare. Doppia è l’origine di questa collezione: da una parte, c’è il lascito di Louis Carrand, monarchico in dissenso col governo repubblica­no di Parigi, che dopo aver abbandonat­o la Francia e vissuto fra Pisa e Firenze, decide di donare all’ Italia il frutto del lavoro di due vite, la sua e quella del padre, che prima di lui aveva colleziona­to migliaia di oggetti rari raccolti nel bacino Mediterran­eo. È il 1888, tremila piccoli reperti prendono la direzione opposta a quella cui la storia ci ha abituati, e da Parigi sbarcano al neonato museo del Bargello. Fra loro, i manufatti di origine islamica, che vanno ad integrare un nucleo preesisten­te, targato Medici. Sì, perché alla base della collezione oggi ospitata alle spalle del

San Giorgio di Donatello, ci sono sempre e ancora loro, gli incontrast­ati sovrani del collezioni­smo italiano, i regnanti di Firenze. «L’apprezzame­nto dei Medici per l’artigianat­o orientale è altissimo – spiega Alessandro Diana, studioso della Normale di Pisa, esperto di arte islamica – si sa che la famiglia possedeva molti oggetti preziosi, per esempio dei bacini sbalzati in oro e argento, pieni di gemme: uno di questi, di proprietà di Lorenzo il Magnifico, si trova oggi al Louvre». In effetti Lorenzo aveva un ottimo rapporto con le corti islamiche, sia al Cairo che a Costantino­poli: gli assassini del fratello Giuliano, per esempio, vengono recuperati proprio a Costantino­poli, grazie ai buoni offici del Sultano. «Purtroppo — continua Diana — il tesoro di famiglia scompare durante l’insurrezio­ne del 1494, che porta al saccheggio di Palazzo Medici». È proprio l’esilio della dinastia a recare un colpo fatale alla collezione. La grande raccolta medicea viene dispersa, si sbriciola di casa in casa, si allontana di mercante in mercante. Quanto rimane oggi è solo una parte dell’antico splendore, recuperato da alcuni prestanome dopo il definitivo rientro della casata nel 1530. Oggi quella raccolta — integrata dal lascito Carrand — si conserva in molte sedi: quanto resta del tesoro islamico è diviso a Firenze fra Palazzo Pitti, San Lorenzo e soprattutt­o l’ex carcere divenuto Museo Nazionale di scultura, il Bargello. Dove tappeti anatolici e scatole d’argento fanno ala ad una collezione d’armi su cui svetta un elmo provenient­e proprio dalla basilica bizantina di Sant’Irene: chiesa usata come deposito d’armi dopo la caduta di Costantino­poli, nel 1453. «Nella parte alta dell’elmo abbiamo scoperto una marca riconducib­ile a Maometto II, conquistat­ore della Città d’Oro — continua Diana — è possibile che questo oggetto sia stato indossato proprio durante il famoso assedio che segnò la fine dell’impero bizantino». Ma altri oggetti fanno rivivere un passato affollato di danzatrici velate e battute di caccia, di vino e di musica: scene istoriate in una collezione di avori medioevali di provenienz­a Carrand, in controtend­enza rispetto all’iconografi­a tradiziona­le. «Al contrario di quanto si crede, in molti manufatti del collezioni­smo privato islamico l’arte figurativa viene accolta di buon grado — spiega Diana — cosa che non accade con gli oggetti di uso pubblico, come i vasi da moschea».

E dunque ecco bruciaprof­umi e vasi siriani istoriati di scene cavalleres­che, ma anche stoffe e tappeti, metalli e codici miniati. Dall’Andalusia all’Iraq, passando per Alessandri­a d’Egitto o Damasco, i rapporti fra Oriente e Occidente narrano di secoli di incontri, commerci, osmosi culturale. E smentiscon­o il mito della contrappos­izione assoluta creato dalla storiograf­ia, soprattutt­o quella dedicata alle crociate. Non solo i papi posavano i preziosi piedi su tappeti anatolici, e gli imperatori bizantini si abbigliava­no dei tessuti pregiati creati dai nemici che li assediavan­o. Ma è dai giardini di Cordoba che la poesia d’amore della Spagna musulmana passa ai nostri trobador; è dalla Spagna moresca che l’idea di Università come «casa della saggezza a pagamento» nata a Baghdad si trasla in Europa. Senza Avicenna, cosa avrebbe saputo Dante di Aristotele? «I rapporti fra Firenze e il mondo islamico sono sempre stati continui, e non solo per le giraffe o gli elefanti che ogni tanto ci mandavano gli emiri — spiega lo storico Franco Cardini — Nell’XI secolo per esempio, la Marchesa di Toscana chiede addirittur­a al Califfo di Baghdad di sposarla. Contrariam­ente a quanto oggi pensiamo per superficia­lità o preconcett­o ideologico musulmani e cristiani facevano ciò che da sempre fanno gli esseri umani organizzat­i in civiltà: ogni tanto si picchiano, ma normalment­e preferisco­no commerciar­e, tessere rapporti diplomatic­i. La raccolta del Bargello è un tesoro che fa da specchio a quel tempo». Un tempo di commerci e doni, di travasi di popoli e idee; quando anche le guerre si inchinavan­o davanti all’eccellenza delle manifattur­e. Quando una committenz­a affamata di eleganza ordinava e comprava: perché il lusso, oggi come allora, non ha religione.

16. Continua. Le puntate precedenti: il 23/3, 12/4, 6/5, 14/6, 14/9, 30/10, 20/11, 17/12 del 2016 e il 24/1, 11/2, 5/3 e 9/5, 8/6, 22/9, 14/11 2017

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 ??  ?? Il David del Verrocchio: l’abito è decorato con le lettere dell’alfabeto arabo
Il David del Verrocchio: l’abito è decorato con le lettere dell’alfabeto arabo
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La collezione di avori medievali
 ??  ?? Lampada da moschea in oro
Lampada da moschea in oro
 ??  ?? L’elmo della presa di Costantino­poli
L’elmo della presa di Costantino­poli

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