L’altra Firenze I tesori dell’Islam nelle collezioni del Bargello
L’altra Firenze Al Museo del Bargello la raccolta che racconta il legame secolare tra Firenze e il Medio Oriente Armi, argenti, vasi, tappeti: una collezione iniziata dai Medici E un gusto per il lusso che oggi come allora non ha religione
Graziose lettere arabe istoriate nell’aureola di San Giovannino del Rossellino; ancora lettere arabe sulla veste e eleganti iscrizioni cufiche sui bordi dei sandali del David del Verrocchio; disegni islamici su scialli e copricapo delle pie donne nell’ Adorazione
dei Magi di Gentile da Fabriano... Difficile notarlo, ma l’Islam è lì, abbracciato al Rinascimento. C’è un tempo della nostra storia in cui i risvolti della rivelazione coranica fanno tendenza, ingentilendo di eleganti decorazioni le opere commissionate da ricchi borghesi o vanitosi aristocratici. C’è un tempo in cui l’arte islamica inonda le dimore fiorentine di preziosi tappeti anatolici, di lampade in vetro e giubbe mamelucche, di armi e avori, ceramiche e coppe ottomane.
Basta andare al Bargello, superare di slancio il salone di Donatello, e farsi sorprendere da un’inattesa raccolta, prezioso lascito d’un tempo fertile di scambi: un tempo di crociate, ma anche di repubbliche marinare. Doppia è l’origine di questa collezione: da una parte, c’è il lascito di Louis Carrand, monarchico in dissenso col governo repubblicano di Parigi, che dopo aver abbandonato la Francia e vissuto fra Pisa e Firenze, decide di donare all’ Italia il frutto del lavoro di due vite, la sua e quella del padre, che prima di lui aveva collezionato migliaia di oggetti rari raccolti nel bacino Mediterraneo. È il 1888, tremila piccoli reperti prendono la direzione opposta a quella cui la storia ci ha abituati, e da Parigi sbarcano al neonato museo del Bargello. Fra loro, i manufatti di origine islamica, che vanno ad integrare un nucleo preesistente, targato Medici. Sì, perché alla base della collezione oggi ospitata alle spalle del
San Giorgio di Donatello, ci sono sempre e ancora loro, gli incontrastati sovrani del collezionismo italiano, i regnanti di Firenze. «L’apprezzamento dei Medici per l’artigianato orientale è altissimo – spiega Alessandro Diana, studioso della Normale di Pisa, esperto di arte islamica – si sa che la famiglia possedeva molti oggetti preziosi, per esempio dei bacini sbalzati in oro e argento, pieni di gemme: uno di questi, di proprietà di Lorenzo il Magnifico, si trova oggi al Louvre». In effetti Lorenzo aveva un ottimo rapporto con le corti islamiche, sia al Cairo che a Costantinopoli: gli assassini del fratello Giuliano, per esempio, vengono recuperati proprio a Costantinopoli, grazie ai buoni offici del Sultano. «Purtroppo — continua Diana — il tesoro di famiglia scompare durante l’insurrezione del 1494, che porta al saccheggio di Palazzo Medici». È proprio l’esilio della dinastia a recare un colpo fatale alla collezione. La grande raccolta medicea viene dispersa, si sbriciola di casa in casa, si allontana di mercante in mercante. Quanto rimane oggi è solo una parte dell’antico splendore, recuperato da alcuni prestanome dopo il definitivo rientro della casata nel 1530. Oggi quella raccolta — integrata dal lascito Carrand — si conserva in molte sedi: quanto resta del tesoro islamico è diviso a Firenze fra Palazzo Pitti, San Lorenzo e soprattutto l’ex carcere divenuto Museo Nazionale di scultura, il Bargello. Dove tappeti anatolici e scatole d’argento fanno ala ad una collezione d’armi su cui svetta un elmo proveniente proprio dalla basilica bizantina di Sant’Irene: chiesa usata come deposito d’armi dopo la caduta di Costantinopoli, nel 1453. «Nella parte alta dell’elmo abbiamo scoperto una marca riconducibile a Maometto II, conquistatore della Città d’Oro — continua Diana — è possibile che questo oggetto sia stato indossato proprio durante il famoso assedio che segnò la fine dell’impero bizantino». Ma altri oggetti fanno rivivere un passato affollato di danzatrici velate e battute di caccia, di vino e di musica: scene istoriate in una collezione di avori medioevali di provenienza Carrand, in controtendenza rispetto all’iconografia tradizionale. «Al contrario di quanto si crede, in molti manufatti del collezionismo privato islamico l’arte figurativa viene accolta di buon grado — spiega Diana — cosa che non accade con gli oggetti di uso pubblico, come i vasi da moschea».
E dunque ecco bruciaprofumi e vasi siriani istoriati di scene cavalleresche, ma anche stoffe e tappeti, metalli e codici miniati. Dall’Andalusia all’Iraq, passando per Alessandria d’Egitto o Damasco, i rapporti fra Oriente e Occidente narrano di secoli di incontri, commerci, osmosi culturale. E smentiscono il mito della contrapposizione assoluta creato dalla storiografia, soprattutto quella dedicata alle crociate. Non solo i papi posavano i preziosi piedi su tappeti anatolici, e gli imperatori bizantini si abbigliavano dei tessuti pregiati creati dai nemici che li assediavano. Ma è dai giardini di Cordoba che la poesia d’amore della Spagna musulmana passa ai nostri trobador; è dalla Spagna moresca che l’idea di Università come «casa della saggezza a pagamento» nata a Baghdad si trasla in Europa. Senza Avicenna, cosa avrebbe saputo Dante di Aristotele? «I rapporti fra Firenze e il mondo islamico sono sempre stati continui, e non solo per le giraffe o gli elefanti che ogni tanto ci mandavano gli emiri — spiega lo storico Franco Cardini — Nell’XI secolo per esempio, la Marchesa di Toscana chiede addirittura al Califfo di Baghdad di sposarla. Contrariamente a quanto oggi pensiamo per superficialità o preconcetto ideologico musulmani e cristiani facevano ciò che da sempre fanno gli esseri umani organizzati in civiltà: ogni tanto si picchiano, ma normalmente preferiscono commerciare, tessere rapporti diplomatici. La raccolta del Bargello è un tesoro che fa da specchio a quel tempo». Un tempo di commerci e doni, di travasi di popoli e idee; quando anche le guerre si inchinavano davanti all’eccellenza delle manifatture. Quando una committenza affamata di eleganza ordinava e comprava: perché il lusso, oggi come allora, non ha religione.
16. Continua. Le puntate precedenti: il 23/3, 12/4, 6/5, 14/6, 14/9, 30/10, 20/11, 17/12 del 2016 e il 24/1, 11/2, 5/3 e 9/5, 8/6, 22/9, 14/11 2017