UN CODICE ANTI-BRUTTURE
Ci poniamo il quesito se a Firenze la tutela dell’estetica cittadina sia un obiettivo primario del Comune, o se i codici estetici rappresentino una sorta di categoria secondaria, comunque marginale. I fiorentini che amano la loro città, e che si oppongono al suo degrado, non possono che propendere per la seconda ipotesi. Purtroppo. La deriva non risparmia di certo le periferie, ma si evidenzia in tutta la sua gravità, nonostante gli ultimi sforzi di Palazzo Vecchio, soprattutto nel centro storico, già sottoposto ad un suo progressivo snaturamento generato anche dall’aumento esponenziale dei flussi turistici (che vanno solo gestiti meglio e non demonizzati). Piazze trasformate in trattorie, in un’accozzaglia di tavoli e sedie dei più disparati stili e materiali, invadenti dehors di caffè e ristoranti che impediscono la vista di importanti palazzi e monumenti, chiusura delle botteghe di quartiere, scomparsa degli esercizi storici, abitazioni familiari trasformate in bed and breakfast. Si aggiunge a ciò il problema diffuso e gravissimo delle imbrattature di edifici, dei cartelli stradali piantati senza rispetto su facciate cinquecentesche, delle insegne commerciali invasive e deturpanti, di antenne paraboliche e di condizionatori in bella mostra. Sui tetti di Firenze poi è un vero far west. Altro che il cliché di Camera con vista. Un quadro d’insieme serio e preoccupante che imporrebbe alla governance una sollecita ricognizione degli ambiti dove, in maniera più eclatante, spesso per responsabilità di più amministrazioni, è violato il concetto di decoro. E al tempo stesso l’elaborazione di un protocollo che individui e definisca codicicriteri estetici cui attenersi in administrando
et in vigilando. Come, opportunamente, propone Cristina Acidini a proposito dello scempio del ponte Santa Trinita su questo giornale il 30 dicembre. Un protocollo che contempli, altresì, divieti a tutela del decoro e sanzioni certe avverso chi non li rispetta. «La bellezza salverà il mondo» dice il principe Myškin ne L’idiota di Dostoevskij (per l’appunto terminato proprio a Firenze, in una casa in piazza Pitti). Indubbiamente la bellezza ha salvato nei secoli Firenze. E potrà continuare a farlo se tale bellezza saprà essere amata e tutelata. In sintesi, come rimanere indifferenti a fronte di un decoro offeso e di una bellezza ferita in una città straordinaria? Ai suoi amministratori, dunque, non può che pervenire l’invito, e il più pressante, a fronteggiare la situazione con iniziative non sporadiche ma convergenti verso il medesimo obiettivo. Prima che sia troppo tardi.