Pd-M5S, la supersfida è qui
I grillini: vogliamo vincere nel fortino di Renzi. I Democratici: non siete credibili
Tanti toscani tra le persone che hanno dato l’assalto al sito del Movimento Cinque Stelle per presentare le autocandidature alle parlamentarie. E il M5S toscano gongola: «Qui puntiamo a fare un risultato importante, per dare un segnale a tutta Italia: il Pd non incarna più la storia del centrosinistra». I Democratici, con Laura Cantini, replicano: «I grillini non sono credibili e abusano delle primarie. In Toscana resteremo il primo partito».
A Livorno correrà l’ex capitano De Falco, che disse a Schettino: “Salga a bordo, c .... ”
È assalto a Rousseau. Sono tantissimi i cittadini toscani che si sono registrati sul sito web Cinque Stelle per autocandidarsi alle parlamentarie del Movimento. I nomi non sono ancora pubblici, ma partirà proprio da loro l’offensiva grillina al «fortino rosso». Perché in Toscana, i Cinque Stelle non giocano affatto sulla difensiva. E se Matteo Renzi ha chiesto a Dario Parrini e Antonio Mazzeo, segretario e vicesegretario del Pd regionale, di assicurare il 40% in Toscana, i grillini non si nascondono: «Puntiamo a un risultato importante anche in Toscana, soprattutto in Toscana — dicono dal Movimento — Questa regione ha un’importante storia di centrosinistra che ormai non è più incarnata dal Pd. La Toscana quindi diventa fondamentale per dare un segnale a tutto il Paese: l’attuale sistema di potere non ha più credibilità». Ieri, l’assalto a Rousseau ha provocato uno slittamento della chiusura delle registrazioni dalle 12 alle 17. Il sito è andato il tilt per i troppi accessi: «Ma quale falla, stop alle fake news, la piattaforma ha solo ricevuto un numero altissimo di candidature e per questo c’è stato qualche rallentamento», ha commentato il parlamentare fiorentino Alfonso Bonafede. Lui, al pari di altri uscenti toscani come Laura Bottici e Sara Paglini, è pronto a ricandidarsi. Ma la vera novità, come riporta il Corriere della Sera di oggi, è la candidatura a Livorno del capitano Gregorio De Falco, divenuto famoso per il «salga a bordo cazzo» rivolto al comandante Schettino la notte del naufragio della Concordia.
L’ex grillino Massimo Artini (Alternativa Libera) ironizza su Rousseau e ricorda i rilievi mossi dal Garante della Privacy e dagli esperti di Princeton sulla «profilazione» e sulla tracciatura delle password di chi si registra sul sito. Poi va all’attacco: «I big dei Cinque Stelle non si candideranno all’uninominale perché il Movimento garantirà a un gruppo di nullafacenti di avere un lavoro anche per i prossimi 5 anni». Dello stesso avviso l’ex pentastellata Alessandra Bencini: «Di Maio, il capo politico, si guarda bene dall’affrontare la sfida nei collegi uninominali e si barrica nel più confortevole fortino del listino bloccato». Artini e Bencini fanno parte della schiera di parlamentari che il Movimento considera «traditori». Così, per la prossima legislatura, pur tra tanti dubbi di legittimità costituzionale, Grillo ha deciso di multare chi cambierà casacca. Eppure anche quegli eletti furono scelti con le parlamentarie. «È uno strumento che ha ancora senso — spiega Bonafede — dal momento che esistono i collegi plurinominali. Noi, anziché presentare agli elettori delle liste bloccate decise dalla segreteria di partito, facciamo decidere i cittadini. E per i collegi uninominali, accetteremo anche persone non iscritte al Movimento ma che hanno una storia importante in quel territorio». Quanto ai rischi di selezionare un gruppo parlamentare poco affidabile o di dubbia qualità, Bonafede prosegue: «Noi siamo gli unici che ci siamo posti il problema del cambio di casacca. Non solo abbiamo deciso di mettere una sanzione da 100 mila euro, ma abbiamo anche deciso che la valutazione dei candidati dovrà anche essere fatta dal garante e dal capo politico. Ovvero Grillo e Di Maio (che sceglieranno anche i collegi dove i candidati accettati si dovranno presentare, ndr). È una novità rispetto a cinque anni fa: resta l’impulso da parte dei cittadini, ma poi c’è un diritto di veto del garante. Sarà utile di fronte a una persona che è riuscita a crearsi un consenso, ma non risponde ai valori del Movimento».
Sui territori c’è chi, come il sindaco di Livorno Filippo Nogarin, tra cambi di casacca e espulsioni, si è ritrovato con una maggioranza risicatissima in consiglio comunale. E quindi apprezza il diritto di veto: «Serve a garantire stabilità. Livorno è un esempio che forse in passato siamo un po’ mancati in termini di visione politica». Il sindaco non crede che il «veto» rinneghi la filosofia «dal basso» del Movimento: «Siamo cresciuti, maturati. Ma la spinta arriva ancora dal basso, e questa novità non ci snatura, è solo un piccolo correttivo». Nogarin e il sindaco carrarino Francesco De Pasquale saranno tra i vessilli che i grillini sventoleranno durante la campagna elettorale: «Il loro buon governo — spiegano i vertici grillini — sarà fondamentale per spiegare la bontà della nostra proposta politica».