May: «Brexit e Olimpiadi saltate, ora non ho più fiducia in nessuno»
Rincorsa, stacco, volo, atterraggio. Poi un attimo per voltarsi indietro, prima di tornare a guardare avanti. Cambiare anno con Fiona May (origini giamaicane, adolescenza britannica e maturità italiana: anzi, fiorentina), 49 anni pluricampionessa dell’atletica (2 argenti olimpici e 3 ori mondiali tra i titoli pregiati), icona dello sport pulito e integrato, è come assistere a un performance di salto in lungo.
Fiona, quali sono le cose belle dello sport che si porterebbe dietro nel nuovo anno e quali invece lascerebbe volentieri al passato?
«Partendo dall’atletica, che è il mio sport, mi porterei dietro il ricordo di Usain Bolt, un campione unico. A Londra è stata una tristezza vederlo sconfitto da Galtin nella finale d’addio dei 100 metri, ma Bolt resterà un mito eterno dello sport, non sarà facile ritrovare uno come lui. Purtroppo, del 2017 ci sono anche molte cose da dimenticare. Sullo stato di salute della nostra atletica, ho già fatto commenti pesanti, non riusciamo a evolvere, a stare al passo con il resto del mondo. Non possiamo mettere troppe pressioni su uno o due atleti. Quando arrivano ad alti livelli, i nostri giovani si perdono. Dobbiamo seguirli con maggiore attenzione, anche tramite percorsi di sport e di studio».
Alcuni messaggi positivi però sembrano essere arrivati, a livello individuale, sia dall’atletica che dalle altre discipline. E sono messaggi di atleti toscani: la velocista senese Irene Siragusa, i successi mondiali nel nuoto con Gabriele Detti, nel tiro a volo con Gabriele Rossetti, fino alla fiorettista Alice Volpi. «Irene Siragusa ha fatto bene alle Universiadi, non mi sbilancio su di lei, perché la conosco poco, dico solo che i campionati del mondo sono un’altra cosa. Il nuoto è una disciplina che dovrebbe essere presa a modello vincente, perché è sempre in grado di offrire un ricambio generazionale. Non c’è bisogno di commentare la Pellegrini, ma oltre a lei escono sempre altri campioni, Gabriele Detti è uno di questi. Prendiamo la loro federazione, i loro allenatori, i loro programmi, e copiamo dal nuoto. Mi sembra la strada più semplice».
A livello sportivo, sia toscano che nazionale, non manchiamo di eccellenze individuali, tuttavia non riusciamo a emergere nelle specialità di squadra. È una mancanza di organizzazione, o cos’altro?
«Negli sport di squadra ci sono tanti ego, tante personalità, tante dinamiche. Servono allenatori bravi, ma soprattutto carismatici, che sappiano gestire il gruppo non solo tecnicamente ma psicologicamente. Il segreto è questo. Oggi tutto è più difficile, la base
partecipativa si è allargata, la faccia terrestre dello sport è cambiata, bisogna avere una mentalità globalist, come dico io. Forse è questa mentalità che manca in Italia».
Sempre in tema di sport di squadra, quanto l’ha delusa il fallimento della Nazionale maschile di calcio?
«Tantissimo, ero sotto choc. Sono una sensibile, e non cerco mai alibi. Non è vero che nel girone di qualificazione avevamo la strada sbarrata dalla Spagna. Semplicemente, abbiamo dimostrato di non essere mentalmente forti. Anche contro la Svezia abbiamo avuto tante opportunità ma siamo entrati in campo da sconfitti, e ci hanno fregato di testa. È stato molto brutto, invece di guardare avanti siamo tornati indietro al 1958. E aggiungo un’altra cosa: tanti amici mi hanno chiamato per chiedermi perché Mario Balotelli non fosse stato convocato. Ho risposto loro che forse c’erano motivi di politica sportiva che non conoscevo. Preciso, non è una questione di affinità di pelle, ma i migliori devono essere sempre presenti nei momenti decisivi».
Rimanendo al calcio, lei collabora con la Figc riguardo a un’iniziativa di integrazione chiamata «Progetto Rete». Lo sport è lo strumento ideale per integrare e per annullare le differenze?
«Lo sport è il mezzo ideale per risolvere tanti problemi, non solo quelli legati all’integrazione. Il Progetto Rete è piaciuto all’Uefa, la Federcalcio è l’unica delle 55 federazioni affiliate ad aver lanciato questa iniziativa che accompagna i ragazzi dai 16 ai 19 anni, li aiuta a lavorare insieme, a crescere insieme giocando,
a superare le difficoltà, a gioire. Non riguarda solo i giovani che hanno lo status di rifugiati, si inserisce in un contesto più ampio e profondo. Sono contentissima per i risultati finora ottenuti».
Integrazione e razzismo. In un’intervista lei ha confessato che in Italia siamo ancora 20 anni indietro rispetto alla Gran Bretagna. È sempre così?
«Siamo ancora indietro di 20 anni, non solo rispetto alla Gran Bretagna ma al Belgio, alla Germania, alla Francia. Oggi non si tratta più di un problema di colore della pelle, si tratta di condividere la nostra cultura, per migliorare insieme la società civile. E questo è un passaggio che incute ancora timore nelle persone».
Stiamo entrando in un altro anno olimpico. Fra un mese scatteranno i Giochi invernali di Pyeongchang e la situazione politica tra le due Coree rimane delicata. Quanto è preoccupata?
«Sono molto preoccupata perché conosco bene l’atmosfera dell’Olimpiade. In questo momento gli atleti avrebbero bisogno di pensare soltanto alla preparazione, e non alle crisi di politica internazionale. Mi auguro che venga rispettata la tregua olimpica, che si assista a uno spettacolo di pace e tranquillità. Anche perché i Giochi ci insegnano che al mondo siamo tutti uguali. Ho molta fiducia nel Cio, più che nelle diplomazie internazionali».
A proposito di Olimpiade, Roma 2024 è stata anche per lei un’occasione persa?
«In questo momento storico sarebbe stata una grande occasione di legacy, se sfruttata nel rispetto della trasparenza degli investimenti. Purtroppo i nostri politici non sono stati di questo avviso, per tanti l’Olimpiade è stata vista come uno spreco di denaro e di tempo. Mia figlia Larissa, che pratica atletica, un giorno mi ha detto: “Mamma, nel 2024 avrò 22 anni, sarebbe ganzo se mi qualificassi per l’Olimpiade di Roma”. Ecco, l’Olimpiade era un sogno anche per i nostri giovani».
Non solo Olimpiade. Tra pochi mesi l’Italia tornerà al voto politico. A chi andrà la sua preferenza?
«Faccio una premessa: dopo la Brexit non ho più fiducia in niente, sono arrivata a un punto in cui non oso più immaginarmi niente. L’Europa, dalla Spagna all’Italia, vive un momento particolarissimo. Farò la mia scelta poco prima del voto, sto leggendo molto per capire i programmi politici che intendono sostenere le nuove generazioni. Oggi gli italiani sono avvolti dalla paura, parlo di paura nel senso generale del termine, della paura finanziaria di perdere i propri beni, della paura fisica con riferimento al mondo che ci attende fuori di casa. Spero che i politici eletti abbiano finalmente a cuore il Paese, sappiano riconsegnare serenità alle persone. Noi come toscani siamo già fortunati per il fatto di vivere in una delle regioni più belle, più efficienti e più attente ai bisogni della popolazione».
Dopo quel voto ho perso interesse, l’Europa vive un momento particolare Prima credevo nella politica, adesso sceglierò a chi affidarmi solo poco prima di arrivare all’urna Gli italiani sono avvolti dal timore di non farcela ad arrivare a fine mese, dalla diffidenza verso l’altro Spero che i politici ci ridiano serenità, la stessa che c’è nella nostra Toscana