Io e il ‘68
Giannozzo Pucci: «Insabbiate le nostre battaglie»
«La prima esperienza di una solidarietà vissuta e gratuita è stata in occasione dell’alluvione di Firenze nel 1966. Ci fu un ampio movimento di solidarietà che ha influenzato moltissimo la vita della città e di chi ha partecipato da volontario alla sua rinascita».
A fare memoria di quegli anni è Giannozzo Pucci, testimone partecipe di quella stagione straordinaria. Appartenente a una delle più antiche famiglie fiorentine, i documenti su di essa risalgono al XIII secolo, Giannozzo si è battuto e continua a battersi per una società in linea con quelle tradizioni naturali che sono il fondamento del vivere comunitario. L’impegno nel mondo cattolico fiorentino, i Quaderni di Ontignano, l’agricoltura naturale e il ritorno alla terra, la fierucola del pane, sono iniziative partorite da una comunità di cui Giannozzo Pucci è l’ispiratore e il protagonista. Raccogliere quelle esperienze e riviverle alla luce della più autentica tradizione cattolica non deve essere stato facile. Da quei ricordi, da quelle esperienze è nato un libro: La rivoluzione integrale. Idee e proposte ispirate all’ ecologia integrale dell’enciclica Laudato si’, pubblicato alcune settimane fa dalla Libreria Editrice Fiorentina che guida dal 2004. Una silloge che guarda al mondo dell’ecologia, alla luce degli scritti dei padri della Chiesa e in particolare della
Laudato si’ di Papa Francesco: «È lì che abita la vera rivoluzione integrale — afferma Giannozzo Pucci — da qui il titolo del mio libro, perché sono convinto che Papa Francesco sia riuscito a dare un fondamento radicale alle tendenze che si oppongono allo sfruttamento della terra, al consumismo, alle ideologie materialiste».
Lei nel suo libro parte da lontano, dai discorsi di Mario Savio al campus universitario di Berkley nel 1964, il movimento studentesco nasce in Italia assai più tardi.
«Proprio così, Savio si batteva contro il meccanicismo delle società industriali e si opponeva a che le Università sfornassero clienti anziché uomini liberi».
Prima il movimento studentesco a Firenze, poi l’esperienza con le Liste Verdi e il suo allontanamento dall’ecologismo politico creato da Rutelli e dai Verdi arcobaleno. Un percorso travagliato il suo. «Capisco che possa apparire tale, ma non è così. Come scrivo ne La rivoluzione integrale, sono entrato nel movimento studentesco alla facoltà di Architettura dell’ateneo fiorentino. Ero in un gruppo con Umberto Eco che lo guidava. I temi erano quelli dell’anticonsumismo che già coltivavo. Poi prevalsero le parole d’ordine di derivazione marxista che secondo me portavano fuori strada. Risuonavano argomenti vecchi di due secoli che smorzavano la critica alla società dei consumi». Quest’anno cadono i cin-
quant’anni dal Sessantotto che lei ha vissuto da vicino. Nelle pagine del libro mi pare di percepire parecchia delusione.
«È vero, secondo me il Sessantotto è stato ingoiato dal sistema. Dai liberali del Settecento ai giacobini poi i marxisti e i fascisti avevano un tratto comune: puntavano ad eliminare qualsiasi cosa ci fosse tra l’individuo e lo Stato, qualsiasi democrazia del quotidiano
per ridurla al solo momento elettorale quando c’era. Destra e Sinistra non sono opzioni alternative. Il Sessantotto si è insabbiato anche perché ha preso per buone queste categorie, solo apparentemente antitetiche e invece funzionali alle società borghesi e consumiste». E i Verdi?
«Quando a Firenze ha avuto inizio il movimento verde, nel 1985, vi sono confluite persone che provenivano da esperienze politiche diverse, altri come me che hanno visto in questo movimento e nella simpatia che suscitava tra la gente, una novità politica. Sono entrato nel movimento verde a Firenze quando si sono radunate queste persone. Prima esistevano soltanto iniziative sui singoli aspetti».
Lei ha lavorato per la federazione delle Liste Verdi, proprio per dare uno sbocco politico a queste iniziative sparse ed è stato eletto consigliere comunale di Firenze nel 1990.
«Sì è vero, volevamo portare avanti un progetto politico nel quale i vari soggetti godessero della loro autonomia, un po’ come nei comuni medievali per fare un esempio. Non siamo riusciti a creare un centro forte purtroppo».
Quindi la sua rivoluzione integrale passa da questi momenti fondanti...
«Certo ma ribadisco che il punto focale è la Laudato si’ di Papa Francesco».
Alla fine del suo libro lei fa una dedica particolare a Giorgio La Pira, dopo peraltro aver ricordato l’importanza di personaggi come Don Milani, Elia Dalla Costa, Don Divo Barsotti, insomma la grande stagione del cattolicesimo fiorentino.
«La visione di La Pira rappresenta un fondamentale contributo a quella che io chiamo rivoluzione integrale soprattutto per il ruolo che egli attribuiva a Firenze. Ha saputo disegnare una parte del sogno, la rivoluzione si fa pensando a una realtà diversa da quella che abbiamo, sostituendo le cose che non vanno con il come dovrebbero andare. La Pira ha sognato tutto questo e noi lo facciamo ancora sennò che rivoluzione integrale sarebbe?».
Alla facoltà di architettura ero in un gruppo guidato da Umberto Eco