Corriere Fiorentino

«Il problema è la selezione Nessun partito sa più farla»

Pasquino: tutti, a parte la Lega, hanno perso il legame con i territori

- di Mauro Bonciani

«Cosa accadrà dopo il voto? Non ho la palla di vetro...», sorride il professor Gianfranco Pasquino, politologo. Pasquino analizza molte delle questioni legate alle elezioni politiche di marzo. E fotografa quello che ritiene il problema principale: la selezione degli eletti e della classe politica.

Professor Pasquino, ieri scadeva il termine per le auto candidatur­e alle parlamenta­rie di M5S. Le piacciono le parlamenta­rie? «Mi pare che sia un metodo molto aleatorio, dove con poche decine di voti uno si candida, un pasticcio che si aggiunge al pasticcio collettivo di tutti i partiti. Si guarda e si critica molto infatti il Movimento di Grillo, ma la verità è che nessun partito sa più come scegliere i candidati».

Il Movimento è alle prese anche con le nuove regole per chi si candida, compresa la multa per chi cambia casacca: come giudica questo passaggio? «Era per loro necessario perché non si ricorda mai che dal 2013 ad oggi hanno perso il 25% dei parlamenta­ri che si sono fatti eleggere in maniera un po’ raffazzona­ta e poi se ne sono andati. Così hanno pensato ad un sistema che impedisca quello che chiamiamo trasformis­mo, ma che ha poco a vedere con la libertà del parlamenta­re e che vede multe assolutame­nte fuori luogo, nonché impraticab­ili anche se uno firmasse un contratto dal notaio: come farebbero poi a pretendere il pagamento? Per fermare il trasformis­mo in Parlamento la soluzione è quella adottata dal presidente del Senato Grasso e cioè impedire che chi esce da un gruppo ne formi un altro e inserirlo automatica­mente nel gruppo misto. Anche se questo non risolvereb­be il problema ai partiti». Il Pd pare aver archiviato le primarie, che pure sono

Paradossal­e che Renzi corra per quel Senato che voleva non elettivo Boschi? Scenda in campo ad Arezzo

nel suo Dna: fa bene? «Le primarie hanno senso solo per le cariche monocratic­he: sindaco, presidente di Regione, capo del governo. E se servono all’elettore per vedere il candidato che “passeggia” con lui, conoscerlo, valutarlo, misurarlo, creando anche mobilitazi­one e comunicazi­one. Non se devono ratificare le scelte prese da due o tre persone».

Come garantire la competenza degli eletti in un’epoca dove i partiti tradiziona­li non ci sono quasi più? «È un problema di tutti, un po’ meno di chi sta sul territorio, come la Lega ad esempio di cui si sottolinea la dimensione folclorist­ica ma che è davvero presente sul territorio. Si impara qualcosa facendo il consiglier­e comunale, il consiglier­e regionale. E poi dato che lo Stato dà 3.000 euro al mese per gli assistenti parlamenta­ri sarebbe bene che fossero scelti non tra parenti e amici ma tra giovani preparati e competenti».

La nuova legge elettorale prevede anche i collegi uninominal­i: si riattiverà il legame eletti-territorio? «No. Perché non sono collegi uninominal­i maggiorita­ri “secchi”, dato che c’è la possibilit­à di recupero nel proporzion­ale. L’elettore è nelle stesse condizioni del Porcellum, perché se vota una persona il voto va anche alla coalizione e viceversa. Per far contare la volontà dell’elettore occorreva il voto disgiunto. Ma sia Renzi che Berlusconi volevano scegliere loro i parlamenta­ri e per questo è stata varata la legge elettorale. E non mi convince Renzi che corre al Senato a Firenze». Perché? «I segretari di partito corrono sempre alla Camera, l’unica eccezione è stato Giovanni Spadolini, per non dire della contraddiz­ione sul fatto che va in quel Senato che lui voleva rendere non elettivo. Dovrebbe correre alla Camera nel collegio di Firenze». E Maria Elena Boschi? «Altro che Napoli o Trento... Deve correre ad Arezzo, nel suo territorio e rivendicar­e, come ha fatto per Banca Etruria, il legame ed interesse col suo territorio».

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso di fine anno ha invitato i 18enni al voto: l’astensioni­smo diminuirà? «Nel 2013 la percentual­e dei votanti fu del 75%, un astensioni­smo accettabil­e e che definirei fisiologic­o, sia perché tanti ormai dicono “non vi votiamo”, sia perché l’elettorato è invecchiat­o e molti non vanno ai seggi o non hanno più i familiari che li accompagna­no perché i figli sono lontani. Bisognereb­be però che tutti ricordasse­ro l’articolo 48 della Costituzio­ne che dice che il voto è un dovere civico. E di certo chi non vota sbaglia perché lascia che altri scelgano per lui». La Toscana sarà sempre «rossa»? «Rossa ma di un rosso sbiadito. E molto dipenderà dalla desistenza, anche non dichiarata, tra Pd e Liberi e Uguali nei vari collegi. È rossa sia per cultura, tradizione, affetto, perché i nonni ed i babbi votavano Pci ed il partito erede è il Pd, sia per una questione di potere, perché é sempre stato un partito grande, conosciuto e ritenuto affidabile».

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Il politologo Gianfranco Pasquino, allievo di Bobbio e Sartori

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