«Il problema è la selezione Nessun partito sa più farla»
Pasquino: tutti, a parte la Lega, hanno perso il legame con i territori
«Cosa accadrà dopo il voto? Non ho la palla di vetro...», sorride il professor Gianfranco Pasquino, politologo. Pasquino analizza molte delle questioni legate alle elezioni politiche di marzo. E fotografa quello che ritiene il problema principale: la selezione degli eletti e della classe politica.
Professor Pasquino, ieri scadeva il termine per le auto candidature alle parlamentarie di M5S. Le piacciono le parlamentarie? «Mi pare che sia un metodo molto aleatorio, dove con poche decine di voti uno si candida, un pasticcio che si aggiunge al pasticcio collettivo di tutti i partiti. Si guarda e si critica molto infatti il Movimento di Grillo, ma la verità è che nessun partito sa più come scegliere i candidati».
Il Movimento è alle prese anche con le nuove regole per chi si candida, compresa la multa per chi cambia casacca: come giudica questo passaggio? «Era per loro necessario perché non si ricorda mai che dal 2013 ad oggi hanno perso il 25% dei parlamentari che si sono fatti eleggere in maniera un po’ raffazzonata e poi se ne sono andati. Così hanno pensato ad un sistema che impedisca quello che chiamiamo trasformismo, ma che ha poco a vedere con la libertà del parlamentare e che vede multe assolutamente fuori luogo, nonché impraticabili anche se uno firmasse un contratto dal notaio: come farebbero poi a pretendere il pagamento? Per fermare il trasformismo in Parlamento la soluzione è quella adottata dal presidente del Senato Grasso e cioè impedire che chi esce da un gruppo ne formi un altro e inserirlo automaticamente nel gruppo misto. Anche se questo non risolverebbe il problema ai partiti». Il Pd pare aver archiviato le primarie, che pure sono
Paradossale che Renzi corra per quel Senato che voleva non elettivo Boschi? Scenda in campo ad Arezzo
nel suo Dna: fa bene? «Le primarie hanno senso solo per le cariche monocratiche: sindaco, presidente di Regione, capo del governo. E se servono all’elettore per vedere il candidato che “passeggia” con lui, conoscerlo, valutarlo, misurarlo, creando anche mobilitazione e comunicazione. Non se devono ratificare le scelte prese da due o tre persone».
Come garantire la competenza degli eletti in un’epoca dove i partiti tradizionali non ci sono quasi più? «È un problema di tutti, un po’ meno di chi sta sul territorio, come la Lega ad esempio di cui si sottolinea la dimensione folcloristica ma che è davvero presente sul territorio. Si impara qualcosa facendo il consigliere comunale, il consigliere regionale. E poi dato che lo Stato dà 3.000 euro al mese per gli assistenti parlamentari sarebbe bene che fossero scelti non tra parenti e amici ma tra giovani preparati e competenti».
La nuova legge elettorale prevede anche i collegi uninominali: si riattiverà il legame eletti-territorio? «No. Perché non sono collegi uninominali maggioritari “secchi”, dato che c’è la possibilità di recupero nel proporzionale. L’elettore è nelle stesse condizioni del Porcellum, perché se vota una persona il voto va anche alla coalizione e viceversa. Per far contare la volontà dell’elettore occorreva il voto disgiunto. Ma sia Renzi che Berlusconi volevano scegliere loro i parlamentari e per questo è stata varata la legge elettorale. E non mi convince Renzi che corre al Senato a Firenze». Perché? «I segretari di partito corrono sempre alla Camera, l’unica eccezione è stato Giovanni Spadolini, per non dire della contraddizione sul fatto che va in quel Senato che lui voleva rendere non elettivo. Dovrebbe correre alla Camera nel collegio di Firenze». E Maria Elena Boschi? «Altro che Napoli o Trento... Deve correre ad Arezzo, nel suo territorio e rivendicare, come ha fatto per Banca Etruria, il legame ed interesse col suo territorio».
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso di fine anno ha invitato i 18enni al voto: l’astensionismo diminuirà? «Nel 2013 la percentuale dei votanti fu del 75%, un astensionismo accettabile e che definirei fisiologico, sia perché tanti ormai dicono “non vi votiamo”, sia perché l’elettorato è invecchiato e molti non vanno ai seggi o non hanno più i familiari che li accompagnano perché i figli sono lontani. Bisognerebbe però che tutti ricordassero l’articolo 48 della Costituzione che dice che il voto è un dovere civico. E di certo chi non vota sbaglia perché lascia che altri scelgano per lui». La Toscana sarà sempre «rossa»? «Rossa ma di un rosso sbiadito. E molto dipenderà dalla desistenza, anche non dichiarata, tra Pd e Liberi e Uguali nei vari collegi. È rossa sia per cultura, tradizione, affetto, perché i nonni ed i babbi votavano Pci ed il partito erede è il Pd, sia per una questione di potere, perché é sempre stato un partito grande, conosciuto e ritenuto affidabile».