Da L’Aquila all’Emilia, i tecnici dell’emergenza non sono più precari
«Se c’è da partire si parte, che si sia di turno o si sia appena smontato, non è un lavoro che si fa con il badge in mano». Gestiscono emergenze e allerta meteo, si coordinano con l’Arpat, attivano mezzi e uomini per gli incendi. L’ingresso della Sala Operativa regionale della protezione civile di Firenze lo hanno attraversato migliaia di volte, da precari. Anni passati a cercare di costruirsi un futuro lavorativo, mentre cercavano di ricostruire anche il futuro degli altri, dal terremoto in Emilia Romagna nel 2012 al
downburst di Cerreto Guidi nel 2013. Dal 2 gennaio, finalmente, in quattro possono attraversare quella porta da «stabilizzati».
«Per anni abbiamo aspettato rinnovi o proroghe dei contratti — spiega Francesco Rossi, geologo — ma questo non ci ha mai fermato». Come appunto, in Emilia Romagna. «Partimmo in due, all’improvviso. Ero stato anche a L’Aquila — racconta — poi in Emilia i nostri gestivano un campo con tantissimi bambini e per me, che ho tre figli, non era facile. Ma tra noi che lavoriamo nelle emergenze c’è un rapporto particolare, siamo come fratelli».
Nonostante le difficoltà contrattuali, non si sono mai tirati indietro. Neppure chi, precario, lo è stato per 14 anni, con turni di notte, partenze a qualunque ora, formazione e soprattutto tanta esperienza sul campo. «Io sono stato fortunato — scherza Francesco — precario solo per 8 anni. Ma ho avuto la fortuna di lavorare con Paolo Masetti, un disaster manager che ne ha vissute tutte; con lui, nel 2012, sono stato più di un mese su e giù dalla Toscana all’Emilia Romagna per gestire l’emergenza terremoto». Con Francesco sono stati stabilizzati anche Daniele Sforzi, Lucia Lai e Giulia Malavolti.