Carrozza: noi e Asimov? Non vorrei mai robot che provano sentimenti
In Giappone c’è Paro una foca che accudisce malati e persone sole, reagendo agli stimoli
Alla mano bionica, ci siamo arrivati. Ma al cervello? E ai sentimenti? Isaac Asimov ci guarda dall’alto dei suoi 70 anni di capacità predittive: più di un romanziere, è stato un profeta della robotica in grado di anticipare idee e scoperte di generazioni. Come quella del «robot cognitivo». Di più: capace di socializzare. Un «robot da compagnia» come lo ha chiamato Maria Chiara Carrozza nel suo ultimo libro I Robot e noi (Il Mulino). Come un cagnolino.
Pisana, ex ministro di Ricerca e Istruzione del governo Letta, deputata Pd, docente di bioingegneria, responsabile dell’area Neuro-Robotics del Sant’Anna e tra i fondatori del laboratorio di robotica. Il 22 gennaio all’auditorium della Fondazione Banca del Monte di Lucca è chiamata a parlare di «Robotica: ricerca e applicazioni tecnologiche». E ad apire nuovi orizzonti, per portare il tema oltre la «mano». Fino al cervello magari. E perché no, un giorno, anche all’anima?
Cosa ne pensa, professoressa Carrozza: avremo robot talmente «umani» da intessere relazioni sociali reali come il Robbie di Asimov, robo-babysitter capace di provare affetto per la bambina?
«Quando parliamo di relazioni sociali con gli esseri umani non arriviamo a tanto, anche se è un tema affascinante. Parliamo di relazioni cognitive come il gioco o la dinamica domanda-risposta. Il tema culturale da affrontare è quello dell’integrazione del robot nella società». Esistono già questi robot?
«Sì, per le terapie di riabilitazione nel campo della logopedia, per aiutare persone che hanno subito traumi, che sono caduti in coma. In Giappone ne hanno creato uno che funziona come la pet therapy: una foca-robot, si chiama Paro, progettata per fare compagnia ai malati, intrattenere rapporti affettivi, reagire agli stimoli. È un animale artificiale in tutto e per tutto che fa del bene alle persone sole o con malattie cognitive».
Robot affettivi. Nel film Her arriviamo fino al robotamante, anzi «fidanzata».
«In quel film la sostituzione del robot con l’essere umano è vissuta come una dipendenza da condannare. Ma lo stesso principio, dal punto di vista terapeutico, in Giappone è considerato positivamente, come stimolo alla relazione emotiva. Esistono per fortuna posizioni diverse». Quanto siamo lontani dalle visioni di Asimov?
«La sua letteratura è stata estremamente anticipatoria su alcune problematiche che dobbiamo ancora affrontare: i dilemmi etici che investiranno i robot quando prenderanno decisioni al posto nostro, nel momento in cui li metteremo alla guida dei veicoli, per esempio. Ma siamo ancora lontani dal Robbie di Asimov, il robot che fa il baby-sitter. Figura molto evocativa ma non esiste ancora un Robbie a cui affidare i nostri bambini».
I bambini hanno un rapporto con la tecnologia di assoluta dipendenza...
«In termini di attaccamento, affettività, e dei pericoli che questi aspetti ci propongono, ci siamo già. Per esempio, io il Tamagotchi ai miei figli non l’ho comprato. Troppo morboso quell’attaccamento. E spero che non diventeremo mai così bravi da riuscire creare un Robbie».
Mezzo secolo fa nessuno avrebbe immaginato che un giorno Michela Vittoria Brambilla avrebbe proposto di inserire i diritti degli animali in Costituzione. Nell’ottica di creare robot sempre più «animali» e con sempre maggiore personalità, arriveremo un giorno a discutere dei «diritti dei robot»?
«Il professor Cassese una volta mi fece la stessa domanda: questi robot saranno “oggetto” o “soggetto” di diritto? Credo che la domanda chiave sia questa, in futuro. Per quanto mi riguarda rimangono oggetto. Anche perché un cane ha un sistema nervoso, soffre. Un robot no. Al momento è fantascienza pura, e comunque sarebbe sbagliato, a mio parare, costruire un robot che soffre. A che pro?» È difficile fermare il progresso...
«Non possiamo pensare di bloccare la sperimentazione, dobbiamo andare avanti in modo pragmatico, valutando i margini di rischio: per esempio, sostituiremo i guidatori umani dei veicoli con i robot solo quando dimostreremo di aver abbattuto tutti i rischi. Anche sul piano etico e della responsabilità».