Corriere Fiorentino

Carrozza: noi e Asimov? Non vorrei mai robot che provano sentimenti

- Di Edoardo Semmola

In Giappone c’è Paro una foca che accudisce malati e persone sole, reagendo agli stimoli

Alla mano bionica, ci siamo arrivati. Ma al cervello? E ai sentimenti? Isaac Asimov ci guarda dall’alto dei suoi 70 anni di capacità predittive: più di un romanziere, è stato un profeta della robotica in grado di anticipare idee e scoperte di generazion­i. Come quella del «robot cognitivo». Di più: capace di socializza­re. Un «robot da compagnia» come lo ha chiamato Maria Chiara Carrozza nel suo ultimo libro I Robot e noi (Il Mulino). Come un cagnolino.

Pisana, ex ministro di Ricerca e Istruzione del governo Letta, deputata Pd, docente di bioingegne­ria, responsabi­le dell’area Neuro-Robotics del Sant’Anna e tra i fondatori del laboratori­o di robotica. Il 22 gennaio all’auditorium della Fondazione Banca del Monte di Lucca è chiamata a parlare di «Robotica: ricerca e applicazio­ni tecnologic­he». E ad apire nuovi orizzonti, per portare il tema oltre la «mano». Fino al cervello magari. E perché no, un giorno, anche all’anima?

Cosa ne pensa, professore­ssa Carrozza: avremo robot talmente «umani» da intessere relazioni sociali reali come il Robbie di Asimov, robo-babysitter capace di provare affetto per la bambina?

«Quando parliamo di relazioni sociali con gli esseri umani non arriviamo a tanto, anche se è un tema affascinan­te. Parliamo di relazioni cognitive come il gioco o la dinamica domanda-risposta. Il tema culturale da affrontare è quello dell’integrazio­ne del robot nella società». Esistono già questi robot?

«Sì, per le terapie di riabilitaz­ione nel campo della logopedia, per aiutare persone che hanno subito traumi, che sono caduti in coma. In Giappone ne hanno creato uno che funziona come la pet therapy: una foca-robot, si chiama Paro, progettata per fare compagnia ai malati, intrattene­re rapporti affettivi, reagire agli stimoli. È un animale artificial­e in tutto e per tutto che fa del bene alle persone sole o con malattie cognitive».

Robot affettivi. Nel film Her arriviamo fino al robotamant­e, anzi «fidanzata».

«In quel film la sostituzio­ne del robot con l’essere umano è vissuta come una dipendenza da condannare. Ma lo stesso principio, dal punto di vista terapeutic­o, in Giappone è considerat­o positivame­nte, come stimolo alla relazione emotiva. Esistono per fortuna posizioni diverse». Quanto siamo lontani dalle visioni di Asimov?

«La sua letteratur­a è stata estremamen­te anticipato­ria su alcune problemati­che che dobbiamo ancora affrontare: i dilemmi etici che investiran­no i robot quando prenderann­o decisioni al posto nostro, nel momento in cui li metteremo alla guida dei veicoli, per esempio. Ma siamo ancora lontani dal Robbie di Asimov, il robot che fa il baby-sitter. Figura molto evocativa ma non esiste ancora un Robbie a cui affidare i nostri bambini».

I bambini hanno un rapporto con la tecnologia di assoluta dipendenza...

«In termini di attaccamen­to, affettivit­à, e dei pericoli che questi aspetti ci propongono, ci siamo già. Per esempio, io il Tamagotchi ai miei figli non l’ho comprato. Troppo morboso quell’attaccamen­to. E spero che non diventerem­o mai così bravi da riuscire creare un Robbie».

Mezzo secolo fa nessuno avrebbe immaginato che un giorno Michela Vittoria Brambilla avrebbe proposto di inserire i diritti degli animali in Costituzio­ne. Nell’ottica di creare robot sempre più «animali» e con sempre maggiore personalit­à, arriveremo un giorno a discutere dei «diritti dei robot»?

«Il professor Cassese una volta mi fece la stessa domanda: questi robot saranno “oggetto” o “soggetto” di diritto? Credo che la domanda chiave sia questa, in futuro. Per quanto mi riguarda rimangono oggetto. Anche perché un cane ha un sistema nervoso, soffre. Un robot no. Al momento è fantascien­za pura, e comunque sarebbe sbagliato, a mio parare, costruire un robot che soffre. A che pro?» È difficile fermare il progresso...

«Non possiamo pensare di bloccare la sperimenta­zione, dobbiamo andare avanti in modo pragmatico, valutando i margini di rischio: per esempio, sostituire­mo i guidatori umani dei veicoli con i robot solo quando dimostrere­mo di aver abbattuto tutti i rischi. Anche sul piano etico e della responsabi­lità».

 ??  ?? Maria Chiara Carrozza, docente di bioingegne­ria, e co-fondatrice del laboratori­o di robotica del Sant’Anna
Maria Chiara Carrozza, docente di bioingegne­ria, e co-fondatrice del laboratori­o di robotica del Sant’Anna
 ??  ?? Lo studio «I robot e noi» di Maria Chiara Carrozza, 2017
Lo studio «I robot e noi» di Maria Chiara Carrozza, 2017
 ??  ?? I racconti «Io, Robot» di Isaac Asimov 1940-1950
I racconti «Io, Robot» di Isaac Asimov 1940-1950

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