Almerina e la mano bionica: è il primo caso in Italia Progettata alla Sant’Anna
Aveva perso la mano in un incidente, ora ha quella bionica del Sant’Anna. Primo caso in Italia
Il progetto «Cyberhand» PISA guidato dall’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna ha raggiunto un traguardo rivoluzionario dopo 20 anni di ricerca. La mano robotica che percepisce il contatto con gli oggetti, un concentrato di tecnologia realizzata tra Pisa, Cagliari, Losanna e la Germania, è stata impiantata per la prima volta su una paziente italiana che ha potuto utilizzarla dentro e fuori il laboratorio.
Ad Almerina Mascarello era stata amputata la mano sinistra venticinque anni fa, in seguito ad un incidente. Per sei mesi, con una mano bionica sperimentale — di cui ora sono stati resi noti i risultati — ha potuto riacquistare la mobilità dell’arto amputato, la capacità di percepire sensazioni come la morbidezza di un cuscino e la durezza di un tavolo. «È come se fosse tornata la mia vera mano» ha esultato. Ora aspetta quella definitiva: «A maggio, quando la mano bionica fatta appositamente per me arriverà, potrò dire che la mia vita è cambiata completamente», ha dichiarato all’Ansa.
La 55enne di Montecchio Precalcino (Vi) è stata scelta tra numerosi candidati di varie nazionalità; prima di lei altri quattro pazienti avevano tenuto l’arto bionico per un lasso di tempo tra alcune settimane e tre mesi. La normativa europea infatti non consente l’innesto di corpi estranei per un periodo maggiore di quello che è stato sperimentato sugli animali. Nei prossimi mesi toccherà a un giovane danese che ha già avuto la mano in passato e sul quale dovrebbe essere impiantata definitivamente.
Ma come funziona questo arto robotico? «La mano protesica ha una serie di sensori che registrano la forza durante la presa. Questa informazione viene trasformata in stimoli elettrici che vengono iniettati nel nervo periferico, utilizzando degli elettrodi impiantati — spiega Silvestro Micera, docente presso la Scuola Superiore Sant’Anna e coordinatore del progetto — Il cervello riesce ad interpretare tali stimoli elettrici e la persona sente delle sensazioni in vari punti della mano».
Questa protesi, dunque, consente al paziente di percepire il contatto, la tessitura dell’oggetto, la forza esercitata su di esso. L’intervento di impianto su Almerina Mascarello è stato eseguito nel giugno 2016 al Policlinico Gemelli di Roma dal gruppo guidato dal neurochirurgo Paolo Maria Rossini. I risultati della sperimentazione sono in via di pubblicazione su una rivista scientifica internazionale. I ricercatori hanno terminato in questi giorni di analizzare i dati raccolti durante l’esperimento, iniziato 17 anni fa con circa 20 milioni di fondi pubblici (in gran parte europei).
Questa mano è una versione migliorata di quella impiantata su un uomo danese nel 2014: rispetto alla versione di tre anni fa, ora l’elettronica è racchiusa in uno zaino che racchiude il sistema che registra i movimenti dei muscoli e li traduce in segnali elettrici, poi trasformati in comandi per la mano; un altro sistema trasforma l’informazione registrata dai sensori della mano in segnali da inviare ai nervi e quindi in informazioni sensoriali. Questa tecnologia legge le intenzioni della persona entro 300 millisecondi. Per le attività quotidiane a contatto con l’acqua Mascarello ha semplicemente applicato sulla protesi un involucro di plastica. L’obiettivo degli studiosi è quello di realizzare una mano robotica completamente impiantabile, dotato di un semplice ricevitore sul petto e che dovrebbe costare intorno alle 30 mila e 40 mila euro. Un aspetto fondamentale è che le batterie durino per l’intera giornata e che siano leggere: lo sviluppo di un’elettronica low-power sarà affrontato nella successiva fase del progetto Cyberhand, che terminerà nei prossimi anni.