Il giudice-politico e gli intrecci delle aste truccate
Nell’inchiesta anche il video in cui il giudice porta una mazzetta al commercialista
Da pm inflessibile abituato alle inchieste importanti a giudice in carcere con l’accusa di aver pilotato le aste. È la parabola di Roberto Bufo, il giudice con l’ambizione della politica. Che annunciava al commercialista suo complice «una cascata di diamanti».
Tramite accordi clandestini influivano sulla aggiudicazione di immobili pignorati, turbando il regolare svolgimento delle gare
Quando lo hanno filmato, il giudice Roberto Bufo aveva appena appoggiato qualcosa sul tavolo del commercialista Roberto Ferrandi, incaricato delle vendite giudiziarie del tribunale di Massa. E quel qualcosa, per i carabinieri coordinati dal pm Alberto Dello Iacono, erano i soldi di una mazzetta che il commercialista si sarebbe poi intascato. Secondo l’accusa, il giudice aveva usato i buoni uffici di Ferrandi per aggiudicarsi «la proprietà di un edificio residenziale a Villafranca per 24 mila euro — a fronte di una stima iniziale di 84 mila euro — per rivenderlo poi a 58 mila euro».
I due indagati parlano: le microspie captano di tutto, compresa la possibilità che Bufo possa arrivare a fare il giudice a Massa. Un trasferimento da Pisa a Massa che potrebbe diventare «una cascata di diamanti», direbbe Bufo. La frase colpisce Ferrandi, che la ripete. Nell’inchiesta della Procura di Massa e della Procura di Genova sulle aste pilotate, che ha portato in carcere Bufo e ai domiciliari l’ex consigliere regionale (poi alla guida degli uffici delle vendite giudiziarie di quattro tribunali) Virgilio Luvisotti, emerge di tutto. Compreso il timore di Bufo di essere intercettato, dopo che aveva scoperto l’esistenza di una microspia in macchina che pensava di aver neutralizzato, senza però sapere che nel frattempo i carabinieri ne avevano piazzata una seconda. Mercoledì mattina, quando il giudice è stato arrestato, i carabinieri hanno trovato e sequestrato in casa due fascicoli: ci sarebbero carte relative alla società Lunigianambiente, che nelle prossime ore potrebbero diventare oggetto di approfondimento. Si lavorerà anche sui tre personal computer e il cellulare sequestrati al giudice. La magistratura ha puntato i fari su due turbative d’asta e su tre casi di corruzione in asta giudiziaria. Questo filone ha portato all’arresto del commercialista Ferrandi, già fermato dai carabinieri nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Genova.
Un caso su tutti: il sospetto che la vendita di 16 abitazioni non sia stata regolare perché «mediante intese clandestine con un debitore esecutato (cioè soggetto ad un pignoramento, ndr), Ferrandi consentiva alla figlia di quest’ultimo di aggiudicarsi l’acquisto di immobili pignorati, così turbando il regolare svolgimento delle competizioni». In questa inchiesta sono stati perquisiti due imprenditori edili, un’avvocatessa di La Spezia e un dipendente dell’Istituto vendite giudiziarie di Massa. Per gli inquirenti Bufo, Roberto Ferrandi e la figlia Francesca, il consulente tecnico d’ufficio Roberto Paglianti e l’ex giudice di pace Oberto Cecchetti, fermati nei giorni scorsi, si sono associati tra loro per commettere un numero indeterminato di delitti sia di corruzione in atti giudiziari sia di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, turbata libertà degli incanti, peculato e falsi ideologici in atti pubblici. In ambienti investigativi si spiega che Bufo e Ferrandi avrebbero promosso condotte finalizzate all’appropriazione illecita «di somme di denaro destinate allo Stato giacenti all’interno di assi ereditari e amministrazioni di sostegno non riscosse da eredi o enti pubblici, inserendo la figlia di Ferrandi nel sodalizio».