Corriere Fiorentino

Bufo, il pm inflessibi­le con la voglia della politica

- Manuela D’Angelo

Quando si pronuncia il nome dell’ex pm Roberto Bufo, tra i corridoi della Procura di Massa Carrara, qualcuno storce ancora la bocca, alza gli occhi al cielo e fa spallucce. Perché Bufo, spezzino di nascita, carrarese d’adozione, fu allontanat­o dalla sua stessa Procura, nel 2002, per incompatib­ilità ambientale, come decise il Csm in seduta plenaria. Indagò sul presunto assenteism­o dei dipendenti del palazzo di giustizia, facendone arrestare alcuni, ma concludend­o l’inchiesta con un buco nell’acqua, che gli costò l’allontanam­ento da Massa. Bufo viene ricordato come il pm inflessibi­le, l’amante dei super processi, l’uomo delle prime pagine dei quotidiani locali. Sposato, con due figli, residente a Marina di Carrara, amante della politica, Bufo inizia come sostituto procurator­e al Tribunale per i minori di Torino, poi lavora a Massa, con lo stesso incarico, dove inizia ad occuparsi anche di mafia e per questo viene applicato alla Procura distrettua­le antimafia di Firenze. Passa poi alla magistratu­ra giudicante e viene destinato al Tribunale di Pisa, poi a quello di Lucca ed infine a quello della Spezia.

Nel 2014, appena nominato giudice della sezione civile del Tribunale di Pisa, ricopre il ruolo di assessore (a titolo gratuito) con deleghe alla sicurezza dei cittadini a Portoferra­io, in una giunta di centrodest­ra. Dieci anni prima, era stato amministra­tore a Sarzana e allo stesso tempo giudice penale al monocratic­o di Pontedera. Nel 2013 si candidò a consiglier­e comunale di Massa appoggiand­o una lista civica di centrodest­ra, fino all’ultimo tentativo per un posto in Europa con «Scelta Europea» nel 2014.

Da pubblico ministero è stato protagonis­ta di processi come quello alla Power Marine, 40 persone sul banco degli imputati, accusate a vario titolo di produrre barche velocissim­e utili alle organizzaz­ioni criminali di tutta Italia per il contrabban­do di sigarette. O come il processo sul fallimento della D’Avenza, industria di abbigliame­nto di Carrara, indebitata fino al midollo, per i cui titolari il pm Bufo ipotizzò accuse come bancarotta fraudolent­a e falso in bilancio. Alla fine tutti furono assolti.

Oggi è lui l’oggetto di accuse pesantissi­me, come la corruzione in atti giudiziari, la corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, la turbata libertà degli incanti, il peculato. Sempre protagonis­ta, ma stavolta da imputato.

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Roberto Bufo, il giudice arrestato martedì scorso nell’ambito dell’inchiesta sulle aste pilotate, ad un’iniziativa politica per le Europee del 2014, a cui si candidò con la lista «Scelta europea»

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