Corriere Fiorentino

Il cinema toscano perde la sua spalla

Addio Novello Novelli Il burbero amato da Nuti e Monicelli

- di Edoardo Semmola

Caruso Pascoski, diceva sempre con la sua aria fintamente amareggiat­a e la testa che ondeggiava sconsolata, «è stata la rovina della mia vita». Perché «non potevo più girare per Firenze senza sentirmi dire “dammi un bacino”». È rimasto uno dei tormentoni più celebri dell’intera fiorentini­tà cinematogr­afica: «Dammi un bacino. Ti prego, dammi un bacino» consumato tra i tavoli gettati all’aria del Caffè Rivoire in una delle scene memorabili di Caruso Pascoski di padre polacco. Non esiste fiorentino che non l’abbia pronunciat­o almeno una volta, con conseguent­e gesto a schiocca-labbra, «pciu», in onomatopei­ca rappresent­azione con la bocca a sedere di gallina.

Sono passati 30 anni esatti e il maresciall­o dei Carabinier­i a cui quel Francesco Nuti ubriaco fradicio voleva dare per forza «un bacino» era Novello Novelli, spalla storica di tanto cinema toscano. Novelloant­onio Novelli, per tutti Novello, si è spento ieri nella sua Poggibonsi, a 87 anni. Era schivo, di spirito amaro, burbero e romantico, spontaneo a ogni costo, tanto da essere capace di fare arrabbiare tanti registi e colleghi. Ma mai il Nuti, l’amico di una vita. Era uno degli ultimi «maledetti toscani» dell’umorismo acre ma verace. Oltre che uno degli ultimi grandi caratteris­ti.

«Il mio colore preferito è il viola della Fiorentina» ripeteva spesso. Una sola fede sportiva, un solo amore: Silvana, la moglie, insieme per 50 anni. Era capace di parlare di lei anche sul set di Amami interpreta­ndo il padre di una Moana Pozzi, mai vestita sul set. La guardava, la scrutava con quei suoi sguardi incavati da occhiaie profonde come crateri di vulcano. Era tanto semplice e genuino da rimanere sempre un corpo estraneo nel sistema-cinema. Una volta gli chiesero come spendesse i suoi soldi una volta diventato famoso, dopo una vita passata a fare il geometra. Risposta spiazzante: «Il vino a tavola, un gin tonic se uscivo la sera, al massimo due se ero con Francesco. E poi le sigarette».

Prima geometra, poi impresario, infine attore in 35 pellicole: con Alessandro Benvenuti, Nuti, Athina Cenci, Ornella Muti, Renato Pozzetto, Alessandro Haber, Leonardo Pieraccion­i, da Benvenuti in Casa Gori a Cari fottutissi­mi amici di Mario Monicelli. Ha contribuit­o a creare la Fondazione dei Maledetti Toscani con i suoi progetti sportivi e solidali e ha allenato la squadra di calcio omonima. Nel cuore dei fiorentini è come fosse stato uno degli Amici Miei, senza averne mai fatto parte.

Carlo Conti lo ha salutato su Instagram «Ciao Novello. Amico delle nostre “feste in casa” al Manila e in tanti altri locali toscani». Pieraccion­i con una foto su Twitter. Athina Cenci, con cui ha condiviso il debutto al cinema, si è messa a piangere a telefono: «Una persona bellissima, spalla meraviglio­sa, un grande amico, affetto, complicità». Per il regista Giovanni Veronesi era quasi un padre: «Ero molto legato a lui e a Silvana, abbiamo passato insieme 15 anni di vita, insieme a Francesco, condividen­do casa a Roma — ricorda — Era un amico silenzioso di quelli a cui non devi dire niente ma che fatalmente sanno già tutto; complice, profondo; se ne va un pezzo della mia vita, mi sembra stia crollando a pezzi un po’ tutto». Un pausa, poi un desiderio: «Per qualcuno ci vorrebbe una wild card come quelle che danno ai tennisti per iscriversi a un torneo anche se non potrebbero: Novello se ne meritava una che lo facesse vivere più a lungo».

A segnare il suo debutto sia sul palco che sullo schermo è stato Alessandro Benvenuti: «Lo spettacolo che oggi si chiama L’Atletico Ghiacciaia — ricorda — originaria­mente era Mitico 11 e lo avevo scritto per lui, poi lo volli con me per

Ad ovest di Paperino e abbiamo fatto 4 film insieme con personaggi sempre molto importanti». Uno di questi, il nonno Annibale di Benvenuti

in Casa Gori «a suo dire era quello che lo aveva gratificat­o di più». Poi è stato «un grande partigiano, il più commovente, in Zitti e Mosca» ma soprattutt­o «era una persona che a un certo punto della sua vita ha deciso di tentare un’avventura diversa da quello a cui gli studi e il fato lo avevano destinato, da operaio in una fornace a Poggibonsi ad attore». Per averlo nella parte del padre di Nuti in Ad ovest di

Paperino, Benvenuti fu costretto a lottare: «Il produttore non pensava che lo potesse fare». Ma anche in quel caso nacque una frase destinata a diventare cult: «Ho lavorato quarant’anni anni alla Sip io».

Novelli era «un amante della vita, che ha esaudito i suoi sogni». Per Nuti di più, «è stato un amico, un consiglier­e, un complice, il segretario — prosegue l’ex Giancattiv­o — Francesco aveva bisogno di avere accanto una persona affettuosa. Aveva un gran desiderio di vita, di mangiare lo spaghettin­o di notte e tirar tardi. Credo sia morto soddisfatt­o di essersi guadagnato sul campo i piaceri della vita».

Benvenuti Faceva l’operaio l’ho portato in scena Credo sia morto soddisfatt­o di essersi guadagnato sul campo i piaceri della vita Veronesi Ho passato con lui e Francesco 15 anni della mia vita: era un amico silenzioso, complice e molto profondo

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Accanto Novelli in un torneo di beneficenz­a Sopra con Nuti in «Caruso Pascoski»
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