Il cinema toscano perde la sua spalla
Addio Novello Novelli Il burbero amato da Nuti e Monicelli
Caruso Pascoski, diceva sempre con la sua aria fintamente amareggiata e la testa che ondeggiava sconsolata, «è stata la rovina della mia vita». Perché «non potevo più girare per Firenze senza sentirmi dire “dammi un bacino”». È rimasto uno dei tormentoni più celebri dell’intera fiorentinità cinematografica: «Dammi un bacino. Ti prego, dammi un bacino» consumato tra i tavoli gettati all’aria del Caffè Rivoire in una delle scene memorabili di Caruso Pascoski di padre polacco. Non esiste fiorentino che non l’abbia pronunciato almeno una volta, con conseguente gesto a schiocca-labbra, «pciu», in onomatopeica rappresentazione con la bocca a sedere di gallina.
Sono passati 30 anni esatti e il maresciallo dei Carabinieri a cui quel Francesco Nuti ubriaco fradicio voleva dare per forza «un bacino» era Novello Novelli, spalla storica di tanto cinema toscano. Novelloantonio Novelli, per tutti Novello, si è spento ieri nella sua Poggibonsi, a 87 anni. Era schivo, di spirito amaro, burbero e romantico, spontaneo a ogni costo, tanto da essere capace di fare arrabbiare tanti registi e colleghi. Ma mai il Nuti, l’amico di una vita. Era uno degli ultimi «maledetti toscani» dell’umorismo acre ma verace. Oltre che uno degli ultimi grandi caratteristi.
«Il mio colore preferito è il viola della Fiorentina» ripeteva spesso. Una sola fede sportiva, un solo amore: Silvana, la moglie, insieme per 50 anni. Era capace di parlare di lei anche sul set di Amami interpretando il padre di una Moana Pozzi, mai vestita sul set. La guardava, la scrutava con quei suoi sguardi incavati da occhiaie profonde come crateri di vulcano. Era tanto semplice e genuino da rimanere sempre un corpo estraneo nel sistema-cinema. Una volta gli chiesero come spendesse i suoi soldi una volta diventato famoso, dopo una vita passata a fare il geometra. Risposta spiazzante: «Il vino a tavola, un gin tonic se uscivo la sera, al massimo due se ero con Francesco. E poi le sigarette».
Prima geometra, poi impresario, infine attore in 35 pellicole: con Alessandro Benvenuti, Nuti, Athina Cenci, Ornella Muti, Renato Pozzetto, Alessandro Haber, Leonardo Pieraccioni, da Benvenuti in Casa Gori a Cari fottutissimi amici di Mario Monicelli. Ha contribuito a creare la Fondazione dei Maledetti Toscani con i suoi progetti sportivi e solidali e ha allenato la squadra di calcio omonima. Nel cuore dei fiorentini è come fosse stato uno degli Amici Miei, senza averne mai fatto parte.
Carlo Conti lo ha salutato su Instagram «Ciao Novello. Amico delle nostre “feste in casa” al Manila e in tanti altri locali toscani». Pieraccioni con una foto su Twitter. Athina Cenci, con cui ha condiviso il debutto al cinema, si è messa a piangere a telefono: «Una persona bellissima, spalla meravigliosa, un grande amico, affetto, complicità». Per il regista Giovanni Veronesi era quasi un padre: «Ero molto legato a lui e a Silvana, abbiamo passato insieme 15 anni di vita, insieme a Francesco, condividendo casa a Roma — ricorda — Era un amico silenzioso di quelli a cui non devi dire niente ma che fatalmente sanno già tutto; complice, profondo; se ne va un pezzo della mia vita, mi sembra stia crollando a pezzi un po’ tutto». Un pausa, poi un desiderio: «Per qualcuno ci vorrebbe una wild card come quelle che danno ai tennisti per iscriversi a un torneo anche se non potrebbero: Novello se ne meritava una che lo facesse vivere più a lungo».
A segnare il suo debutto sia sul palco che sullo schermo è stato Alessandro Benvenuti: «Lo spettacolo che oggi si chiama L’Atletico Ghiacciaia — ricorda — originariamente era Mitico 11 e lo avevo scritto per lui, poi lo volli con me per
Ad ovest di Paperino e abbiamo fatto 4 film insieme con personaggi sempre molto importanti». Uno di questi, il nonno Annibale di Benvenuti
in Casa Gori «a suo dire era quello che lo aveva gratificato di più». Poi è stato «un grande partigiano, il più commovente, in Zitti e Mosca» ma soprattutto «era una persona che a un certo punto della sua vita ha deciso di tentare un’avventura diversa da quello a cui gli studi e il fato lo avevano destinato, da operaio in una fornace a Poggibonsi ad attore». Per averlo nella parte del padre di Nuti in Ad ovest di
Paperino, Benvenuti fu costretto a lottare: «Il produttore non pensava che lo potesse fare». Ma anche in quel caso nacque una frase destinata a diventare cult: «Ho lavorato quarant’anni anni alla Sip io».
Novelli era «un amante della vita, che ha esaudito i suoi sogni». Per Nuti di più, «è stato un amico, un consigliere, un complice, il segretario — prosegue l’ex Giancattivo — Francesco aveva bisogno di avere accanto una persona affettuosa. Aveva un gran desiderio di vita, di mangiare lo spaghettino di notte e tirar tardi. Credo sia morto soddisfatto di essersi guadagnato sul campo i piaceri della vita».
Benvenuti Faceva l’operaio l’ho portato in scena Credo sia morto soddisfatto di essersi guadagnato sul campo i piaceri della vita Veronesi Ho passato con lui e Francesco 15 anni della mia vita: era un amico silenzioso, complice e molto profondo