Il gioielliere uccise il bandito La Procura: fu legittima difesa
Pisa, chiesta l’archiviazione. I rapinatori a processo
Sparò per legittima difesa il gioielliere che la sera del 13 giugno scorso uccise uno dei quattro rapinatori che avevano assaltato il suo negozio in via Battelli: queste le conclusioni a cui è arrivata la Procura che ha chiesto l’archiviazione dell’accusa di omicidio volontario per il commerciante. Giudizio immediato invece per i tre rapinatori. I consulenti della Procura hanno stabilito che il gioielliere sparò con la pistola legalmente detenuta in risposta ai colpi dei rapinatori uccidendo Simone Bernardi, 43 anni, disarmato e a volto coperto. «Ai malviventi — ha spiegato il procuratore capo Sandro Crini — abbiamo contestato il reato di tentato omicidio in concorso oltre che la rapina e il porto abusivo di armi».
Il 13 giugno tre rapinatori tentarono il colpo nella gioielleria: entrarono Simone Bernardi e Gabriele Kiflè, entrambi di Aprilia, mentre all’esterno rimase il pisano Marco Carciati. Secondo la ricostruzione degli inquirenti Kiflè fece fuoco per primo mentre Daniele Masi, di Pomezia, effettuò i sopralluoghi prima del colpo. I tre rapinatori vennero fermati dai carabinieri il 20 luglio e da allora sono in carcere.
Quando i due rapinatori fanno irruzione, in negozio c’è la moglie di Ferretti, mentre lui è nel retrobottega. Kiflè prima minaccia la donna chiedendole di aprire la cassaforte, poi spara. A quel punto Ferretti arriva con la pistola e risponde. Per lo choc della rapina il commerciante ha chiuso definitivamente il negozio il 31 dicembre.
«La richiesta di archiviazione è un’ottima notizia — commenta su Facebook Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia. Siamo sempre stati al fianco del gioielliere offrendo anche assistenza legale gratuita: per noi la difesa è sempre legittima». «Giustizia è fatta — scrive Mariastella Gelmini di Forza Italia — anche se troppo tardi. La legittima difesa va tutelata».