Corriere Fiorentino

«Noi battevamo e la porta non si apriva»

- di Simone Innocenti

«Battevamo sulla porta e non riuscivamo ad aprirla. Poi lei è uscita piangendo». Nei racconti dei liceali l’orrore di quella notte.

Le parole sono nitide. I ricordi sono netti. Le amiche della studentess­a fiorentina mettono a verbale una notte che difficilme­nte potranno scordare.

Una delle testimonia­nze raccolte dalla squadra mobile è talmente precisa da sembrare una fotografia. Dice la ragazza che aveva partecipat­o a quella festa: «Poco dopo le 23,40 una mia amica è salita al primo piano a prendere una boccata d’aria, con lei c’erano altre due ragazze. In quel momento sono stata informata da altre due mie amiche che X (nome della vittima, ndr) era entrata in uno stanzino con un ragazzo sconosciut­o. Quindi tutti insieme siamo scese al piano di sotto e siamo andate davanti allo stanzino: dalla porta non si vedeva nulla perché il vetro era opacizzato. La porta non si apriva nonostante le spinte. A questo punto una mia amica ha cominciato a bussare ma senza alcun risultato. Allora questa mia amica è andata a cercare qualcuno del locale ed è tornata con questa persona di fronte alla porta: in quel momento si è aperta e abbiamo visto uscire X. Sembrava sconvolta, non parlava, sembrava come bloccata, le chiedevo due-tre volte cosa fosse accaduto. Dopo un po’ mi ha risposto usando un solo termine: violentata. Poi è scoppiata a piangere e si è bloccata. A quel punto io e una mia amica siamo state costrette a trasportar­la con le braccia fino all’esterno per consentirl­e di prendere una boccata d’aria e per capire cosa fare».

Che la ragazza non stesse bene, prima dello stupro, lo raccontano gli amici. E viene confermato anche dalle telecamere esterne del locale: la vittima viene ripresa mentre un ragazzo la porta fuori dal locale per farla passeggiar­e «abbraccian­dola perché non si reggeva in piedi». Poi erano rientrati e la ragazza si era messa seduta su un divanetto, probabilme­nte per smaltire la sbornia. «Non si è mai alzata, ma anche da seduta aveva un aspetto ciondolant­e. Come se non riuscisse a star dritta».

È in questo stato fisico e mentale che Marco — lo studente poi arrestato dalla squadra mobile — va a «conoscerla». Un’altra amica della vittima la vede «passare davanti con un uomo che forse la teneva per mano. Lei procedeva con equilibrio precario, barcollava. Ci è passata davanti e non ci ha salutato: questo ci straniva come il fatto che lei fosse in compagnia di un uomo palesement­e più grande di noi che non conoscevam­o». Si stavano dirigendo verso lo stanzino.

Un’altra testimone ricorda di quando Marco si è avvicinato alla sua amica che è su quel divanetto. «Ho visto questo uomo seduto su un divano in compagnia di una ragazza, che però non sono riuscita a riconoscer­e per il solo fatto che stavano seduti in una zona appartata e in parte buia. Poi mi sono voltata e non ho più visto niente. Poco dopo, però, ho notato lo stesso uomo passarmi davanti e ho riconosciu­to la mia amica... credo che l’uomo la tenesse per mano o per un braccio».

Non è la sola ad averli visti su quei divanetti. Un altro studente racconta di «essersi trovato nei pressi del guardaroba — riassume il giudice Anna Liguori — e aver visto la vittima completame­nte sdraiata, in una sorta di dormivegli­a. Poi aveva distolto lo sguardo e rigirandos­i aveva visto che non era più sola, c’era un ragazzo di 25 anni che forse indossava una camicia nera». Il testimone nota a questo punto che «l’uomo le diceva qualcosa nell’orecchio e la sollevava mettendola seduta. I due si erano scambiati un bacio e lei aveva avuto come un sussulto dallo stato di torpore». Una volta alzati da quel divanetto, anche lo studente ricorda che la vittima «barcollava». Un altro amico del liceo, invece, ricorda con esattezza cosa ha detto la ragazza una volta uscita da quello stanzino dove — per il gip Liguori — è stata violentata. «Ha pronunciat­o diverse volte e piangendo la frase ‘sono stata violentata, sono stata violentata’».

La ragazza aveva bevuto, lo ammette lei stessa. I risultati lo confermano. In molti ricordano che, quella sera, lei stesse male e che aveva scelto di sedersi sul divanetto proprio per smaltire il malore. «La vittima era priva di qualsiasi difesa — conclude il gip Liguori — A questo punto l’indagato ha colpito, senza aver bisogno della forza fisica: ecco perché si di lei non c’erano segni di contusioni o di graffi». È bastato aprire quello stanzino, che «non un semplice avventore poteva aprire» per poi abusare per dieci minuti di quella ragazzina.

L’amica/1 Sembrava sconvolta, non parlava, sembrava come bloccata: le ho chiesto due o tre volte cosa fosse accaduto L’abbiamo dovuta portare fuori a braccia

L’amica/2 Lei barcollava, vi è passata davanti e non ci ha salutato: era strano che fosse in compagnia di uno più grande di noi che non conoscevam­o

Il gip La vittima era priva di qualsiasi difesa. A questo punto l’indagato ha colpito senza aver bisogno della forza fisica: ecco perché su di lei non c’erano contusioni

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L’ingresso del Dolce Zucchero, dove è avvenuta la violenza

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