Caso Oranges, Nardella si difende: «È solo fango»
«Vicenda strumentalizzata, guarda caso in piena campagna elettorale. La dottoressa Oranges è stata valutata sul curriculum vitae e proprio perché conosceva bene il progetto è stata chiamata a lavorare. Tutto legittimo». La campagna mediatica è solo fango, per il sindaco Dario Nardella. «Non è scritto da nessuna parte che una persona, nonostante le competenze, non debba lavorare in un ente pubblico per il solo fatto di essere parente di un magistrato. Chi lo sostenesse si renderebbe responsabile di gravi e ingiustificabili insinuazioni non solo nei confronti dell’ente, ma anche del magistrato. L’integrità mia e dei miei collaboratori non possono essere infangate da illazioni». Il caso è quello dell’assunzione negli uffici della città metropolitana di Celeste Oranges (figlia di Acheropita Mondera Oranges, procuratore generale della Corte dei Conti). Che, come ha riportato ll Fatto Quotidiano, gode di un’aspettativa per motivi di studio. In realtà «non si tratta di un’aspettativa» affermano dagli uffici della Città Metropolitana ma di un permesso di studio, che si applica anche ai contratti ex art.90 Tuel. Un permesso che per la Cassazione è «un diritto fondamentale del cittadino». La legge prevede che i lavoratori possano beneficiare di 150 ore in un anno per seguire corsi universitari. Ma per la professionista che frequenta un master in criminologia la fruizione — precisano — è stata proporzionata: nel 2017 ha fruito di 25 su 150 ore, mentre nel 2018 ne consumerà 50 perché il master si conclude il 1 marzo. Ma la polemica non si placa. Incalza Tommaso Grassi: «Non è una dipendente ‘normale’ perché scelta dalla politica». E lunedì è prevista una «domanda di attualità» in Consiglio comunale.