Idy ucciso sul ponte, si scatena la protesta
Cinque colpi di pistola contro un ambulante di colore: «Vittima casuale». L’uomo prima ha risparmiato una madre con bimbo. Tensione, ira Nardella
Il biglietto dell’omicida: «Disperato, meglio il carcere». Ma i senegalesi: «Razzismo». E il corteo fa danni in centro
Ha detto che si voleva costituire dopo che aveva ammazzato un uomo. Dopo aver esploso sei colpi contro Idy Diene, senegalese di 54 anni, regolare, residente a Pontedera, venditore ambulante, molto amato nel quartiere di San Niccolò. Ucciso a caso con una Beretta Px4 regolarmente detenuta. Roberto Pirrone, fiorentino di 64 anni, nessun precedente, aveva un regolare porto d’armi per uso sportivo. Ieri mattina dopo le 8,30 è uscito da casa, in viale Aleardi, dopo l’ennesima «discussione con mia moglie» che l’accusava di aver contratto un debito di circa 30mila euro.
Pirrone, ex tipografo in pensione, pensa che è meglio farla finita. Vaga rimuginando alla sua morte. Poi ci ripensa. «Meglio andare in galera che tornare a casa», dirà poi al pm Giuseppe Ledda che lo interroga alla presenza dell’avvocato Francesca Capei Chiaramanni. Ci riesce uccidendo una persona a caso. «Ho visto una donna con un bambino ma non ho voluto ucciderli», dirà. Quella stessa donna, di origine africana, che ha assistito all’omicidio, diventerà testimone del delitto.
In quel momento sul ponte Vespucci c’è Idy Diene che vende ombrelli ai passanti. Pirrone, appassionato di tiro, lo vede, estrae la pistola, spara sei colpi. Poi si incammina lentamente verso via Melegnano, dove i militari dell’Esercito a protezione del consolato Usa lo disarmano e lo fermano. Le telecamere della direzione investigativa antimafia, che ha sede sul lungarno Vespucci, lo riprendono mentre cammina tranquillamente e mentre si ferma di fronte al semaforo rosso.
È da poco passato mezzogiorno quando arrivano le volanti della polizia e portano Pirrone in Questura. «Sono uscito di casa per ammazzarmi, poi non ho avuto il coraggio. Ho ucciso una persona, così potrò andare in galera e potrò mangiare tutti i giorni», dice ai poliziotti. Per terra rimane Diene: gli operatori del 118 provano a rianimarlo per oltre 40 minuti. Ma per lui non c’è niente da fare. Muore, così come era morto Samb Modou, uno dei due senegalesi uccisi il 13 dicembre 2011 a Firenze da Gianluca Casseri, simpatizzante di estrema destra che poi si suicidò. Ironia della sorte Diene era cugino di Samb. La matrice razzista, questa volta, non c’entra nulla. Alla Digos non risulta che Pirrone sia tra i simpatizzanti dell’estrema destra e nella sua
abitazione i poliziotti trovano una teca con cimeli della Russia comunista. Sul suo profilo Fb un altro stemma dell’ex Unione Sovietica e un suo commento: «Il Cccp era unico». Non a caso la Procura guidata da Giuseppe Creazzo, dopo l’interrogatorio, lo ferma con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e non dall’odio razzista. Nel pomeriggio però, al grido di «razzisti», un gruppo di senegalesi improvviserà un corteo lungo il centro che si concluderà con il danneggiamento delle fioriere di via Calzaioli. Poco prima una delegazione era stata ricevuta in questura. A casa dell’uomo, i poliziotti trovano altre armi, regolarmente detenute: una seconda pistola, una carabina e un fucile. Secondo i primi accertamenti Pirrone — incensurato — aveva passato le visite psicologiche: allo stato non risulta in cura. «Chiedo come cittadino e come rappresentante delle istituzioni una stretta maggiore sui porto d’armi, e verifiche più accurate sulle condizioni psicofisiche dei possessori di pistole e fucili», afferma Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana. Nelle prossime ore la polizia potrebbe tuttavia approfondire questo versante. Pirrone è un appassionato di armi: sono numerose le foto di pistole e fucili sportivi pubblicate sul profilo fb dal 65enne, oltre a quella del logo di un poligono sportivo con sede nel Fiorentino. Dentro la sua abitazione la polizia trova un biglietto che l’uomo aveva lasciato alla figlia. È scritto a mano da Pirrone che sembrerebbe confermare la sua volontà di uccidersi: «Non ce la fo più. Ho preso tutti i soldi che potevo. Ti bacio babbo». Pirrone spiega di aver finito i soldi disponibili in tutte le carte di credito, e indica alcune istruzioni per alcune operazioni bancarie per evitare che i creditori possano entrarne in possesso. Pirrone vive infatti in un alloggio popolare con la moglie, pensionata, e la giovane figlia. «Sono pentito per quello che ho fatto», avrebbe detto l’uomo agli inquirenti. Pirrone non appare lucido: alternerebbe momenti di pianto a una voglia di spiegare qualcosa che sembra impossibile spiegare. Ora si aspetta la convalida del fermo. L’uomo è stato portato nel carcere di Sollicciano. La salma della vittima è stata portata a medicina legale per l’autopsia.