Corriere Fiorentino

«Conserverò per sempre il regalo che portò a mio figlio appena nato»

I ricordi dei commercian­ti sconvolti. «Non lo dimentiche­remo mai»

- Antonio Passanese

La giornata di Idy cominciava tutte le mattine allo stesso modo: un viaggio in treno da Pontedera, insieme ad altri senegalesi, e l’arrivo in Oltrarno. Da vent’anni il quartiere era per lui una seconda casa. Tutti lo conoscevan­o e tutti avevano una parola per lui quando si avvicinava per vendere la sua merce. Quel grande borsone nero era il compagno da cui non si separava mai. Lì dentro c’erano calzini, accendini e gadget. Poi, quando cominciava a piovere, uscivano fuori anche ombrelli e poncho. Proprio come ieri mattina quando dalla stazione Santa Maria Novella stava raggiungen­do San Frediano.

Aveva un amico qui Idy. È Lorenzo, ex titolare di un’erborister­ia. Si conoscevan­o da più di dieci anni e quasi ogni giorno si incontrava­no per strada per un saluto, una chiacchier­a o un caffè. Ieri mattina dopo che la notizia della sparatoria si è sparsa in tutta la città Lorenzo ha provato a contattare Idy, «gli ho inviato un messaggio su WathsApp ma non mi ha risposto. Ho visto che si era collegato per l’ultima volta alle 11.15». Ha provato a chiamarlo, «ma nulla, rispondeva la segreteria telefonica». Poi la conferma che la vittima di Roberto Pirrone era proprio lui e a quel punto Lorenzo è scoppiato a piangere. «Quando è nato mio figlio, Idy dal Senegal mi portò una fascia che nel suo Paese usano mettere ai neonati. La conservo ancora — racconta l’ex commercian­te dell’Oltrarno — e quando il mio bambino sarà grande gli racconterò che splendida persona fosse quell’omone buono. Idy era molto amico anche della mia mamma: al suo ritorno dal Senegal gli dissi che era morta e lui iniziò a piangere. Era una persona sensibile, un galantuomo».

Già, un galantuomo. Lo dicono anche i baristi e i camerieri dei locali di piazza Santo Spirito dove il senegalese, all’ora del mercato e all’ora dell’aperitivo, girava tra dehors e tavolini per cercare di vendere la sua merce. «Era molto educato e se gli dicevi di no lui non insisteva. Andava via scusandosi e ringraziav­a». Prima del pranzo un’altra tappa di Idy era il negozio di abbigliame­nto etnico di Monica, allo Sdrucciolo di Pitti. «Difficile non volergli bene — dice la donna — era sempre molto affettuoso e se gli davi il là iniziava a raccontart­i la sua vita. Diceva, per esempio, che spesso, in agosto, tornava in Senegal dove aveva un terreno coltivato a mango da cui, durante la raccolta, riusciva a raggranell­are qualche soldo. Aveva sempre freddo, come tutti i senegalesi, e l’ultima volta che ci siamo incontrati era influenzat­o. Gli ho offerto un’arancia che lui ha voluto per forza condivider­e».

Poi, come ogni giorno, eccolo alle 15 in punto davanti al ristorante Fuori Porta in San Niccolò. Ci andava a pranzo da più di quindici anni, e proprietar­i, cuochi e camerieri del locale lo avevano praticamen­te adottato. Lo avevano soprannomi­nato «Gurgu». Lo aspettavan­o anche ieri e non vedendolo arrivare alla solita ora hanno pensato che fosse a manifestar­e sul Ponte Vespucci con i suoi connaziona­li. Non immaginava­no che fosse lui la vittima. «Dal lunedì al sabato era sempre qui — dice Cristian il cuoco — mangiava pasta con il ragù e poi prendeva un caffè. Si fermava con noi a parlare, era diventato uno di famiglia. Sognava di tornare a vivere in Senegal ma aveva problemi con il passaporto che gli era scaduto e non sapeva come fare a rinnovarlo. Anche i nostri clienti lo conoscevan­o bene e quando lo vedevano gli davano sempre dieci, quindici euro. Aveva anche imparato a parlare toscano». La pausa pranzo per Idy era anche l’occasione per mettersi in contatto con i parenti in Senegal. «Si collegava con il wifi e faceva lunghe chiacchier­ate via Skype. A volte dovevano chiedergli di abbassare la voce. Per ringraziar­ci del pranzo si esibiva in balli africani». Oggi al ristorante di San Niccolò gli amici si ritroveran­no per organizzar­e qualcosa in sua memoria.

Si fermava sempre qui a mangiare la pasta con il ragù Era ormai diventato uno di famiglia e sognava di tornare nel suo Paese

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Un mazzo di fiori e un biglietto lasciati sul Ponte Vespucci nella serata di ieri

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