LA ROTTA DI NARDELLA
«Usciamo da un lungo ciclo che il 4 marzo si è definitivamente chiuso. Dunque non possiamo che stare all’opposizione, cogliendo questa fase, che potrebbe anche essere lunga, come una grande opportunità per resettare il Pd». Leggendo le cronache del primo giro di consultazioni del Presidente della Repubblica per il nuovo governo, con dichiarazioni spesso confuse e perfino imbarazzanti, veniva da ripensare alla linearità dell’intervista concessa da Dario Nardella a David Allegranti (Il Foglio del 30 marzo) sul destino del Pd. Il sindaco di Firenze è un renziano senza ma. Ma con le idee chiare sul cammino da fare dopo la sventola presa dagli elettori. «Un ciclo si è chiuso. Definitivamente». Ora anche Nardella scarica Renzi? si sarà chiesto qualcuno, con una buona dose di stupore. La verità sembra un’altra. Dal suo punto di osservazione un po’ defilato, e come sindaco di una città che ha eletto Renzi senatore senza voltargli le spalle, Nardella ha richiamato tutti (Renzi compreso) alla necessità di fare un’analisi seria della sconfitta (anzi della catena di sconfitte, dalle Europee 2014 in poi) per poi mettere a punto un progetto di rilancio del Pd e della sua iniziativa politica. Con un nesso importante tra i due momenti che nell’intervista emerge chiaramente e che consente al sindaco di prendersi il lusso di criticare con toni secchi anche alcune scelte fatte dall’ex rottamatore. Dice Nardella: 1) o capiamo quello che è successo o il Pd rischia l’estinzione; 2) la svolta non può consistere in una frettolosa elezione di un nuovo segretario tramite primarie, ma deve basarsi su un azzeramento che consenta di rimettersi in sintonia con la società civile e, soprattutto, le nuove generazioni. Per riuscire nell’impresa c’è da recuperare il nucleo ideale originario del renzismo. A partire dalla costruzione di una nuova classe dirigente, abbandonando per sempre la tentazione di prendere le scorciatoie «appaltando» a capibastone e signori delle tessere l’azione politica. Specialmente al Sud, mentre al Nord l’azione politica spesso è mancata del tutto. Il rifiuto del tatticismo mette Nardella in rotta di collisione con quei renziani che preferirebbero chiudere la partita in fretta per mantenere la presa sul partito. Ma anche con uno smanioso Maurizio Martina, il reggente che dopo aver parlato con Mattarella si è esibito con i giornalisti nell’illustrazione di un quasi programma di governo. Come se fosse compito del Pd. O, peggio, come se qualcuno glielo avesse chiesto.