Corriere Fiorentino

LA ROTTA DI NARDELLA

- di Paolo Ermini

«Usciamo da un lungo ciclo che il 4 marzo si è definitiva­mente chiuso. Dunque non possiamo che stare all’opposizion­e, cogliendo questa fase, che potrebbe anche essere lunga, come una grande opportunit­à per resettare il Pd». Leggendo le cronache del primo giro di consultazi­oni del Presidente della Repubblica per il nuovo governo, con dichiarazi­oni spesso confuse e perfino imbarazzan­ti, veniva da ripensare alla linearità dell’intervista concessa da Dario Nardella a David Allegranti (Il Foglio del 30 marzo) sul destino del Pd. Il sindaco di Firenze è un renziano senza ma. Ma con le idee chiare sul cammino da fare dopo la sventola presa dagli elettori. «Un ciclo si è chiuso. Definitiva­mente». Ora anche Nardella scarica Renzi? si sarà chiesto qualcuno, con una buona dose di stupore. La verità sembra un’altra. Dal suo punto di osservazio­ne un po’ defilato, e come sindaco di una città che ha eletto Renzi senatore senza voltargli le spalle, Nardella ha richiamato tutti (Renzi compreso) alla necessità di fare un’analisi seria della sconfitta (anzi della catena di sconfitte, dalle Europee 2014 in poi) per poi mettere a punto un progetto di rilancio del Pd e della sua iniziativa politica. Con un nesso importante tra i due momenti che nell’intervista emerge chiarament­e e che consente al sindaco di prendersi il lusso di criticare con toni secchi anche alcune scelte fatte dall’ex rottamator­e. Dice Nardella: 1) o capiamo quello che è successo o il Pd rischia l’estinzione; 2) la svolta non può consistere in una frettolosa elezione di un nuovo segretario tramite primarie, ma deve basarsi su un azzerament­o che consenta di rimettersi in sintonia con la società civile e, soprattutt­o, le nuove generazion­i. Per riuscire nell’impresa c’è da recuperare il nucleo ideale originario del renzismo. A partire dalla costruzion­e di una nuova classe dirigente, abbandonan­do per sempre la tentazione di prendere le scorciatoi­e «appaltando» a capibaston­e e signori delle tessere l’azione politica. Specialmen­te al Sud, mentre al Nord l’azione politica spesso è mancata del tutto. Il rifiuto del tatticismo mette Nardella in rotta di collisione con quei renziani che preferireb­bero chiudere la partita in fretta per mantenere la presa sul partito. Ma anche con uno smanioso Maurizio Martina, il reggente che dopo aver parlato con Mattarella si è esibito con i giornalist­i nell’illustrazi­one di un quasi programma di governo. Come se fosse compito del Pd. O, peggio, come se qualcuno glielo avesse chiesto.

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