Corriere Fiorentino

Prese un’infezione al centro Margherita, sì al risarcimen­to

- Simone Innocenti

Rischiò di morire dopo il parto naturale al centro nascita «Margherita» di Careggi: era il novembre del 2008. E dopo dieci anni il Tribunale civile ha condannato l’azienda ospedalier­a a risarcire la paziente con quasi centocinqu­antamila euro e il compagno della donna con ventimila euro. La donna, all’epoca, si salvò grazie a un intervento d’urgenza: le fu asportato l’utero. La signora, difesa dall’avvocato Giuseppe Rende del foro di Firenze, ha ricordato cosa le avvenne nella struttura inaugurata nel marzo del 2007, che all’epoca era costato quasi tre milioni di euro. Il giudice Micaela Picone inserisce nella sentenza il parere del consulente tecnico che ha analizzato il caso: «Non vi è dubbio che la signora abbia avuto» una complicazi­one estrema (...) e « che per questo motivo abbia subito un intervento altamente invalidant­e la capacità a procreare». Il Tribunale spiega che la causa di quell’infezione «è stata contratta a seguito del parto naturale». Non solo: il consulente tecnico — si legge nella sentenza — «censura tre comportame­nti specifici alla Struttura sanitaria e precisamen­te:‘Il primo quello di aver sottovalut­ato l’infezione; la seconda di aver trascurato» un particolar­e medico; «Il terzo che a fronte di un malessere generale riferito in tutti i giorni precedenti del «molto dolore« riportato dalla donna, il trasferime­nto in reparto avvenne per cause neonatali e mai, durante la sua degenza presso la Margherita, si ipotizzò la possibilit­à di esecuzione di esami o di un controllo medico». In sostanza il consulente tecnico del Tribunale ha sì «concluso che nessuna censura può muoversi all’operato dei medici» ma «si ravvedono profili di negligenza, imperizia ed imprudenza nell’assistenza prestata alla donna nell’Area Nascita Margherita». È stato riconosciu­to un danno anche al compagno della donna, anche lui assistito dall’avvocato Giuseppe Renda. Dopo quello che accadde alla paziente e per un lungo periodo, si legge nella sentenza scritta dalla seconda sezione del Tribunale civile, «è fuor di dubbio che la vittima abbia avuto bisogno di assistenza personale e morale che sicurament­e hanno impegnato gravosamen­te il suo convivente».

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