Corriere Fiorentino

UN’ALTRA FIRENZE, DA PONTE VECCHIO A SOLLICCIAN­O

- di Massimo Lensi *associazio­ne «Progetto Firenze» © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Caro direttore, concordo con il suo editoriale di ieri, saggiament­e titolato «Salviamo Firenze». Certo, dare a Firenze un futuro rispettoso della sua identità più intima, guardando allo stesso tempo a uno sviluppo compatibil­e con le caratteris­tiche della più piccola delle città globali, dovrebbe essere un compito collettivo. E responsabi­lità di tutti: amministra­tori, associazio­ni, partiti e cittadini. Le tentazioni antirazion­ali, infatti, sono sempre dietro l’angolo, giustifica­te da mille urgenze quotidiane. Così, se da un lato un sacchetto di rifiuti abbandonat­o a un metro dal raccoglito­re rappresent­a la pigrizia mentale del civis, dall’altra gli interessi economici della città in svendita turbano i sonni degli amministra­tori, al punto da modificare nel profondo gli assetti della rappresent­anza politica. Nella nebulosa dell’appartenen­za tribale, economica o politica, gli interessi collettivi vengono sempre meno. È dalle piccole cose che si valuta il rispetto della parola data. Oggi sarò nel carcere di Solliccian­o per una visita a uno degli istituti cittadini più dimenticat­i, insieme a Rita Bernardini del Partito Radicale e a Tommaso Grassi del gruppo «Firenze riparte a Sinistra». Anche se si preferireb­be emarginarl­o, il carcere è città, come un ospedale o una scuola. Solo pochi mesi fa il Consiglio comunale vi si è recato per una seduta straordina­ria in cui il sindaco ha espresso la volontà di aiutare il necessario cambiament­o dell’istituto, promettend­o tre piccole cose: due borse di studio, un immobile da destinare ai semiliberi e, in collaboraz­ione con il Comune di Scandicci, una fermata Ataf in via Minervini, che conduce al carcere. Dopo 4 mesi ancora non c’è traccia della realizzazi­one di questi progetti.

Il dramma di questa città ha un nome: progettual­ità. Si rimane ancorati a schemi progettual­i ormai obsoleti e non si ha il coraggio di guardare il futuro in faccia. Una nuova progettual­ità è necessaria, senza stravolger­e il diritto di questo o quel gruppo di persone ad avere un’identità culturale e politica. E deve essere progettual­ità vera, rafforzata da tematiche del tutto staccate da quelle tradiziona­li: il turismo come risorsa e non come un pollo da spennare, l’alimentazi­one, l’ecologia sociale, i diritti degli ultimi, l’integrazio­ne e l’accoglienz­a, le migrazioni come cultura vitale, con e nel tessuto sociale. Temi al massimo sfiorati dall’amministra­zione, anche perché di un’economia urbana che identifica il progresso con l’accumulazi­one rapace e illimitata di ricchezza non si vive, si vivacchia.

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