Viaggio a Pisa, mentre il Pd si avvita
La città di giorno e di notte a due mesi dal voto. Ma per i Dem né primarie né candidato
A Pisa il Pd si è avvitato ed è senza candidato. E la distanza con la città è siderale.
Cala la sera e sotto la statua del matematico Ulisse Dini i giardini accanto a piazza dei Cavalieri diventano la centrale dello spaccio di Pisa. «Serve aiuto amico?», sotto i lampioni, la trattativa e la vendita avvengono in bella vista. In piazza, altri spacciatori si piazzano sotto la scalinata della Normale. E mentre le suole delle scarpe scrocchiano sopra i vetri di bottiglia infranti, ci sono gli abusivi che vendono le birre ai ragazzi che suonano il bongo e chitarre fino a notte fonda. In tutto il centro storico di Pisa, di notte, non si vede un poliziotto, un vigile, un carabiniere. Nessuna divisa. Per trovarne qualcuna bisogna arrivare in piazza dei Miracoli, dove i militari dell’antiterrorismo controllano la Torre, mentre davanti a loro sfilano i corrieri dello spaccio, tutti uguali, tutti in mountain bike e con lo zainetto, tutti sullo stesso percorso che si perde nel buio di via San Leonardo. I pisani vedono, il partito di governo no: il Pd è chiuso nelle sue stanze a pesare col bilancino correnti, candidati, alleanze. Fuori però c’è una Pisa insofferente. E se il sindaco Marco Filippeschi si è accorto che qualcosa non va (e ha varato provvedimenti anti alcol e anti mala movida), il suo continuo appello a Roma per avere più forze dell’ordine è legittimo, ma rischia di diventare anche un alibi dietro al quale ripararsi.
In Borgo Stretto, piazza delle Vettovaglie, in via Cavalca, la notte dei giovani pisani raggiunge decibel da stadio. In vicolo dei Tidi, i palazzi tremano per la musica di un locale che non è insonorizzato, il suono è così forte che le pareti sembrano fatte di carta. Sul selciato, ci sono tracce di vomito già a mezzanotte. E per tutto il centro le strade sono riempite dai rifiuti del porta a porta che vengono presi a calci dagli ubriachi. In alcuni casi, come in via Notari, gli scatoloni sono sul lastricato alle 11 di sera e sono ancora lì il giorno dopo alle 11 di mattina. Dall’altra parte del centro, sotto le logge davanti alla stazione, c’è il cartello del Comune sui Daspo e con le multe per gli ubriachi, parcheggiatori e ambulanti abusivi, persino per chi si macchia di turpiloquio. Ma in piazza Santa Caterina, nelle strade attorno all’ospedale di Santa Chiara, i parcheggiatori abusivi sono la regola. E i venditori di accendini e fazzoletti sono ovunque. Mentre sotto le logge davanti alla stazione e in piazza Vittorio Emanuele, ancora spacciatori, mendicanti molesti, stranieri e italiani che si siedono sui marciapiedi e bevono sin dal primo pomeriggio. I Daspo sembrano non esistere. «Sono di sinistra e stavolta non andrò a votare — dice un residente — Possibile che nessuno si ponga il problema di tutta la gente che bivacca davanti alla stazione? Nessuno che si chieda come sia possibile comprarsi birre su birre senza apparentemente fare niente dalla mattina alla sera». L’insofferenza è forte, il senso di abbandono riguarda tutti, in qualche caso (pochi) si traduce in esplicito razzismo. In piazza Garibaldi, un negoziante e un cliente discutono se sia meglio votare Fratelli d’Italia o Casapound: «Non se ne può più, dobbiamo mandarli tutti a casa loro», dice il cliente che ce l’ha con gli stranieri, un attimo prima di comprare l’accendino da un abusivo. Lontano dal centro, tra i palazzoni del Cep, due mesi fa ci fu una sparatoria in via Michelangelo, quattro feriti per colpa di un matto. È il quartiere degli ultras di sinistra del Pisa, c’è la sede del Pd (col poster «Vota la scienza», come se fossimo davanti all’Istituto Sant’Anna o alla Scuola Normale), del sindacato dei pensionati, delle associazioni per i giovani. Ma anche delle scritte sui muri con le «A» anarchiche accanto alla croce celtica, quelle contro la polizia. La gente ribolle: «Qui si stava bene, ora sembra diventato come Shanghai a Livorno». «Ci hanno dimenticati». E, vero o no, «le case popolari le danno agli immigrati, ci sono italiani da anni in lista d’attesa». Per chi la casa non ce l’ha poco importa la carta d’identità: se sulle graduatorie del Comune leggi tanti cognomi stranieri, anche se naturalizzati italiani, è quello che finisce per colpire. Altra periferia, via Battelli, all’ex gioielleria Ferretti c’è un cartello: «Prossima apertura: erboristeria». Era lo scorso giugno quando il titolare sparò e uccise un rapinatore. I residenti insorsero: «Qui la polizia non si è mai vista». Lui ha deciso di chiudere lo scorso ottobre: «Non ce la faccio più — disse al Tirreno Daniele Ferretti — Io vengo per lavorare e non voglio andare tutti i giorni alla guerra».
A parte una piccola divisione antiterrorismo davanti alla stazione, le forze dell’ordine sono quasi tutte in piazza dei Miracoli: di giorno, di fronte a orde di turisti, è il pienone di vigili, militari, vigilanti privati, che spuntano tra le comitive e le capanne degli ambulanti (regolari) di piazza Manin: il Comune, per una questione di decoro e di visuale, cinque anni fa le allontanò dal Duomo; sono finite a cinquanta metri di distanza, sotto Porta Santa Maria, e continuano a ostruire la vista della piazza. Cascina è distante appena 13 km: due anni fa la Lega di Susanna Ceccardi interpretò il disagio di una terra in cui fino a pochi anni fa il Partito non solo faceva il pieno di voti, ma dettava le priorità, indicava agli elettori quali fossero le loro esigenze. Un mese fa, il Carroccio ha inferto un’altra bastonata alle politiche, che hanno dimostrato che i candidati contano meno dei simboli. Così oggi, mentre centrodestra e grillini si preparano a lanciare la sfida per battere per la prima volta il centro sinistra anche in città, il Pd, nel chiuso delle sue stanze, va verso il commissariamento. Come se il problema di Pisa fosse mettere d’accordo le correnti.
Perché nessuno si chiede che cosa fanno quelli che bivaccano sempre alla stazione?