ADDIO BELLEZZA? PARLIAMONE
Non c’è più spazio per la speranza. La ferita inferta alla piazza della Stazione sembra davvero irrimediabile.
Il danno estetico, prodotto dalla convergenza delle nuove linee della tramvia, proprio a ridosso della facciata posteriore della quattrocentesca Basilica di Santa Maria Novella, è sotto gli occhi di tutti. Come già argomentato in un precedente articolo su questo giornale (23 febbraio) la bella piazza, nella quale l’elegante struttura architettonica di Michelucci conviveva in una consolidata armonia con l’imponente abside della basilica, si presenta come un ricordo lontano. Non è più una piazza, ma un invadente intreccio di binari e di cordoli, tale da rendere poco invitante anche il solo suo attraversamento. E su di essa, al posto di un auspicabile presenza di alberi, è spuntata una cupa presenza di pali, di elevata altezza, che nei giorni scorsi sono stati corredati, ovviamente, ai loro vertici da una rete di cavi elettrici. L’impatto complessivo per chi esce dalla Stazione e si avvia verso il centro, costeggiando il primo tratto di via degli Avelli e di piazza dell’Unità, è sconvolgente. Fa davvero riflettere questa disattenzione al bello, questa disaffezione nella tutela del patrimonio artistico che ha reso Firenze così amata nel mondo.
Il danno prodotto alla piazza della Stazione non è, purtroppo, l’unico. Nessuna tutela ci fu, peraltro, nei riguardi della Fortezza da Basso, fortilizio mediceo, opera di Antonio da Sangallo, sottoposto circa 15 anni fa ad interventi spregiudicati che avendo consentito un rialzo di oltre tre metri da terra per la realizzazione di un parcheggio sotterraneo adiacente le mura del bastione, hanno danneggiato in maniera irrimediabile, e per sempre, l’imponenza originaria della struttura. Ci fu allora un rimpallo di responsabilità tra istituzioni (Comune e Soprintendenza). Intervenne anche la magistratura. Ma a tutt’oggi per noi, semplici cittadini, rimangono senza nome e impuniti, coloro che, a vario titolo, autorizzarono quella grave offesa al bene. E, ora, con il passaggio della tramvia, gli impattanti pali di elettrificazione, di color nero, strettamente combinati con quelli più alti della luce, di color grigio chiaro, installati lungo tutto il Viale Strozzi, hanno dato il colpo finale alla visuale del prestigioso fortilizio e del suo bel paesaggio circostante, storicamente consolidato.
Nel precedente articolo ci ponevamo il quesito a chi avremmo dovuto dire «grazie» per queste opere così of- fensive rispetto alla tutela del bello. Ci i interrogavamo, altresì, se nella progettazione complessiva di una tramvia all’interno di un centro storico, patrimonio dell’umanità, avrebbero dovuto essere utilizzate tecnologie più avanzate e meno impattanti, almeno di fronte a siti di tale importanza storico-artistica.
Ci aspettavamo una qualche risposta. Fondamentalmente auspicavamo che potesse nascere un confronto pubblico tra amministrazione, sovrintendenza e cittadini «consapevoli», non «gufi», su un tema prioritario come quello della tutela della bellezza nella città universale dell’arte. Magari per provare a capire se vi fosse ancora un qualche spazio per limitare i danni di tale scempio estetico-paesaggistico, emerso in tutta la sua gravità ora che i lavori stanno volgendo al termine. Sia pure in extremis.
Per adesso c’è stato solo un silenzio da parte delle istituzioni coinvolte. Come era forse prevedibile, visto il pregresso.
Il precedente Anche la Fortezza non fu difesa: lo scempio del parcheggio sotto quelle mura