Corriere Fiorentino

GLI APPESTATI RISANATI, PER FARE IL GOVERNO

- di David Allegranti

«G omorra Pd deve finire. Il Pd è sempre più un varco per l’illegalità» (Danilo Toninelli, 11 maggio 2016). «Il Pd candida gente sotto indagine e rinviata a giudizio. Questi sono i problemi veri» (Manlio Di Stefano, 13 febbraio 2018). «Nel Pd hanno leccato il sedere di Renzi e approvato le sue schifezze e ora protestano. Chi è causa del suo mal pianga se stesso, ma tanto prenderann­o tante di quelle sberle…». (Alessandro Di Battista, 29 gennaio 2018). «Se oggi nessuno del Pd si ribellerà a questo sistema allora noi lo considerer­emo un partito sul quale, per sempre, aleggerà l’ombra della mafia. Vi chiediamo pertanto di venire in parlamento con un campanelli­no attaccato al collo che emetta un suono chiaro udibile ad almeno 3 metri di distanza che ci permetta di riconoscer­e un esponente del Pd a distanza perché noi del Movimento 5 Stelle vi tratteremo come degli appestati» (Carlo Sibilia, 15 dicembre 2014). «Credo che ora il senso di responsabi­lità nei confronti del Paese ci obblighi tutti, nessuno escluso, a sotterrare l’ascia di guerra». (Luigi Di Maio, 7 aprile 2018). Sorpresa: nel Pd non ci sono più appestati con l’obbligo di firma e di campanelli­no, l’illegalità è meno diffusa, Gomorra è solo un brutto ricordo. Dopo lo sbandament­o dell’asse populista tra Lega e M5s, il «capo politico» del M5s Luigi Di Maio — il capo delle coscienze è invece Davide Casaleggio — ha rilasciato un’intervista a Repubblica per aprire al partito degli ex puzzoni un tempo guidato da Matteo Renzi.

Nel giro di qualche settimana e di qualche giorno, con una piroetta memorabile, Di Maio è passato dal chiedere la derenzizza­zione del Pd al dialogo con i Democratic­i nell’interesse del paese, per senso di responsabi­lità. Come prevedibil­e e appunto previsto, stanno per arrivare le ore più difficili per il Pd, sottoposto da dopo la sconfitta del 4 marzo a varie pressioni.

Si sprecano intellò e saltimbanc­hi del pensiero unico che chiedono — la parola è sempre quella: responsabi­lmente — di dare un governo al paese. Ti hanno dato del mafioso? Hanno detto che il Pd è come una piovra i cui tentacoli sono formati da bande più o meno armate di banditi impenitent­i? Che vuoi che

Piroette

Di Maio ora offre il dialogo ai Democratic­i (perfino con Renzi) Ma fino a poco tempo fa i grillini parlavano della «Gomorra pd»

sia. Il Pd, non da ieri, è già diviso in due sulla possibilit­à di appoggiare la creatura politica della Casaleggio Associati. Da una parte c’è l’ex segretario Renzi, secondo cui il partito deve stare all’opposizion­e. Dall’altra c’è tutto un filone aperturist­a e dialogante, capitanato da Dario Franceschi­ni: «Di fronte alle novità politica dell’intervista di Di Maio — ha detto l’ex ministro dei Beni culturali — serve riflettere e tenere comunque unito il Pd nella risposta. L’opposto di quanto sta accadendo: rispondiam­o affrettata­mente e ci dividiamo tra noi. Fermiamoci e ricomincia­mo. Anche il reggente Maurizio Martina, che ha interesse a tenersi stretti i vari Franceschi­ni in vista del congresso e dell’assemblea del prossimo 21 aprile, quando si capirà quale sarà la bussola del Pd, ha nei giorni scorsi offerto parole che è utile decifrare.

Prima ha definito «molto difficile» il percorso per un eventuale esecutivo in cui ci siano Pd e M5s («difficile» non significa impossibil­e, va da sé) e si è presentato alle consultazi­oni al Colle con una lista di quattro punti per fare, ha detto, opposizion­e «da protagonis­ti».

«Sui quattro snodi di interesse generale il Pd eserciterà fino in fondo la sua funzione nel suo ruolo di opposizion­e. I quattro punti: taglio del costo del lavoro e reddito di inclusione; controllo della finanza pubblica; gestione del fenomeno migratorio; rafforzame­nto del quadro internazio­nale». Poco però ci vuole a trasformar­e i quattro punti di «opposizion­e» in una trattativa per il governo. Va bene che siamo nell’epoca del proporzion­ale, va bene anche che la politica è arte del compromess­o. Però Pd e M5s hanno fatto campagna elettorale e chiesto voti sulla base di programmi diversi. Il reddito di cittadinan­za che fine farebbe? Eppoi qui si fa i conti senza l’oste: il neosenator­e di Scandicci e Lastra a Signa Matteo Renzi. La coalizione di centrosini­stra ha eletto 57 senatori e il M5s 112. Il totale fa 169 e la soglia minima al Senato è 161. I senatori renziani sono sulla carta 34, anche se gli avversari tendono a rivedere i numeri al ribasso. Facciamo finta che siano solo 20. Come si reggerebbe questo governo senza Matteo Renzi? Con i voti di quella gialla dei Teletubbie­s?

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Luigi Di Maio
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Maurizio Martina
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Matteo Renzi

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