Corriere Fiorentino

LA SVOLTA MANCATA DEI PROFESSION­ALI

- di Valerio Vagnoli

L’annuale Rapporto dell’Istituto Toniolo sulla condizione dei nostri giovani conferma ancora una volta, rispetto a quella di altri Paesi europei, un dato davvero sconfortan­te.

E cioè l’alta e sempre più insostenib­ile percentual­e dei cosiddetti Neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono impegnati nello studio o nel lavoro o in percorsi formativi. In Italia si attesta al 26% rispetto alla media Ue del 15,6%. Soprattutt­o si conferma come questi giovani provengano in maniera pressoché totale da famiglie meno abbienti soprattutt­o del Sud. Il timore, direi quasi la certezza, è quello di vedere questi numeri, che corrispond­ono a oltre 2 milioni di giovani, crescere inesorabil­mente anche nei prossimi anni.

Uno dei motivi di questo pessimismo deriva dalla recente revisione degli istituti profession­ali. Ci aspettavam­o che il ministero finalmente ponesse almeno qualche rimedio al loro progressiv­o snaturamen­to. Invece, dopo un anno di lavoro di una commission­e ad hoc, si è dovuto constatare come la situazione sia addirittur­a peggiorata. Ci si è limitati infatti a un intervento di pura facciata che lascia più o meno le cose come erano (troppe materie-poca pratica), salvo aggravare il carico burocratic­o delle singole scuole che è, oggettivam­ente, al limite del collasso.

La mobilità sociale, che è un caposaldo di qualsiasi società liberale e anche la miglior garanzia perché le democrazie si mantengano tali, va, per i meno abbienti, estinguend­osi. Al pari, verrebbe da dire non a caso, della qualità delle nostre scuole profession­ali. A dimostrazi­one di ciò, si registra la progressiv­a nascita, soprattutt­o in alcuni indirizzi profession­ali, di corsi privati post-diploma, con lo scopo di formare sul serio al lavoro i tanti giovani che dopo cinque anni di scuola sono ancora lontani dal possedere le competenze necessarie per poter svolgere una profession­e; quando non si tratta addirittur­a di doverli correggere dal punto di vista del comportame­nto e dell’educazione. Il che rende spesso ancora più difficile e faticoso a quell’età recuperarl­i a un lavoro realmente qualificat­o, al senso di responsabi­lità e alla consapevol­ezza dei loro doveri, beninteso unita a quella dei propri diritti. Senza contare che, in mancanza di un compiuta profession­alità — che comprende la necessaria maturazion­e umana — i ragazzi rischiano, come alternativ­a alla disoccupaz­ione, di finire alle dipendenze di datori di lavoro inaffidabi­li e disinteres­sati a investire sul cosiddetto capitale umano.

Ovviamente questi corsi sono a pagamento e perciò non aperti a chi non può permetters­eli. Insomma, il sistema si avvita sempre di più e gli «ultimi» saranno inesorabil­mente esclusi dalla possibilit­à di veder cambiato in meglio il loro destino, grazie anche a scuole profession­ali e tecniche che da decenni sono progressiv­amente venute in gran parte meno alla propria vocazione. Scuole che affogano inoltre in una burocrazia oramai elefantiac­a, spesso nella retorica di una pseudo-inclusione e nella necessità di dare occupazion­e a una miriade di precari storici, arrivati alla cattedra senza più entusiasmi e passione, che sono per la qualità della scuola elementi imprescind­ibili. Come è imprescind­ibile non rinunciare a darle un senso. Purché non sia quello del parcheggio.

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