Corriere Fiorentino

Volevano intimidire Bacci, i mandanti degli spari condannati per estorsione

- Valentina Marotta

Prima le pressioni, poi le minacce per ottenere il pagamento di un credito di 270 mila euro. Infine, il 23 gennaio 2017, gli spari contro l’auto e la ditta dell’imprendito­re Andrea Bacci, ex presidente della Lucchese calcio, amico dell’ex premier Matteo Renzi.

A poco più di un anno da quell’aggression­e, si è chiuso il processo con una condanna per i due imputati di concorso in estorsione continuata: 7 anni e mezzo per Giuseppe Raffone, siciliano di Catania, 50 anni e diversi precedenti di polizia per detenzione di armi, traffico di droga; 6 anni e 9 mesi per Pasquale D’Alterio l’imprendito­re napoletano che vantava il credito di 270 mila euro nei confronti di Bacci. Dovranno risarcire i danni alla Coam, ormai in concordato preventivo definitivo (45 mila euro) e versare una provvision­ale complessiv­a di 60 mila euro ad Andrea Bacci, titolare della Coam (assistito dagli avvocato Luca Bisori e Enrico Zurli), all’Ad Fabio Bettucci e alla società AB Florence.

Non solo per il pm Christine von Borries ma anche per il tribunale sono stati l’imprendito­re in affari con la Coam e l’uomo incaricato di riscuotere i crediti a organizzar­e i due raid messi a segno il 23 gennaio a Scandicci, nella sede della Ab Florence, la ditta di pelletteri­a di Bacci. La Coam era in forte difficoltà economica e la Procura, nell’ottobre 2016, ne aveva sollecitat­o il fallimento. Bacci aveva chiesto di essere ammesso al concordato preventivo e il tribunale aveva fissato un termine per presentare un piano, bloccando però tutti i pagamenti, compreso il credito vantato da D’Alterio. Da qui, secondo la Procura, erano iniziate pressioni e minacce nei confronti di Bacci.

D’Alterio avrebbe ingaggiato Raffone per ottenere la restituzio­ne di quella somma. Il siciliano aveva sollecitat­o più volte Bettucci a onorare quel credito e all’ennesimo rifiuto aveva minacciato al telefono: «Non mettetemi alla prova, bisogna evitare il peggio». Una escalation di intimidazi­oni culminate nel doppio raid del 23 gennaio, quando la mattina due colpi finirono sui vetri della Mercedes di Bacci, posteggiat­a nel piazzale e, in serata, sei colpi colpirono l’insegna della ditta. Dopo qualche giorno, secondo gli inquirenti, alla ditta di D’Alterio arrivarono 45 mila euro dal conto di Luigi Dagostino, ex socio di Tiziano Renzi.

 ??  ?? I carabinier­i mentre operano i rilievi alla ditta di Bacci dopo gli spari del 23 gennaio 2017
I carabinier­i mentre operano i rilievi alla ditta di Bacci dopo gli spari del 23 gennaio 2017

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