Andavano al lavoro, uno nella pasticceria e l’altro al mercato
Quante volte, entrambi, avevano già percorso quella strada: l’uno in bicicletta, l’altro sul suo furgone. Andavano e tornavano da lavoro, cosa poteva mai accadere...
Sono le 5,50 circa, la mattinata è mite, il buio resiste e la città ancora dorme. Un attimo prima, Matteo e Luca, erano ognuno diretti verso l’obiettivo di giornata, già operativi. Un attimo dopo, Luca e Matteo, non avrebbero più potuto sciogliere il nodo tragico dei loro destini.
Lo scontro, una dinamica da chiarire, la tragedia: Luca è morto, la sua bici è a terra, investito da Matteo. Una vita troncata, un’altra distrutta. Firenze si sveglia, va in tilt, ancora non sa. Luca Lippi aveva 34 anni, classe 1984, si stava dirigendo in via Marconi, alla pasticceria che lo aveva formato e nella quale, adesso, lavorava. Da anni cercava un percorso professionale che sentisse suo, forse lo aveva trovato. Nato a Bagno a Ripoli, residente in Via Odoardo Beccari (zona Gavinana), viveva con la madre dopo che il padre era di recente deceduto. Non aveva né moglie né figli. Era un «personaggio» i’Lippi: intelligente e solitario, a tratti geniale, sapeva prendersi in giro ed ironizzare. A scuola era un asso. Diplomato al Liceo Scientifico Gobetti di Bagno a Ripoli, che raggiungeva sempre in sella alla sua bici, scelse Giurisprudenza laureandosi con 110 e lode. Affinità negli studi che non riuscì a ritrovare negli ambienti lavorativi, tanto da mollare tutto e tentare un nuovo inizio: nella cucina, nuova passione, come pasticcere.
Luca, nella sua particolari- tà, era anche molto legato agli anni Novanta e ai vecchi tempi: Freddie Mercury, il cantante dei Queen e la dance in campo musicale, era un grande appassionato dei Manga. Su Facebook si era dato un nome speciale: «Jupiter», come il protagonista del romanzo fantasy che stava scrivendo. Firenze adesso sa. L’incidente è stato mortale, le lamentele per il traffico lasciano spazio alla condoglianza, qualcuno si sfoga, altri inquadrano il «mostro» da condannare. Inizia, nel bar social, la grande ricerca del colpevole: le bici sbucano da ogni parte, gli autisti stanno al cellulare, le piste ciclabili sono inadeguate. Si creano fazioni, chi vincerà?
Qui, però, non si tifa. Ci si dispiace ma solo quando è finito (se finisce) l’impulso della rabbia. Matteo, 41 anni, stava raggiungendo il suo banco di verdure al mercato di Sant’Ambrogio, orari proibitivi e sveglia alle 3,30, la stanchezza come attenuante. «Matteo è uno dei nostri — afferma una collega del mercato — un bravissimo ragazzo, sposato e molto sensibile. Non si merita questa disgrazia. Mi hanno detto che il ciclista è sbucato dai cassonetti all’improvviso. Lui non è riuscito a frenare, non avrebbe potuto farlo in tempo».
Matteo, oggi, è l’uomo che ha travolto e ucciso Luca, nessuno purtroppo può negarlo. Per sempre avrà sulla coscienza una vita perduta e processerà se stesso per quanto accaduto ieri mattina, poco prima dell’alba, in viale Giovine Italia, ancor prima di venir giudicato dalla legge.
Firenze, ventiquattro ore dopo, è consapevole: morire sulle strade rappresenta una sconfitta, per tutti, per la città, per la sicurezza che non può latitare. Matteo e Luca andavano a lavoro, cosa poteva mai accadere...
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Luca aveva mollato tutto per la cucina «Matteo non si merita questa disgrazia»