«Ci vorrebbe la patente per entrare nella Rete»
«Mi fa orrore. Guardare quei filmati mi provoca una sensazione di disagio così profonda da sconfinare quasi in un malessere». Andrea Simonetti è preside dell’Ulisse Dini di Pisa, scuola modello che a fine 2016 fu classificata tra le eccellenze per i risultati conseguiti dagli studenti nel primo anno universitario. La ricerca della Fondazione Agnelli, eseguita attraverso il portale Eudoscopio, la inserì al secondo posto in Italia, dopo il Giovenale Ancina di Fossano (Cuneo) e prima del Terenzio Mamiani di Roma. Un clima e un eco-sistema completamente diversi rispetto a certe scuole dove gli episodi di bullismo sono all’ordine del giorno. Eppure anche Simonetti ha il suo daffare. «Noi apparteniamo a una generazione analogica. Però dobbiamo evitare che i nativi digitali, non sempre coscienti delle potenzialità e degli effetti provocati dai mezzi che usano con disinvoltura, mettano se stessi e gli altri in una situazione di pericolo. Per questo puntiamo molto sulla prevenzione. Posso fare una piccola provocazione?». Prego, ci mancherebbe. «Ecco, prima di permettere l’accesso alla Rete, non sarebbe male prevedere una sorta di patente, a partire dai bambini».
Qualcosa di molto simile a un test psico-attitudinale, insomma, affinché chiunque assimili il concetto che quanto viene ripreso e divulgato sui social non resta circoscritto in un gruppo ristretto, ma è potenzialmente a disposizione del mondo intero. «Per tornare all’episodio di Lucca — prosegue — sarei favorevole a una punizione dura. Non solo andrebbero
Gli studenti non sono più quelli di una volta. Se i ragazzi sono privi di rispetto verso gli insegnanti, vuol dire che a loro è stato mostrato questo. D’altra parte i genitori, spesso, stanno contro la scuola
radiati gli studenti che si sono resi protagonisti dei gesti di bullismo, ma anche quanti hanno ripreso e divulgato i filmati. Gli studenti non sono più quelli di una volta. Se i ragazzi sono privi di rispetto verso gli insegnanti, vuol dire che a loro è stato insegnato questo. D’altra parte i genitori, spesso, stanno dall’altra parte rispetto alla scuola e agli insegnanti. Sono iper-protettivi, provvedono ai bisogni materiali, ma spesso lasciano i figli da soli con i loro problemi». E fa cenno a un episodio, avvenuto proprio nella sua scuola dall’eccellenza certificata, in cui i genitori si sono rivolti al Tar per una bocciatura: «È finita bene, nel senso che i giudici hanno respinto il ricorso. La famiglia ha presentato appello, vedremo». Ma non sempre i docenti sanno interpretare una realtà che cambia con moto accelerato. «A partire dagli anni ’70 — argomenta il preside — la scuola è stata considerata un ammortizzatore sociale e questo ha provocato uno scadimento dell’offerta. Ora il nuovo sistema di reclutamento prevede, dopo il concorso, un percorso selettivo triennale (Fit) che è un passo avanti rispetto alle sanatorie e ai corsi-concorso». Resta l’incredulità per quanto è avvenuto all’Itc «Carrara» di Lucca: «Sto dalla parte del professore, che in quel momento non ha reagito perché bullizzato. È stato sovrastato dalla situazione, è rimasto come paralizzato. Avrebbe dovuto fare una nota sul registro — conclude Simonetti — era un atto dovuto. Benché scioccato, è pur sempre un pubblico ufficiale».