Corriere Fiorentino

LA PAGHETTA DI CITTADINAN­ZA

- Di Mario Lancisi

Chissà se Giacinto della Cananea, il professore incaricato da Luigi Di Maio di analizzare i programmi dei partiti in vista della formazione del governo, poserà l’occhio su Livorno. Per Di Maio è un fiore all’occhiello: «La prima città in Italia ad adottare il reddito di cittadinan­za». Ma è davvero così? Intanto una precisazio­ne lessicale. Stefano Toso, docente di Finanza all’Università di Bologna, ha scritto un libro, Reddito di cittadinan­za.

O reddito minimo?, edito dal Mulino, in cui sostiene che il primo c’è solo in Alaska, ne usufruisco­no tutti i cittadini, ricchi e poveri. Il reddito minimo, presente ad esempio in Inghilterr­a, Francia e Germania, viene concesso invece solo alle persone indigenti e disposte ad un reinserime­nto lavorativo e l’assegno mensile si aggira tra i 400 e i 500 euro. Il cosiddetto reddito di cittadinan­za alla livornese somiglia invece al reddito minimo in vigore in diversi Paesi europei. Ma solo nelle intenzioni e negli spot. Lo dicono i numeri: 500 euro al mese nel 2016 per 100 famiglie (durata sei mesi), ma quest’anno il sindaco Filippo Nogarin ipotizza di dare un contributo da 200 euro a 170 persone. Se la previsione verrà confermata più che di reddito minimo si deve parlare di «paghetta» sociale.

Il problema è che il reddito minimo non può essere declinato senza il lavoro, lo sviluppo e quindi la ricchezza. Che è la condizione per poter pagare da parte dello Stato e dei Comuni gli ammortizza­tori sociali, come il reddito minimo, appunto, a chi viene a trovarsi fuori dal sistema produttivo. Basti dire che il governo nazionale a guida Pd ha investito 2 miliardi per i redditi minimi o di inclusione, ma non bastano. Però nelle casse dello Stato non ci sono altri soldi. A Livorno il M5S, appena vinte le elezioni, ha detto no alla costruzion­e del nuovo ospedale, che avrebbe comportato un investimen­to di 250 milioni per 3 anni con una ricaduta (stime della Regione) di un migliaio di posti di lavoro. Saltando da Livorno a Firenze, l’altro no pesante del M5S è quello al potenziame­nto dell’aeroporto che, così è stato stimato, per un euro investito ne produce altri sedici. È proprio su questo punto che il M5S — a Livorno, in Toscana come a livello nazionale — mostra il suo lato più debole: senza sviluppo non ci sono risorse sufficient­i per il welfare. Come è solito ripetere il presidente della Regione Enrico Rossi, «la decrescita felice esiste solo per chi è ricco». Per i poveri è molto infelice: come dargli torto?

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