L’accusa di Pupo: hanno vinto i rapper ma non dureranno
Personaggi Pupo va in tour e dice addio a nuovi dischi: hanno vinto i giovani, ma non reggeranno «Non mi sento sconfitto, noi grandi del pop storico verremo replicati»
Pupo è come l’uomo del celebre proverbio cinese, quello che si siede sulla riva del fiume aspettando di veder passare il cadavere del suo nemico: «Mi fermo qui. Basta dischi e canzoni nuove. Non è più il mio tempo, della generazione che ha fatto grande il pop italiano. Oggi la musica, il mercato, è dei rapper».Quello che inizierà stasera dal Teatro Verdi di Montecatini è il secondo tour dell’ultimo disco di Enzo Ghinazzi in arte Pupo: Porno contro amore. Un album che ha diviso e fatto discutere: racconta le sue dipendenze dal sesso, dal gioco, il suo «poliamore». In modo molto esplicito. Ultimo non solo in ordine di tempo, anche perché il cantante aretino ha deciso «che non farò più inediti».
Eccolo il motivo del suo addio alla discografia: è il mercato, i rapper si sono mangiati tutta la torta e a voi melodici non è rimasto più niente?
«Hanno vinto loro. Si accomodino».
Detta così sembra quasi una resa. Che fa, Ghinazzi, alza bandiera bianca?
«Tutto l’opposto. Se è vero che i rapper hanno vinto, è altrettanto vero che noi non abbiamo perso. Anzi, mi sento ancora un vincente. E con le mie dieci canzoni intramontabili ci vado in giro per il mondo finché avrò fiato».
Allora, dov’è il problema? «Sbagliamo a volerci confrontare nell’arena di un agone musicale che non ci somiglia più, quindi è meglio farsi un po’ da parte. Consapevoli del fatto che la storia ci darà ragione: tra qualche anno personaggi come Sfera Ebbasta che vanno forte in questo momento, si renderanno conto che oltre Chiasso non passano, sono fenomeni locali; il rap è una malattia endemica, non avranno le stesse chance che abbiamo avuto noi. Sono loro i veri sfortunati: all’apparenza vincenti ma sul lungo periodo non reggeranno».
Sviluppiamo meglio questo concetto.
«La stessa cosa vale anche per la tv: non sono i Carlo Conti o i Pupo o i Bonolis che passano alla storia, ma i Corrado, i Baudo e i Mike Bongiorno. Noi siamo replicanti più o meno validi di quei maestri ma non potremo mai arrivare al loro livello. E così è nel pop, come un tempo è stato nella storia dell’opera: ancora oggi nei teatri si suonano Verdi, Puccini e Wagner. Così noi big del pop italiano storico verremo replicati, portati avanti. Al rap non accadrà».
Le vendite e i biglietti ai concerti però parlano di una realtà diversa...
«È naturale che la musica sia nelle mani dei giovani, dove vanno i giovani va la musica. E il mercato lo fanno loro. Non credo sia arrivato il momento di celebrare il funerale del pop, ma forse è arrivato il momento per noi vecchi di lasciare posto agli altri».
Dunque, «Porno contro amore», è l’ultimo capitolo. Duro, crudo, onesto fino al midollo. Dove lei chiude tutti i conti col passato e la vita spericolata per dirla alla Vasco. Ora cosa farà?
«Scriverò per altri. A differenza di qualche mio collega penso sia impensabile ripetere quanto realizzato in un mondo così veloce dove la musica è cambiata tanto».
Ha mai pensato di mollare e darsi ad altro? Magari per fare il vino come Al Bano...
«No non so fare altro nella vita. Per carità! Sono un uomo di spettacolo e resto tale. Anche quando sono entrato in crisi, ne sono uscito trasformando in emozione il racconto della mia vita, anche le parti più difficile. Le ho trasformare in canzoni, non in vino. Mollerò prima o poi, ma voglio continuare a essere protagonista finché il corpo mi regge. Voglio tornare a fare televisione, a partire da Le Iene. Quello che non voglio è buttare via il tempo nel fare dischi inutili con canzoni che le radio non passerebbero mai».
È cambiata la sua percezione da parte del pubblico dopo «Porno contro Amore»?
«Nel tempo si è evoluta così come il mio comportamento da persona sempre fuori dal coro, con la mia coerenza, le provocazioni forti. Nel tempo ho perso per strada un po’ di fan di Gelato al cioccolato ma se ne sono avvicinati di nuovi e ho visto crescere la stima di chi un tempo mi vedeva con sospetto. Ora la percezione è più vera e vicina alla realtà».
La musica, cosa le ha dato e cosa le ha tolto?
«Mi ha solo dato. Ho messo in scena il carattere più che la voce, il mio talento è quello della resistenza, del saper rinascere sempre, non arrendermi mai».
Cosa pensa dell’evoluzione che ha preso Sanremo?
«Penso che l’ultimo sia stato un trionfo per Baglioni ma un flop a livello musicale. A parte Lo Stato Sociale, non è rimasto niente».
Ad Arezzo ha ricevuto il Premio Civitas Aretii dal sindaco Ghinelli. Quanto è importante l’affetto della propria città quando si è un personaggio internazionale?
«Non è importante, è fondamentale! Il fatto che io torni sempre a Ponticino, che lo abbia fatto in epoca di trionfi quanto di fallimenti, significa che non posso prescindere dal mio paese e da Arezzo. Mi vogliono bene, quasi quasi mi candido sindaco. Ma no, via, non potrei mai fare un dispetto al buon Ghinelli».
Dopo aver fatto pace col passato, com’è cambiata la sua vita?
«La qualità della vita è migliorata. Anche il rapporto con i miei “nemici” professionali, i direttori Rai che non mi chiamano più a lavorare. Ora il guardo un po’ tutti dall’alto in basso, che detto da me può sembrare una battuta (ride)».
Nella vita ne ha passate di cotte e di crude. Cos’è oggi che le fa paura?
«La sofferenza fisica, la depressione, le malattie debilitanti. Ma a parte questo non ho problemi ad affrontare chiunque o qualunque cosa. Neanche più sul piano professionale».
Voglio tornare a fare tv, a partire dalle Iene. E con le mie canzoni continuerò ad andare in giro nel mondo finché avrò fiato
Personaggi come Sfera Ebbasta si renderanno conto che sono fenomeni locali e non avranno le stesse chance che abbiamo avuto noi
Scriverò per altri, a differenza di qualche mio collega penso sia impensabile ripetere quanto realizzato in un mondo così veloce