QUATTRO SEGNALI DI DIGNITÀ
Sono partiti alcuni segnali importanti sul caso dei bulli a scuola, esploso dopo la diffusione sul web del video in cui si vede un insegnante vessato dai ragazzi di un istituto tecnico a Lucca. Innanzitutto la scuola ha reagito con pesanti sanzioni disciplinari a carico degli studenti coinvolti (tre bocciature sono già state sancite). Ed è apprezzabile il sì dei dirigenti scolastici all’idea di impegnare i bulli in lavori socialmente utili, per smitizzarne il fascino e metterli alla berlina («Da bulli a grulli» auspicava venerdì scorso Gaspare Polizzi su questo giornale). Ma non è stato meno significativo lo stop di un’impresa alla collaborazione con l’istituto «Carrara», con interruzione delle ore di formazione. Gli esperimenti scuola-lavoro hanno il merito di avvicinare le due realtà nell’interesse dei ragazzi e del loro futuro occupazionale. Non sono un passatempo, insomma. E non ci può essere alcuna forma di complicità con i bulli. I loro primi nemici dovrebbero essere proprio gli altri studenti, quelli seri, che per le gesta di pochi sciagurati rischiano di perdere delle opportunità. Deve finire quell’attitudine al buonismo che distruggendo ogni forma di rigore ha fatto danni enormi alla credibilità del sistema dell’istruzione. Così come non è più ammissibile quel giustificazionismo che per le difficoltà personali e familiari dei ragazzi finisce sempre per assolverli caricando di colpe la società. Nella nostra scuola il contributo che danno assistenti sociali e psicologi è quotidiano. Ma questo è un motivo in più per imporre con severità il rispetto dei diritti di tutti.
Il quarto segnale è arrivato dal questore di Lucca, Vito Montaruli, che ha messo nero su bianco la possibilità che in casi gravi i dirigenti scolastici possono chiedere direttamente l’intervento della polizia. È un annuncio che tende evidentemente a scoraggiare il ripetersi di episodi insopportabili. Non mancheranno gli stolti che grideranno alla militarizzazione delle scuole. Fa nulla. Chi non è in malafede capisce che per quei ragazzi che urlano contro i docenti, che li prendono a testate con il casco o che gli scaraventano sulla cattedra i cestini dei rifiuti — come si è visto nel filmato — un conto è sapere che dovranno fare i conti con altri professori, con il consiglio di classe e con il consiglio di istituto, e un conto è rispondere a uomini e donne in divisa. Con tutte le conseguenze del caso. Forse questa volta si è capito che continuare a tenere la testa sotto la sabbia servirebbe solo ai bulli.