Il governo in provetta? «Più facile tra Pd e M5S»
Intervista con Morlino, nel gruppo che sta studiando l’incrocio possibile dei programmi
Leonardo Morlino, docente di scienza della politica, è nel gruppo di intellettuali che ha cercato «convergenze» sui programmi dei partiti per creare un’alleanza di governo. Così l’esponente vicino al Pd e a Renzi potrebbe essere responsabile di un governo M5S-Lega. «E perché non M5S-Pd? Io credo ci siano più possibilità per questa via».
Lo sa che se ci sarà un governo M5S-Lega, sarà anche sua responsabilità? «E perché non un governo M5S-Pd?». Leonardo Morlino risponde sorridendo. Ma il discorso dello scienziato della politica, ex docente alla Cesare Alfieri di Firenze, ora alla Luiss e globetrotter tra Stanford, Oxford e Madrid è serio. Anche perché viene da un intellettuale di cui è nota la vicinanza al Pd e soprattutto il sostegno al Sì al referendum costituzionale voluto da Matteo Renzi. Morlino figura nel gruppo di lavoro predisposto da un altro docente universitario, Giacinto della Cananea, per verificare le compatibilità dei programmi dei Cinque Stelle con quelli della Lega, ma anche del Pd. L’obiettivo è provare a costruire un «contratto alla tedesca», cioè un vero e proprio contratto politico sulle cose da fare, per far nascere un governo «in provetta».
Professor Morlino, che ci fa nel gruppo dei saggi del M5S?
«A della Cananea, professore di diritto amministrativo, è stato chiesto dal M5S di fare questa verifica: cioè di capire quali sovrapposizioni e quali punti di eventuale convergenza ci potessero essere tra i vari programmi dei partiti candidati alle ultime elezioni. Ha contattato alcuni colleghi, tra cui me».
Qual è stato il risultato di questo lavoro di gruppo? Che fronti ha aperto?
«Abbiamo constatato, in maniera tranquilla, indipendente e neutrale, che diversi aspetti di sovrapposizione, o possibili intese, c’erano. Io per primo, e nel gruppo poi discutendo, abbiamo trovato insieme ai colleghi 10 aspetti di convergenza fra tutti i partiti. Il confronto lo abbiamo fatto su tutti i programmi, poi abbiamo fatto una tabella solo sui tre programmi dei principali partiti».
Ma come? Dopo anni di strali e insulti tra queste forze, dopo una campagna referendaria al calor bianco ed una campagna politica altrettanto pesante, si scopre che M5S, Pd e Lega sono più uguali di quanto pensassero?
«Nel contesto attuale, se le democrazie sono proporzionali e radicalizzate come le governi? Il paradosso è che gli stessi leader hanno contribuito alla radicalizzazione, su una base oggettiva sia di problemi seri che di visioni diverse su come affrontarli. Per superare questa impasse, l’unica possibilità è quella di un intervento di quei leader. In Germania, sono stati Cdu/ Csu e Spd a firmare questo contratto: due forze più moderate in un contesto però con tensioni radicali».
E in Italia, cosa è possibile fare? Un governo è davvero possibile?
«Secondo la nostra analisi, i Cinque Stelle potrebbero concluder sia un accordo con Salvini, con appoggio esterno o interno di Forza Italia, che con il Pd. Nel documento questo aspetto è emerso con molta chiarezza: ci sarebbe lo spazio politico per entrambe le opzioni».
E fra queste due opzioni, qual è quella con più punti di vicinanza?
«Entrambe hanno parecchi punti di vicinanza. Al di là della retorica da campagna elettorale, le soluzioni concrete sulle politiche più rilevanti sono ridotte e sono abbastanza note, e indicate nei rispettivi programmi partitici. Nelle democrazie attuali purtroppo, caratterizzate da crescita di ineguaglianza e diversi altri problemi, la possibilità di trovare soluzioni effettivamente lontane e alternative sono ridotte».
L’alleanza di governo più probabile sembrava quella tra M5S e Lega. Ma a me pare che secondo lei abbia più chance un’intesa M5S-Pd.
«Perché credo, per ragioni più politiche che sostanziali, che ci siano più spazi per questo accordo. C’è intanto un elettorato comune, quindi la sostanza delle scelte può essere più vicina. Inoltre, il Pd potrebbe così giocarsi la carta del partito di governo quando si avvicineranno le prossime elezioni».
Senza un’intesa resta solo l’ipotesi di nuove elezioni. Ma con questa legge elettorale, visto che non c’è la possibilità di cambiarla.
«Ha colto il senso. Stiamo per finire in un vicolo cieco. Nuove elezioni hanno senso solo se cambia la legge elettorali: altrimenti, arriveranno gli stessi risultati, forse più radicalizzati. L’unica soluzione è cercare un accordo: limitato, preciso, definito».
Si tolga la giacchetta da professore: lei è stato per anni impegnato con il Pd, ha sostenuto il referendum voluto da Renzi sulla riforma costituzionale. Come si sente, da cittadino, a essere uno dei responsabili di un possibile governo M5S-Lega? Lei ha fatto la «sintesi» che la politica non è riuscita a fare?
«Eh... (sorride, ndr). Ripeto: perché non un governo Pd-Cinque Stelle? In un contesto del genere, è normale provare a trovare soluzioni. Molte democrazie si stanno radicalizzando: Austria, Spagna, anche la Germania. E la Francia se non avesse quella legge elettorale sarebbe in una situazione simile alla nostra. Occorre uno sforzo, una capacità di leadership, è indispensabile da parte di tutti: Luigi Di Maio, Matteo Salvini, Maurizio Martina. Questa che vedo mi pare l’unica strada percorribile. Definiti i 10 punti di contatto tra due fronti, si formino 10 tavoli per discutere i dettagli degli stessi. C’è una fase di sintesi e socializzazione che deve e può essere svolta dalle élite partitiche, e in cui è bene che gli studiosi si mettano da parte».
Ultima chiamata Stiamo per entrare in un vicolo cieco. Nuove elezioni hanno senso solo se si cambia la legge elettorale: si deve cercare un accordo