Corriere Fiorentino

«Polizia anti bulli, a richiesta»

Il questore di Lucca: i dirigenti possono chiamarci direttamen­te nelle loro scuole

- Dinelli, Gori

Le scuole di Lucca chiedono aiuto alle forze dell’ordine per fronteggia­re il fenomeno del bullismo. Come? Innanzitut­to attraverso una serie di incontri di prevenzion­e e, a richiesta, di interventi immediati degli agenti «anche durante le normali attività», laddove i dirigenti scolastici lo ritengano necessario.

Un piano d’azione stilato durante un confronto tenutosi ieri mattina in questura alla presenza dei vertici di polizia e carabinier­i, del provvedito­re agli studi delle province di Lucca e Massa Carrara Donatella Buonriposi e dei presidi dei vari istituti, fra cui naturalmen­te anche Cesare Lazzari, dirigente scolastico dell’Itc «Carrara» finito da giorni al centro delle cronache nazionali per i 4 video girati in una classe del biennio in cui si vedono alcuni ragazzi (per tre dei quali il consiglio di istituto ha già deciso la bocciatura senza ammissione agli scrutini, mentre altri due saranno sospesi fino al 19 maggio) offendere e umiliare il loro professore di italiano e storia.

Durante la riunione in questura gli stessi dirigenti hanno richiesto la collaboraz­ione delle forze dell’ordine per attuare da subito interventi di prevenzion­e. Tra questi, l’intensific­azione di iniziative già in corso da tempo di educazione alla legalità e illustrazi­one delle tematiche del bullismo e della violenza di genere. Ciò avverrà con l’apporto degli operatori di polizia la cui presenza potrà comunque essere richiesta all’interno degli istituti scolastici dai rispettivi dirigenti, anche durante lo svolgiment­o delle lezioni. «Iniziativa questa — spiega Buonriposi — di natura educativa e non repressiva, ma che al tempo stesso vuol fare sentire la presenza delle forze dell’ordine nelle scuole, mantenendo però l’autonomia decisional­e di quest’ultime».

I rappresent­anti di polizia e carabinier­i, dal canto loro, hanno evidenziat­o la necessità di segnalare per tempo le situazioni a rischio e di denunciare eventuali reati. Domenica mente di minacciarl­i. Oggi, un insegnante deve conquistar­si il rispetto con l’autorevole­zza, ma non tutti sono in grado di farlo. Per questo, la Buona Scuola, che ha sollevato tante critiche, alcune delle quali legittime, ha il merito di aver investito sulla formazione dei docenti, anche per insegnare loro a gestire psicologic­amente una classe. Oggi non basta più fare la lezione frontale, bisogna stimolare l’attenzione dei ragazzi. E non è scontato che un professore lo sappia fare senza una preparazio­ne sera, intanto, la trasmissio­ne televisiva di Italia Uno «Le Iene» ha mandato in onda un servizio in cui l’inviato Andrea Agresti intervista lo studente che in uno dei video intima al professore di tramutargl­i un brutto voto in un «6», dicendogli di inginocchi­arsi. «Ho fatto una grossa caz… ta — afferma il ragazzo nell’intervista — queste cose in classe erano all’ordine del giorno, soprattutt­o con lui. Mi dispiace, ma non mi rendevo conto di quello che facevo, i compagni mi dicevano che ero un grande e non avevo capito la portata dei mie gesti, specifica». Molte cose, secondo il professor Giannelli, sono più complicate che in passato.

Anche per i presidi: «Oggi un dirigente scolastico non può più sospendere uno studente se non passando da una lunghissim­a trafila di organi collegiali. In pratica un istituto educativo è diventato para-giudiziari­o». Ma i ragazzi sono davvero cambiati? E perché? Giannelli si dà molte risposte: «L’idea che mi sono fatto — risponde — è che molto parta dalle famiglie: a per i quali ho ricevuto anche numerose minacce sui social da parte di gente adulta».

Il preside Lazzari smentisce però seccamente le parole del ragazzo: «Episodi di tale gravità — racconta — non si erano mai verificati prima, perlomeno che io ne sia a conoscenza. Che fosse una classe con problemi didattici è vero, ma non si era mai andati al di là di qualche parole fuori posto, per le quali peraltro a febbraio erano già scattate delle sospension­i». «La scuola è un’istituzion­e — dice il presidente dell’Ordine degli psicologi della Toscana Lauro Mengheri, nel commentare le bocciature — e non poteva che applicare le regole. Si tratta di provvedime­nti punitivi, ma che da soli non bastano. Occorre che i ragazzi capiscano il loro errore e che ci riflettano». Sul fronte investigat­ivo infine sono stati spostati di alcuni giorni gli interrogat­ori per i sei ragazzi indagati: Procura dei minori di Firenze e squadra mobile e polizia postale di Lucca hanno deciso di concedere qualche giorno agli studenti finiti nel mirino, in attesa che si attenui un po’ la pressione mediatica a cui sono sottoposti.

L’accordo Oltre agli incontri di educazione alla legalità, i dirigenti potranno chiedere la presenza degli agenti durante le «normali attività»

Giannelli Da anni è venuto meno il rispetto dell’autorità Oggi non basta più fare la lezione frontale

casa, i genitori fanno gli amici dei figli, mentre a scuola diventano i loro sindacalis­ti. Poi c’è il web, le relazioni umane si inaridisco­no, i ragazzi invece di ritrovarsi con un pallone, giocano ai videogame, uno contro l’altro, ma ciascuno da casa sua. Per non parlare dei social, dove il dibattito si è così incattivit­o anche tra gli adulti che un ragazzo finisce per credere di poter superare i limiti anche nella vita reale».

La scuola ha le sue responsabi­lità: «Oggi, il valore del titolo di studio viene meno, è pieno di fior di laureati senza lavoro. Sta a noi motivare i ragazzi, è la nostra sfida».

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Un frame del video girato all’interno di una classe dell’Itc di Lucca in cui i bulli minacciano e aggredisco­no un professore

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