Valentini-De Mossi, faccia a faccia tra ironie e veleni
Si accende solo nel finale il primo duello elettorale nella corsa a sindaco. Di fronte il primo cittadino uscente, Bruno Valentini, e il candidato della coalizione di centrodestra, Luigi De Mossi, che aveva proposto la sfida. Il confronto verte su Banca e Fondazione Mps e società partecipate ma per scaldare il pubblico, numeroso e in buona parte per l’avvocato, è necessario che i candidati vadano a ruota libera. Eppure De Mossi aveva provato subito l’affondo: annunciando l’intenzione di chiedere le dimissioni della Deputazione amministratrice della Fondazione, che si è appena insediata, e ritornando sul sms inviato nel 2013 da Valentini a Renzi per le nomine dell’Ente. Il sindaco aveva superato l’ostacolo senza tentennamenti e ricambiato l’attacco, menzionando l’idea dell’avvocato di fare una tramvia sotterranea in città. È il tono ironico del candidato Pd a far saltare gli schemi: De Mossi accusa Valentini di fare delle partecipate «un poltronificio» e il sindaco risponde con l’impegno ad «assumere 100 persone l’anno tramite cooperative per lavori di manutenzione della città». Città che De Mossi promette di «rimettere nella mappa perché non deve attirare i turisti per 3 ore al giorno». Area turistico-culturale che Valentini descrive come uno dei fiori all’occhiello del suo mandato, elencando i risultati raggiunti. «Una lista di banalità» chiosa De Mossi, che nell’appello finale, usando un gioco di parole, chiama l’avversario «il banalino di coda del Pd». Prima che una stretta di mano suoni il gong finale.