Ricordi di una sinistra (per capire come finirà)
La svolta movimentista di Nogarin, lo strappo di Renzi. E l’ultima intervista a Conti
Racconta Filippo Nogarin, nel libro «Eravamo tanto amati», di aver dato il suo primo voto da fresco maggiorenne a Democrazia Proletaria. Quando pochi mesi dopo la sinistra italiana stava per vivere una delle pagine più significative con la svolta della Bolognina. Il giovane livornese, oggi sindaco, si getta poi a capofitto sull’ambientalismo «contro» un Partito Comunista «troppo operaista» e insensibile ai temi verdi. E riflette su cosa significhi oggi il concetto cardine del grillismo, «l’onestà», intesa secondo lui «non come il semplice avere le mani pulite» ma anche come «l’onestà intellettuale che serve per riconoscere cosa faccia il bene della collettività, provenga esso da sinistra o da destra».
Tra i tanti orizzonti verso cui è salpata — o avrebbe potuto — la sinistra italiana post-Muro di Berlino, c’è anche quella narrata nelle confessioni di gioventù del primo cittadino labronico ai giornalisti Domenico Guarino, Andrea Marotta e Andrea Lattanzi. L’occasione è la presentazione al Caffé Letterario Le Murate del libro e documentario «Eravamo tanto amati» curato dai tre cronisti toscani, edito da Effigi, con Paola Catalani Gagliani come moderatrice: una raccolta di interviste a numerose personalità politiche della Toscana in vista dei 30 anni dalla svolta.
Tra questi figurano Sergio Staino e Guelfo Guelfi, Michele Ventura e Alessandro Benvenuti, Vannino Chiti e Rosa Maria Di Giorgi, lo stesso Nogarin che ricorda come Livorno sia stata tra le pochissime sezioni a votare contro. E come oggi «Il 35% di coloro che oggi votano M5S — sottolinea Marotta proseguendo nel parallelo— nel 1987 votavano il Pc». Tra i contributi principali del libro è presente un ricco dibattito su Matteo Renzi se sia stato o meno «erede della Bolognina», e anche l’ultima intervista prima della scomparsa all’ex assessore Riccardo Conti: «È stato molto toccante — ricorda Guarino — L’ha voluta fare in tutti i modi anche se stava già soffrendo molto. Fu estremamente lucido, è stato il suo testamento politico e offre tante chiavi di lettura». Ci sono i ricordi di Guelfo Guelfi che da extraparlamentare rientra tra le fila del partito quasi solo per «essere attivo e presente nel dibattito sulla scelta del nome» e ora è organico al Pd. E quelli del regista Benvenuti che fa autocritica: «Forse ci siamo costretti a essere troppo belli» ripensando a quando, da universitari rivoluzionari, hanno dovuto fare i conti con i compromessi da adulti. Il documentario di Andrea Lattanzi che accompagna il libro sarà presentato in anteprima il 29 aprile alla Compagnia.
Opera doppia Ad accompagnare le pagine di Guarino e Marotta, le immagini di Lattanzi in un documentario che sarà presentato il 29 aprile